Luca De Rosis, lo scrittore che tanto ha dato a Rossano tramandandone memoria storica
Ecco la seconda parte del saggio storico scritto dal professor Carlino e dedicato a uno tra i personaggi più interessanti della storiografia rossanese
Nell’anno 1800 Luca sposò Isabella dei baroni Olivieri di Crotone (1785- 1828) con la quale procreò dieci figli (quattro maschi e sei femmine) Teresa, Claudio, Luigia, Giovanna, Girolamo, Giuseppina, Raffaella, Aurora, Domenico, Domiziano (1804-1856). Quest’ultimo, primogenito, sposò Gabriela dei baroni Berlingeri di Crotone (1818-1855) generando nove figli tra cui la Serva di Dio M. Isabella de Rosis (1842-1911), Fondatrice della Congregazione delle Suore Riparatrici del Sacro Cuore, della quale mi sono già occupato e Luca de Rosis juniore (1843-1926), benemerito Sindaco di Rossano per oltre un ventennio, del quale mi occuperò in appresso con altra descrizione biografica.
Luca seniore (che fu quindi nonno dei predetti) amministrò scrupolosamente le proprietà della famiglia migliorandole notevolmente ed incrementandole sia come numero ed estensione sia nella produzione.
Interessanti sono anche le mansioni di grande responsabilità affidategli nel corso della sua vita. Figura dai molteplici aspetti e tutti degni di grande considerazione, Luca fu anche un saggio e capace amministratore della cosa pubblica quando per nomina regia fu designato Presidente del Distretto di Rossano nel 1819, rimanendo in carica sino al 1826. Già in precedenza, in data 31 maggio 1822, con ordinanza dell’Intendenza di Cosenza, era stato anche nominato a coprire l’Ufficio di cassiere Distrettuale, ossia preposto alla raccolta dei tributi e al versamento all’Erario nell’ambito del territorio di competenza. Il 7 maggio 1828 fu nominato Decurione del Comune di Rossano con decreto reale di Francesco I di Borbone. Con altro decreto dello stesso anno fu anche Presidente del Consiglio Provinciale di Cosenza.
Di non celata fede borbonica, fu perfino stimato anche dai Francesi per la sua integerrima onestà, durante il periodo 1806-1815 nel quale i transalpini occuparono il Regno delle Due Sicilie, tanto che in data 11 febbraio 1813 venne nominato Sindaco di Rossano in Calabria Citeriore con Decreto di Gioacchino Napoleone, Re delle Due Sicilie, come si evince dall’estratto delle minute della Segreteria di Stato che così recita: «Napoli, 11 febbraio 1813. Gioacchino Napoleone Re delle Due Sicilie sul rapporto del nostro Ministro dell’Interno Abbiamo decretato, e decretiamo quanto segue: Art. I. Luca de Rosis è nominato Sindaco del Comune di Rossano in Calabria Citra. Art. II. Il nostro Ministro dell’Interno è incaricato dell’esecuzione del presente decreto. Firmato. Gioacchino Napoleone. Da parte del Re – Il Ministro Segretario di Stato – Firmato – Pignatelli».
In considerazione al suddetto e importante riconoscimento, assegnato a Luca de Rosis seniore come Sindaco di Rossano, mi piace sottolineare e mi viene da chiedere come un incarico così prestigioso, soprattutto perché conferito da Napoleone a un personaggio come il de Rosis apertamente e politicamente contrario agli stessi francesi, sia potuto passare inosservato e sfuggire alle note storiche dei tanti autori che nel tempo hanno avuto modo di scrivere di storia locale raccontando gli eventi storici della città di Rossano.
Al riguardo, ma soprattutto per correttezza informativa, va detto che solo il Gradilone nella sua Storia di Rossano ne fa un brevissimo ma preciso cenno di cui di seguito se ne produce nota: «[…] E, poiché siamo in campo storico, non si può non ricordare il bar. Luca de Rosis, al cui Cenno storico della Città di Rossano, è affidata principalmente la fama, e ben meritata perché, anche se l’opera è riassuntiva in molte parti e risente politicamente dello spirito dei tempi, tuttavia, per la dovizia del materiale documentativo raccolto (ed è interessantissimo quello che riguarda le famiglie più notabili della città) e per la forma espositiva, semplice e chiara, si colloca fra i migliori esempi di storiografia dell’epoca. Ma il de Rosis, oltre che storico, fu uomo pubblico d’integra vita. […] coprì posti di grande responsabilità, sia come Sindaco della città (1812-1813) durante il periodo della dominazione francese, riuscendo a non rinnegare le convinzioni borboniche sue e della famiglia nell’atto d’una leale collaborazione con gli occupanti, […]»7.
Molto predisposto nelle lettere classiche, fu appassionato cultore di storia patria e di altre antichità che riguardavano la Calabria Citeriore e Rossano in particolare. Scrisse il Cenno Storico della Città di Rossano e delle sue Nobili Famiglie che pubblicò in Napoli nell’anno 1838. Opera ricca di notizie fondamentali tramandate ai posteri su personaggi, famiglie, luoghi ed avvenimenti che diversamente rischiavano di cadere nell’oblio perdendosene la memoria. Come già si è avuto modo di indicare la sua opera sulla città di Rossano fu argomento di richiamo per numerosi scrittori e cultori della storia locale. In riferimento a quest’ultimo aspetto giova anche rammentare quanto riportato in Rossano Storia Cultura Economia riguardo alla visita dell’ingegnere Villani a Rossano di cui se ne riporta un breve passo: «[…] Prima della visita, prevista entro la fine di aprile del 1833, era giunto in città l’ingegnere Villani, che aveva predisposto interventi urgenti per i punti più angusti e scoscesi delle strade extraurbane e di quelle urbane (81), riprendendo progetti di assetto cittadino che, dopo l’entusiastica accoglienza al sovrano, trovarono più facilmente accoglienza e finanziamento nell’amministrazione borbonica. Politicamente quella visita aveva segnato il momento di maggiore saldatura tra le aspirazioni riformistiche della monarchia meridionale e gli interessi del ceto dirigente rossanese (82). Non è un caso che, a solo cinque anni di distanza uscisse il Cenno storico sulla città di Rossano e sulle sue nobili famiglie, del barone Luca de Rosis (83)]»8.
Quello che più stupisce al riguardo di quanto appena riportato è il contenuto della nota (83) nella quale si fa espresso riferimento all’opera del Nostro. Nota secondo cui, come segnalano gli stessi autori del testo, «Al de Rosis, dovette dare una mano Scipione Camparota, già noto carbonaro e considerato uno dei maggiori intellettuali espressi dalla città. La questione merita un approfondimento. Nel 1826 (cfr. ACR, DD, 24 maggio 1826), il decurionato votò un contributo di 24 ducati per la stampa delle Memorie storiche di Rossano di Giovanni Antonio Palopoli, un libro che per quanto se ne sa non è poi stato pubblicato (sull’autore cfr. A. Gradilone, Storia…, cit. p. 858). Dodici anni più tardi uscì invece il volume del de Rosis. Nella ristampa anastatica del volume, curata dalla Frama Sud, nel 1978, si è utilizzato un volume che nel frontespizio contiene un’aggiunta manoscritta, sottostante il nome dell’autore, Luca de Rosis: «cioè D. Scipione Camparota». Il possessore del volume sembra aver voluto sottolineare che il volume appartiene anche (se non soprattutto) al Camparota.
È il caso, comunque, di notare che il Cenno storico appare opera simile per impianto narrativo e critico, alla tradizionale storiografia provinciale coeva. D’altra parte l’unica personalità culturale di sicuro rilievo che la città espresse fino a metà XIX secolo fu Vincenzo Amarelli (1803-1864), letterato ma soprattutto esperto di problemi economici, che visse fuori Rossano l’intera sua opera scientifica (cfr. Mario Rizzo, Rossano persone-personaggi e… curiosità, Manzoni, Rossano, 1955, pp. 20-2)»9.
Se mi posso permettere, anche in questo caso, vorrei esprimere una mia breve considerazione nella speranza di dare alla questione maggiore rilievo e attenzione allo scopo di un più attento esame, in quanto le suddette valutazioni non offrono nessuna certezza della presenza del Camparota nella stesura del testo del Rosis, a mio parere, per i seguenti motivi. Primo. La firma di cui si parla, presente nella edizione della Frama Sud, edizione attualmente registrata nel Catalogo del Servizio Bibliotecario Nazionale, con il codice id. (IT\ICCU\CSA\0005193), potrebbe essere stata apposta per caso, in qualsiasi momento e da chiunque. Al riguardo, infatti, non bisogna dimenticare che il canonico Scipione Camparota era un assiduo frequentatore della casa del barone de Rosis i cui rapporti erano molto stretti tra i due, per amicizia, perché coevi, ma soprattutto perché il Camparota era il precettore dei suoi figli.
Inoltre, il de Rosis, proprio per questo loro rapporto a 360 gradi, non faceva mistero del confronto intessuto con il Camparota, ma soprattutto con l’amico conoscitore profondo delle lingue latino e greco. Secondo. Non si può escludere che il de Rosis abbia regalato copia o alcune copie della sua opera all’amico Camparota, il quale abbia potuto apporre la sua firma come solitamente si faceva per identificare il libro come sua proprietà. Terzo. La richiamata pubblicazione della Frama Sud è una ristampa anastatica editata centoquaranta anni dopo, esattamente nel 1978, facsimile della pubblicazione originale realizzata nella Stamperia Nicola Mosca, in Napoli nel 1838, e per di più editata dopo la morte del de Rosis. Quarto. Al momento non siamo a conoscenza chi sia stato o per conto di chi si sia adoperato a far produrre copia anastatica dell’opera. Quinto. Per quale motivo chi ha inteso ristampare l’opera non ha pensato di portare la copia originale del 1838 pubblicata nelle stamperie di Nicola Mosca in Napoli? Per tutte queste ragioni, credo sia da escludere che l’opera del Nostro sia stata un’opera scritta, in qualche modo, a più mani. In ultimo se ne ha conferma da quanto scrive Gradilone che colloca il Cenno storico… “fra i migliori esempi di storiografia dell’epoca”. Del resto, mi domando, se ci fossero state informazioni in tal senso non sarebbero sfuggite al Gradilone, il quale ne avrebbe fatto certamente cenno nella sua monumentale opera Storia di Rossano.
Successivamente, nel 1843, L. de Rosis scrisse e pubblicò la tragedia Nilo ossia l’Assedio di Rossano, testo teatrale in versi in cinque Atti la cui azione è ambientata sotto le mura di Rossano nell’anno 970 (epoca bizantina) con il tentato assedio della Città da parte dei Saraceni e con san Nilo (al secolo Nicola Malena) tra i protagonisti dell’azione tragica.
Il cav. barone Luca de Rosis ancora una volta colpito dal dolore negli affetti familiari più cari dedicò l’opera “qual pegno d’amore paterno” alla memoria del figlio Girolamo, deceduto prematuramente poco meno che ventenne nel 1840. Con lo stesso animo “dolente” che nel 1838 aveva dedicato il “Cenno Storico” alla sua “…sposa dolcissima e per numerosa prole lieta…”. E non può, infine, essere ignorata anche l’atroce sofferenza provocatagli, da parte dei briganti, per il rapimento del proprio figlio Domenico mentre si trovava in compagnia della mamma Isabella gravemente ammalata in montagna nel fondo di Ceradonna, assorta nelle cure e nella degenza, e per la cui liberazione fu pagato riscatto. Scrisse anche un saggio in tema di politica economica che però non diede alle stampe.
Lo scrittore, che tanto ha dato a Rossano tramandandone memoria storica e ai numerosi studiosi che hanno inteso consultare i suoi scritti, moriva il 15 dicembre 1847. La sua sepoltura avvenne nella Chiesa del Convento di S. Maria delle Grazie, dove erano già stati sepolti altri membri della nobile famiglia.
BIBLIOGRAFIA
7 A. Gradilone, Gli anni del riscatto e dell’Unità in Storia…, p. 858.
8 R. Sicilia; P. M. Trotta, Dalla riforma del Cardinale Ruffo alla prima Guerra Mondiale, in Rossano Storia Cultura Economia, a cura di Fulvio Mazza, Rubbettino Editore, Soveria Mannelli (CZ), 1996, p. 146.
9 Ivi, Rossano Storia Cultura Economia…, p. 176.
Per leggere la prima parte del saggio storico “Luca de Rosis seniore (1777-1847), personaggio tra i più interessanti della storiografia rossanese”, clicca qui