Nuova banchina crocieristica al porto di Co-Ro: non servirà a nulla! Ecco perché
Per realizzare il nuovo cruise dock servirebbero circa 22mln di euro. Ma siamo sicuri che questo investimento basterà ad "attirare" le compagnie crocieristiche? La risposta è No. Mentre si fa spazio Crotone che però non può accogliere grandi navi
CORIGLIANO-ROSSANO – La nuova banchina crocieristica al Porto di Corigliano-Rossano, un investimento da 22 milioni di euro (12 già in cassaforte altri 10 da reperire). Un molo di circa 300 metri a ridosso della bocca di porto e all’ingresso della darsena peschereccia e anche con una piattaforma per l’attracco di navi traghetto. Tempi di realizzazione, poco meno di due anni. Un’opera bella, attesa da anni, al centro di mille polemiche e rivendicazioni ma col serio rischio che – una volta realizzata – sarà inutile e inefficace. Praticamente non servirà a nulla, men che meno a risollevare le sorti dell’economia turistica.
Il sospetto chiaro che quello della banchina crocieristica possa rivelarsi un investimento a perdere (“soldi buttati” direbbe il volgo) è sorto martedì scorso nel corso del vertice tra Regione Calabria, Autorità di sistema portuale calabrese e comune di Corigliano-Rossano, tenutosi nel centro direzionale del porto coriglianorossanese. A sollevare la questione è stato il dirigente del dipartimento regionale infrastrutture e lavori pubblici, Claudio Moroni, con una semplice quanto ovvia domanda posta sul tavolo, nel momento in cui gli interlocutori si guardavano in faccia per capire come reperire i dieci milioni attualmente mancanti per la realizzazione dell’opera: «Abbiamo certezza che una volta realizzata la banchina crocieristica arriveranno le navi da crociera?» Panico, silenzio, occhi che cercavano altri occhi per trovare un riscontro. Che in realtà non c’è. O meglio esiste e non è affatto confortante. Perché la risposta alla domanda di Moroni è «No». E in qualche modo a suffragare quella che è sembrata da subito una sentenza è stato Alessandro Guerri, dirigente delle sedi periferiche dell’Autorità portuale di Gioia Tauro, facendo intendere che gli armatori per attraccare devono avere un’opportunità commerciale per farlo. Chiaro, ovvio, scontato da sempre. Anche perché Corigliano-Rossano, per la sua posizione geografica, è tagliata fuori dalle rotte da crociera e qui una nave avrebbe interesse ad attraccare se avesse quantomeno un conforto logistico.
Dunque, è chiaro che il solo investimento – anche molto importante – per realizzare una nuova infrastruttura sarebbe inefficace o addirittura anche deleterio per l’attuale assetto portuale.
Senza addentrarci in tecnicismi, ci sono almeno tre ragioni per le quali il territorio della Sibaritide, in questo momento, non ha le condizioni per essere inserito in una rotta crocieristica prestabilita e perdurante. E nessuna di queste tre ragioni è legata direttamente all’attracco.
Parliamo di assenza di servizi per il turismo prossimi al porto, costi di attracco troppo alti, mancanza di una destinazione.
Sono tre problemi certamente risolvibili con una visione chiara del marketing turistico che ovviamente non può essere finalizzata al solo investimento per una mega-galattica programmazione estiva.
Oggi ad un armatore come Costa, Carnival, Msc o Royal Carribean (i vettori principali che hanno rotte nel Mediterraneo) l’accosto nel porto di Corigliano-Rossano costa all’incirca 50mila euro. Solo per “parcheggiare” la nave. La stessa cifra che si spende per attraccare a Civitavecchia, un quinto in più rispetto a Bari (che non è Bari come destinazione bensì Alberobello o Matera), il doppio che si spende per attraccare a Corfù!
A cosa servono tutti questi soldi? Soprattutto per far arrivare il rimorchiatore (o i rimorchiatori, dipende dalla grandezza della nave) e il pilota (il soggetto che indirizza la nave) dal porto di Crotone, perché a Corigliano-Rossano questo servizio non c’è. E questa è una delle ragioni – non l’unica – perché la città pitagorica di recente ha incrementato il suo mercato crocieristico anche a discapito del porto di Co-Ro. E Crotone avrebbe tutte le carte in regola per diventare un hub da crociera se solo il suo scalo navale avesse più profondità per il pescaggio delle grandi imbarcazioni (che paradossalmente la darsena di Schiavonea ha ma non viene sfruttata).
Ecco perché prima di un altro qualsiasi investimento strutturale si dovrebbe pensare a dare una connotazione al porto della Sibaritide. Perché ad oggi è un ibrido che produce pochissimo sia sul piano commerciale che turistico. E invece di realizzare una nuova banchina crocieristica (atteso che si potrebbero sfruttare tutti gli altri moli vuoti) quegli stessi soldi potrebbero essere investiti in servizi. Per la realizzazione di un centro mercantile turistico - ad esempio - di ristoranti, negozi o semplicemente per riqualificare e integrare il borgo marinaro di Schiavonea all’interno del suo porto e consentire ai potenziali crocieristi (e all’utenza diportistica in genere) di fruire da subito di un humus commerciale vivo.
Insomma, siamo ancora molto indietro in una deriva di visione che si andrà a scontrare per forza di cose contro la cruda realtà.