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Viaggio tra i Feudi della Sila Greca - Calopezzati: dallo Stato dei Sanseverino, agli Spinelli di Cirò, fino ai Mandatoriccio baroni di Crosia

7 minuti di lettura

Come abbiamo avuto modo di leggere nella prima parte, il Feudo di Calopezzati, entrato a far parte dello Stato dei Sanseverino, alla morte di Antonio duca di San Marco passò poi nei possedimenti del figlio Luca, ed a questi come ancora riportato dal Pellicano Castagna seguirono: «Geronimo Sanseverino, 2° principe di Bisignano, figlio del principe Luca, in data 8 gennaio 1473, dal suo castello di Calopezzati fece concessioni di terre e diritti al not. Carlo Ferrari, da Acri, che furono confermate da re Ferrante il 24 gennaio 1488 al figlio di lui Ranuccio Ferrari e fratelli. Il principe Geronimo, per la sua nota ribellione, subì la confisca di tutto il suo Stato nel 1487. Bernardino Sanseverino, 3° principe di Bisignano, si riconciliò con Re Federico nel 1496, e rientrò in possesso dei Feudi della sua famiglia. Era inclusa la terra di Calopezzati, come risulta dalla significatoria presa dall’erede. Pietrantonio Sanseverino, 4° principe di Bisignano, il 5 dicembre 1517 ebbe Sign. di Rilev. Per lo Stato di Bisignano e le numerose terre dipendenti, tra cui Calopezzati, come erede e per la morte del fu pr. Bernardino predetto, suo padre; come dallo Sp. Sign. I, f. 18, che riporta dal Reg. Sign. I f. 164. Egli alienò, e poi in parte ricomprò, diverse terre del suo Stato; tra queste anche Calopezzati che, fino al 1551, risulta alienata almeno tre volte»1. 

Il Feudo di Calopezzati uno dei più importanti della Calabria Citra, che successivamente verrà alienato, per un lungo periodo come si deduce dalle precedenti note fu amministrato dai principi Sanseverino titolari del Feudo di Bisignano, a cui Calopezzati faceva capo. Il primo barone, come riportato, fu Antonio Sanseverino che amministrò Calopezzati dal 1447 al 1455 assumendone il comando dopo la scomparsa della madre Covella. Fu un accorto curatore delle sue terre, Si unì in matrimonio con Giovannella, figlia del duca di Venosa, Gabriele Orsini del Balzo, dalla quale ottenne tre figli: Luca Margherita e Giovanna.

Dopo la sua morte a guidare il Feudo per ben quindici anni dal 1456 al 1471 fu il figlio Luca, principe di Bisignano dal (1462). Fu uno dei più convinti sostenitori degli Aragonesi. A questi, nella gestione del Feudo subentrerà il primo figlio, Geronimo (1472-1487), poi coinvolto nella seconda congiura e a quest’ultimo succederà il figlio Bernardino (1495-1516). Il nuovo rapporto pacifico di Bernardino, 3° principe di Bisignano, con Ferrante II, sarà ulteriormente consolidato dai vincoli di parentela, avendo Bernardino sposato Eleonora Piccolomini Todeschini d’Aragona, figlia di Maria Marzano d’Aragona dei Duchi di Sessa e di don Antonio Todeschini Piccolomini d’Aragona, 1° duca di Amalfi. Bernardino, durante il suo esilio in Francia, incontrò san Francesco di Paola quando si trovava lì nella veste di Procuratore Generale dei Minimi, e lo stesso Santo lo salvò da una malattia inguaribile presente sin dalla nascita. Ciò sollecitò il padre di Bernardino a invitarlo a Corigliano.

A Bernardino subentrò il figlio Pietrantonio Sanseverino, con il titolo di 4° principe di Bisignano. In questo particolare periodo, inarrestabile fu il processo di feudalizzazione che andò avanti provocando anche la frantumazione delle grandi proprietà terriere dei Ruffo, dei d’Aragona e degli Spinelli. La maggior parte delle comunità calabresi si rivelarono infeudate e molti furono i novelli feudatari e le famiglie influenti che scesero in Calabria provenienti da fuori il regno e che comparvero nel contesto feudale del Basso Jonio Cosentino.

Queste grandi famiglie, appena segnalate, iniziarono a perdere prestigio e in qualche modo si trovarono obbligate ad alienare alcune loro proprietà, anche per una inadeguata conduzione nell’amministrazione. Pertanto, ad emergere furono altre casate economicamente più equipaggiate, che in quel periodo colsero l’opportunità di acquistare le terre vendute allo scopo di inserirsi nel ceto della nobiltà cittadina di riferimento e quindi del Regno di Napoli. Anche il Feudo di Bisignano, amministrato dai Sanseverino al quale facevano riferimento le Terre di Calopezzati e la sua Baronia guidata dal 1517 fino a 1556 da Pietrantonio Sanseverino, figlio di Bernardino Sanseverino e di Eleonora Piccolomini, venne in qualche modo coinvolto e costretto ad alienare alcune terre compresa quella di Calopezzati. La vendita di Calopezzati da parte dei Sanseverino, tuttavia, non fu un caso isolato, perché la cessione di alcuni territori toccò anche i possedimenti del Ducato di Montalto, comprendenti la Baronia di Pietrapaola e Crosia, la cui economia era caratterizzata prevalentemente dalla coltivazione dell’ulivo e della vite.  

Fra le casate emergenti, sicuramente va annoverata la Casata dei Mandatoriccio, di Rossano, che esordì con il suo capostipite Michele, e via via riuscì ad affermarsi sul territorio con l’acquisto, come vedremo, di non pochi Feudi fra cui quello di Calopezzati, Caloveto, Crosia e Pietrapaola sul quale territorio poi nascerà nel XVII secolo, sotto il regno di Filippo IV, il Casale di Mandatoriccio. 

Ai Sanseverino, nella gestione del Feudo subentrarono gli Abenante ministri e militari della casa di Bisignano. Anche questa volta alcune informazioni estratte dagli studi del Candida Gonzaga ci offrono nuovi elementi su questa famiglia «[…] originaria Veneziana diramata in Francia ed in Calabria. Si ricava da documenti che Antonio Sanseverino portatosi in Francia per spingere Carlo I a conquistare il Regno di Napoli, portò seco Santoro e Luca Abenante, i quali, dopo la vittoria delle armi francesi sopra Manfredi, si stabilirono in Venosa e poi in Corigliano, terre de’ Sanseverino, da’ quali ottennero alcuni feudi. Passò a far dimora in Cosenza la famiglia Abenante nel principio del secolo XVI. Ha goduto della nobiltà in Cosenza, in Rossano ed in Venosa ed ha vestito l’abito di Malta nel 1548. […] Mariano – familiare di Carlo V, barone di Calopezzati e Colonnello di fanti, sposò Eleonora de Gennaro contessa di Martorano. Militò nella campagna di Roma sotto il pontificato di Paolo IV»2.  

In precedenza fu proprio Bernardino, padre di Pietrantonio, a concedere a titolo suffeudale la terra di Calopezzati al suo milite e maggiordomo, Barnaba Abbenante, che di conseguenza ne acquisì anche il titolo di barone. A quella di Calopezzati seguirono altre donazioni. Barnaba, inoltre, s’imparentò con i Sanseverino unendosi in matrimonio con Polissena Tarsia, una nipote di Geronimo, dalla quale ebbe due figli Mariano e Ottavio. Il legame tra i Sanseverino e gli Abenante era così forte che se ne ebbe prova nel corso della congiura dei baroni contro re Ferrante quando Barnaba seguì fedelmente Geronimo suo signore. Morto Barnaba, nel 1506, fu lo stesso Bernardino a confermare il titolo di suffeudo al figlio di Barnaba, Mariano Abenante da Corigliano. Inoltre, da quanto emerge da una istanza del tempo, Mariano Abenante per essere riabilitato alla gestione di alcuni patrimoni che gli erano stati sottratti si presentò al Viceré del tempo come barone di Calopezzati.

Al riguardo, il Pellicano Castagna, scrive che “non si conoscono gli estremi dell’acquisto che egli dové fare dal principe di Bisignano predetto”. Di fatto quanto sostenuto dal Pellicano Castagna è vero, ma si coglie l’occasione per evidenziare che nel passaggio non possono esserci estremi di acquisto poiché Calopezzati agli Abenante fu concesso, come già riportato, come suffeudo. Pertanto nella successione feudale tra Barnaba primo barone suffeudale di Calopezzati, e Mariano suo figlio il titolo di barone del quale Mariano fece uso gli pervenne congiuntamente ai trasferimenti feudali ereditati dal padre. Chiusa la breve parentesi di Mariano Abenante, secondo quanto riportato ancora dal Pellicano Castagna, nella gestione del Feudo di Calopezzati seguirono «Pirro Antonio Crispano, patrizio napoletano, barone di Casoli e di Chianca, venne in qualche modo in possesso della terra di Calopezzati, come risulta dalla significatoria seguente. Giovanvincenzo Crispano il 13 agosto 1551 ebbe Sign. di Rilev. Per le terre di Casoli e Chianca, ed anche per la terra di Calopezzati in Calabria Citra, come erede e per la morte del fu Pirro Antonio predetto, suo padre, deceduto il 6 agosto 1550 (Sp. Sign. I, f. 84, che riporta dal Reg. Sign. 9, oggi perduto, f. 60)»3. 

Calopezzati sarà nuovamente ricomprata da Pietrantonio Sanseverino, per essere venduta più tardi a un certo Paolo Caselli da Rossano come si ricava dalla nota seguente. «Paolo Caselli, da Rossano, venne in possesso di Calopezzati nel 1551, per vendita dal principe di Bisignano predetto (cfr. Galasso, p. 17). Pietrantonio Abenante, barone di Cirò (v.), venne in possesso della terra di Calopezzati, certamente per vendita o cessione fattagli da Paolo Caselli, di cui non sono noti gli estremi. Risulta dall’atto di vendita. Giovanvincenzo Spinelli acquistò le terre di Cirò e Calopezzati con la bagliva e la mastrodattia per vendita fattagli all’asta nel S.R.C., per la somma di Ducati 35.000, contro il patrimonio di Pietrantonio Abenante; e ciò con R. Assenso del 22 dicembre 1571, che fu registrato nel Quinternione 92, al f. 245. Fu figlio ultrogenito di Ferrante, 2° duca di Castrovillari.

Su di lui e la sua discendenza vengono dati ragguagli nella storia del marchesato di Cirò nel II volume di quest’opera. Ferrante Spinelli il 22 ottobre 1579 ebbe Sign. di Rilev. per le terre di Cirò e Calopezzati con bagliva e mastrodattia come erede e per la morte del fu Giova Vincenzo predetto, suo padre, deceduto il 9 agosto 1576 (Sp. Sign. I, f. 495t, che riporta dal Reg. Sign. 23, oggi perduto, al f. 115). Fu il I° marchese di Cirò (1584). Giuseppe Vespasiano Spinelli, marchese di Cirò, il 18 giugno 1591 ebbe Sign. di Rilev. Per le terre di Calopezzati e Cirò con bagliva, mastrodattia e portulania, come erede e per la morte del fu marchese Ferrante predetto, suo fratello, deceduto il 15 ottobre 1589. (Sp. Sign. I, f. 597, che riporta dal Reg. Sign. 29, f. 145). Giovanmichele Mandatoriccio barone di Crosia e Caloveto (v.), acquistò la terra di Calopezzati con seconde e terze cause, zecca e portulania per vendita libera fattagli nel 1614, e confermata nel 1618 dal predetto marchese di Cirò. Ciò si rileva dalle «Provvisioni della R. Camera, R. Assensi di Calabria Citra», vol. 64, f. 137 (1614) e vol. 96, f. 143 (1618). Ne 1619 ampliò i suoi domini acquistando dalla princ. di Scilla la limitrofa terra di Pietrapaola. […]»4. (continua)

BIBLIOGRAFIA
 -3-4 Ivi, M. PELLICANO CASTAGNA, La storia dei feudi…, Vol. 1, A-CAR.
2 B. CANDIDA GONZAGA, Famiglie Nobili delle Provincie Meridionali d’Italia, Vol. V, Stabilimento Tipografico del cavaliere G. De Angelis e Figlio, Napoli 1879. 


 

Franco Emilio Carlino
Autore: Franco Emilio Carlino

Nasce nel 1950 a Mandatoriccio. Storico e documentarista è componente dell’Università Popolare di Rossano, socio della Deputazione di Storia Patria per la Calabria e socio corrispondente Accademia Cosentina. Numerosi i saggi dedicati a Mandatoriccio e a Rossano. Docente di Ed. Tecnica nella Scuola Media si impegna negli OO. CC. della Scuola ricoprendo la carica di Presidente del Distretto Scolastico n° 26 di Rossano e di componente nella Giunta Esecutiva. del Cons. Scol. Provinciale di Cosenza. Iscritto all’UCIIM svolge la funzione di Presidente della Sez. di Mirto-Rossano e di Presidente Provinciale di Cosenza, fondando le Sezioni di: Cassano, S.Marco Argentano e Lungro. Collabora con numerose testate, locali e nazionali occupandosi di temi legati alla scuola. Oggi in quiescenza coltiva la passione della ricerca storica e genealogica e si dedica allo studio delle tradizioni facendo ricorso anche alla terminologia dialettale, ulteriore fonte per la ricerca demologica e linguistica