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Viaggio tra i Feudi della Sila Greca - Bocchigliero dalla feudalità ai giorni nostri

8 minuti di lettura

Dopo il "Viaggio tra i Feudi della Sila Greca - Bocchigliero nel periodo feudale", pubblichiamo di seguito la seconda parte del "Viaggio" dedicata a questo borgo.

Bocchigliero è un Comune italiano della Regione Calabria in Provincia di Cosenza e in Diocesi di Rossano. Il Barrio, lo colloca distante da Campana 4 miglia compreso ‘tra due fiumi Santacroce, e Laurenzia’. Possiede una superficie di 97,10 kmq e una densità abitativa di 13,2 abitanti per kmq. 

I suoi cittadini sono chiamati Bocchiglieresi. Secondo i dati forniti dalla statistica relativi all’anno 2016 oggi conta una popolazione complessiva di 1.281 abitanti, di cui 600 M. (47%) e 681 F., (53%). In passato, a partire dal XVI secolo l’evoluzione della variazione demografica registrata attraverso i fuochi era così articolata: nel 1532 (124), 1545 (207), 1561 (166), 1595 (287), 1648 (317), 1669 (243). Già alla fine del XVIII secolo aveva una popolazione di oltre 2.900 abitanti, mentre negli anni successivi si registrò un incremento significativo che portò Bocchigliero a guadagnare un picco massimo di 4.198 abitanti, per iniziare poi una discesa demografica che lo ha portato al minimo storico di 1.281 abitanti nel 2016.

Incastonato nel Parco Nazionale della Sila fa parte della Comunità Montana Silana, Regione Agraria n. 3 ‘Sila Greca’. Confina con i Comuni di Campana, Longobucco, Pietrapaola, San Giovanni in Fiore tutti della Provincia di Cosenza (CS) e Savelli appartenente alla Provincia di Crotone (KR).

Riguardo alla conformazione geologica del suo territorio, in particolare di Varco del Ceraso, una zona a pochi chilometri ad Ovest di Bocchigliero, ne parla il geologo Benedetto Greco, in Atti della Società Toscana di Scienze Naturali, vol. XII, 1893, sostenendo che nella suddetta località è presente il maggior numero di fossili. Conferma la si ha anche da quanto riporta G. Bonarelli riferendo degli studi del Greco, contenuti nel Il Lias superiore nel Circondario di Rossano Calabro… «Provenienti dalla località di Pietracutale e di Bocchigliero nelle vicinanze di Pontadura (Circondario di Rossano Calabro), ivi raccolti in un complesso di strati calcareo-marnosi, arenacei, grigio giallastri, che sovrastano perfettamente concordanti ai calcari neri con brachiopodi del Lias inferiore, si conservano nel Museo geologico pisano numerosi fossili, […]»1

Sulle antichissime origini di Bocchigliero o di questo «castello mediterraneo rimoto dal mare intorno a 12 miglia», come osa definirlo Girolamo Marafioti nel suo Libro Terzo, di Croniche et Antichità di Calabria, le tesi storiografiche sono tuttora dubbie, anche se la documentazione, gli indizi e i reperti rinvenuti fanno presupporre che ci troviamo di fronte a un sito risalente all’età neolitica, sui cui ruderi nacque in un primo momento un insediamento romano. 

Al Marafioti fa eco G. Fiore da Cropani nella sua opera Della Calabria illustrata… nella quale, Bocchigliero viene descritta come una terra scarsamente illuminata per la carenza di informazioni dei suoi natali, poiché nessuno le ha offerte, ciò nonostante, aggiunge ancora il predicatore cappuccino, Bocchigliero risulta tanto più chiara per le sue delizie, e per il vantaggio che i suoi abitanti ne ricavano dalle sue ‘felicissime campagne’. Ecateo di Mileto (geografo e storico greco) parla di Bocchigliero come l’arcaica Arinthe, un’antica citta Enotria, mentre il Lenormant, argomentando sull’attuale cittadina silana, riferisce che probabilmente questa è nata sulla vetusta citta Bruzia di Arinthe, verosimilmente fondata intorno all’800 a.C. 

Secondo Lorenzo Giustiniani, Gabriele Barrio nella sua opera De antiquitate et situ Calabria…, ne esaltava molto i prodotti del suo territorio, riferendo, che «[…] vi nasceva la cote, la focaia, e la pietra da mola assai buona, e similmente la pietra frigia per tinger le vesti, nominata pur da Plinio, e l’altra detta gagate, similmente menzionata dallo stesso Plinio; e tra l’erbe medicinali la centaurea, e si traeva il terebinto, e’l sagapeno, o serapino, sugo di un’erba, di cui Plinio pure ne parla. Accenna le selve, che vi erano, e la buona caccia, che vi si ritrovava. […] Ladislao la diede a Nunzio Matera. Come già accennato nel precedente intervento fu posseduta da Alessandro Labonia di Rossano»2.

In relazione alla nota del Giustiniani a proposito della pietra gagate, minerale dalle straordinarie qualità di cui in passato Bocchigliero era un rinomato centro, si osserva che questa era una varietà di lignite di colore nero e lucente come la pece usata per realizzare bottoni, mentre per quanto riguarda i Matera si vuole sottolineare che, secondo le informazioni ricavate dagli studi di Luigi Palmieri, nel 1464 un certo Tomaso Matera ottenne il governo vitalizio di Bocchigliero e Campana, e che in seguito per le stesse terre Tomaso Matera seniore, fu creato, da re Alfonso II, capitano ad placitum3.

Riguardo alla sua fondazione, secondo quanto invece ci tramanda G. Valente, Bocchigliero «Si vuole che sia stato fondato in epoca imprecisata con le rovine, o con l’unione, di Casali esistenti nel territorio, quali S. Basilio, S. Pietro e S. Nicola, che potevano essere i casalini, cioè i piccoli casali sorti ad opera di abitanti di Campana spintisi a lavorare la terra delle ultime pendici silane»4.

Sulla derivazione del suo toponimo tra le molte ipotesi troviamo anche quella di A. Bastanzio5, secondo il cui il nome Bocchigliero, sarebbe di derivazione latina e avrebbe una chiara corrispondenza semantica con il nome Longobucco (bucchus/selva, bosco). 
Come la maggior parte dei paesi dell’entroterra anche Bocchigliero deve il suo primo incremento demografico e la sua antica espansione urbanistica intorno al X secolo, periodo in cui molta gente della costa cercò protezione nei centri di montagna ed in particolare sui versanti collinari e montuosi della Presila allo scopo di sottrarsi al frequente pericolo portato dalle continue incursioni e intimidazioni saracene. Un centro urbano disposto a zone che ancora oggi mantiene la sua conformazione propria medioevale, nonostante le non poche trasformazioni succedutesi attraverso i secoli, fatta di vie piuttosto strette e abitazioni tra loro accostate. 

A parlarne negli anni vi furono altri autori tra cui ricordiamo oltre al Bastanzio anche L. Aurea, F. Filippelli, N. M. Papparella, A. Taliano Grasso, Giangiulio, Givigliano i quali offrono, al riguardo minuziose descrizioni di cui mi sono occupato in alcuni precedenti interventi.
Il Risorgimento italiano trovò pronte alcune figure del luogo a dare un fattivo contributo alla causa comune dell’Unità d’Italia. Come ci tramanda G. Valente6, furono don Francesco Comite, don Francesco Greco, don Gabriele e don Nicola Marino, don Donato, don Francesco, don Gaspare, don Pasquale, don Vincenzo e donna Vittoria Parisio, don Fortunato Patera.

Tra il XIX e XX secolo, dopo l’Unità, il borgo fu ben tre volte sinistrato dai disastrosi movimenti tellurici che interessarono gran parte del territorio silano. Ai terremoti del 1836 e del 1870 fece seguito quello del 1905. Nel XIX secolo, oltre alle circostanze luttuose e poco piacevoli provocate dai sismi, subì per ben due volte l’epidemia di colera che si diffuse sul territorio sia nel 1837 e successivamente a distanza di trenta anni anche nel 1867.
Come la stragrande maggioranza dei Comuni, non fu immune, dal triste fenomeno del brigantaggio che si manifestò attraverso la presenza di numerose bande di briganti nascosti nelle fitte boscaglie che lo circondano. Tra i briganti del luogo, come riportato da Franco Filareto7 si ricordano: Arnone Giuseppe, Capristo Giuseppe detto ‘Garitto’ della banda di ‘Catalano’; Cariati Pasquale (e/o Domenico) ‘u Rovettaro’ (capo banda);… Crispino; De Luca Tommaso; Ferraro Pietro; Ferri (o) Gaetano ‘Lucarno’ (fucilato e decapitato nel 1865; Filippelli Gabriele; Lupinacci Antonio; Ricca Giovanni; Santoro Antonio (detenuto nel giugno 1864 – TMS); Santoro Gabriele (latitante ancora nel 1873); Saraceno Carlo Maria; Sorrentino Antonio; Spataro Gabriele; Tucci Rosario (fucilato e decapitato nel 1865); i fratelli Antonio e Vincenzo Volpe ‘Sorrentino’; Vulcano Vincenzo ‘Spilonte’.

Proprio per il suo immenso patrimonio boschivo, anticamente, Bocchigliero era molto conosciuto per le sue estese e ricche riserve di caccia di uccelli e animali selvatici.
Nei decenni successivi l’Unità d’Italia, a causa della forte miseria, Bocchigliero, come la gran parte dei paesi della Sila Greca, venne interessato dal triste fenomeno emigratorio verso le Americhe, inizialmente Argentina, Brasile e Uruguay e successivamente negli Stati Uniti. Fenomeno che, nel tempo, sottrasse al tessuto demografico del borgo quasi 1.500 persone8.
A tale disastro seguì l’ingresso dell’Italia nella Grande Guerra alla quale dopo il 1919 fece seguito la sciagurata avventura del fascismo per opera di Benito Mussolini che andò al potere nel 1922 rimanendovi fino al 1943 con la conclusione della Seconda Guerra Mondiale. Un periodo in cui l’Italia subì un regime dittatoriale con la conseguente distruzione dello Stato liberale. Fu un momento molto triste e caratterizzato da forti ristrettezze economiche, povertà, fame e mancanza di lavoro che portarono le popolazioni ad energiche mobilitazioni sfociate in sommosse popolari come appunto quella che interessò Bocchigliero il 1° luglio 1919. Tra gli antifascisti e partigiani di Bocchigliero si ricordano. Aiello Pietro (1909), Brunetti Nicola (1914), medico chirurgo, De Vincenti Annunziato (1922), calzolaio, e Santoro Cataldo (1923)9. Tra i personaggi di rilievo si segnalano: lo scrittore Giuseppe Scafoglio, il poeta Leonardo Mazza e lo storico Filippo Puglisi.

Oggi, Bocchigliero contemporaneo, da molti definito "La Porta della Sila" non è dissimile dai numerosi paesi dell’entroterra del territorio della Sila Greca. Raggiungerlo tramite la strada di Caloveto è stimolante. Con una limitata salita si arriva sopra una pianura molto aperta, dove la vista del visitatore si fa ancora più larga, in modo particolare sulla Sila. La strada per arrivarci, tortuosa ma singolare, consente un panorama affascinante tra frutteti, vigne, orti e castagneti. Ingranditosi sotto il profilo urbanistico nei nuovi rioni della Riforma, della Fischia, San Rocco e altri ancora si presenta con le sue tipiche caratteristiche del borgo silano, dal forte interesse turistico, proiettato a far conoscere al visitatore il suo centro storico ricco di arte, le sue tradizioni, la sua gastronomia e offrire un piacevole relax nel cuore verde della Sila, essendo questa molto visitata nel corso del soggiorno estivo.

La sua economia, come già in passato, poggia prevalentemente sull’agricoltura per produrre soprattutto quanto necessario al mantenimento e alla sussistenza della sua comunità costituendone la risorsa principale. Le sue terre, a più marcata predisposizione agricola, anche se contenute nella loro espansione vengono sottoposte ad anni alterni alle diverse pratiche di semina. Molte le persone impegnate nel settore. I prodotti di maggiore rilevo sono la coltivazione di cereali, di frutti e della vite, oltre che la raccolta della ghianda, delle castagne e lavorazione dei funghi, quest’ultimi disponibili nella maggior parte dell’anno. Interessanti anche alcune iniziative nel settore dell’allevamento. Sede da sempre di un fiorente artigianato tessile, la manodopera locale si lascia apprezzare per la lavorazione delle fibre tessili (lana, cotone, lino e ginestra) con le quali le donne del luogo realizzano coperte e altri manufatti di eccellente qualità.

Per quanto riguarda l’aspetto urbanistico architettonico interessanti sono i palazzi: Barrese, Bossio e Clausi. Di grande interesse artistico sono, invece, alcuni edifici ecclesiastici presenti nel tessuto urbano. Tra questi la Chiesa Matrice, dedicata all’Assunta e il suo campanile, la piccola Chiesa medioevale basiliana di Basilico, la Chiesa di San Francesco di Paola, di San Leonardo, di San Rocco, il Monastero dei Riformati conosciuto più comunemente come Santuario della Madonna de Jesu (o Madonna delle Nevi) anche questi da me approfonditi in precedenti contributi intesi a far conoscere le peculiarità del nostro territorio.  Nei secoli ospitò i conventi degli Agostiniani e dei Riformati, soppressi nel 1809 e il Monastero delle Clarisse soppresso nel 1810. Vi operavano, inoltre, due Confraternite laicali, del Rosario e di San Francesco di Paola. Le suore mercedarie del SS. Sacramento vi tengono l'Istituto Eucaristico.

 

BIBLIOGRAFIA
1G. BONARELLI, AA. VV, in Rivista di paleontologia, vol. I, Tipografia Gamberini e Parmeggiani, Bologna 1895. 
2L. GIUSTINIANI, Dizionario Geografico-Ragionato del Regno di Napoli, Tomo II, presso Vincenzo Manfredi, Napoli 1797. 
3L. PALMIERI, Cosenza e le sue famiglie, attraverso testi, atti e manoscritti, Tomo I, Luigi Pellegrini Editore, Cosenza 1999.
4-6 Cfr. G. VALENTE, Dizionario dei luoghi della Calabria, Tomo I, A-L, Edizione FRAMA’S, Chiaravalle Centrale (CZ) 1973.
5 Cfr. A. BASTANZIO, Linee storiche sull’origine di Bocchigliero, in http://xoomer.virgilio.it/pellegrinorocco/Archeologia.htm.
7-8 Cfr. F. FILARETO, Fuga e ritorno di un popolo. La Calabria del Nord-Est 1799-2012, Ferrari Editore, Rossano 2014.
9 I. SANGINETO, I Calabresi nella Guerra di Liberazione, Luigi Pellegrini Editore, Cosenza 1992.

Franco Emilio Carlino
Autore: Franco Emilio Carlino

Nasce nel 1950 a Mandatoriccio. Storico e documentarista è componente dell’Università Popolare di Rossano, socio della Deputazione di Storia Patria per la Calabria e socio corrispondente Accademia Cosentina. Numerosi i saggi dedicati a Mandatoriccio e a Rossano. Docente di Ed. Tecnica nella Scuola Media si impegna negli OO. CC. della Scuola ricoprendo la carica di Presidente del Distretto Scolastico n° 26 di Rossano e di componente nella Giunta Esecutiva. del Cons. Scol. Provinciale di Cosenza. Iscritto all’UCIIM svolge la funzione di Presidente della Sez. di Mirto-Rossano e di Presidente Provinciale di Cosenza, fondando le Sezioni di: Cassano, S.Marco Argentano e Lungro. Collabora con numerose testate, locali e nazionali occupandosi di temi legati alla scuola. Oggi in quiescenza coltiva la passione della ricerca storica e genealogica e si dedica allo studio delle tradizioni facendo ricorso anche alla terminologia dialettale, ulteriore fonte per la ricerca demologica e linguistica