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Teofania, un tuffo bizantino nelle acque del Battesimo

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ARBERIA - Intorno all’anno mille, san Nilo da Rossano fonda l'Abbazia di Grottaferrata alle porte di Roma, città crogiuolo di culture diverse, luogo che le amalgamava e le traduceva nell'idioma universale della fede cristiana. Più vicino ai nostri giorni, l'Abbazia celebrò un sinodo intereparchiale insieme all'Eparchia di Lungro e quella di Piana degli Albanesi.

Nell'udienza concessa ai partecipanti nella Sala Clementina, il 2005, il Papa di allora definì le due Eparchie e il monastero esarchico di Grottaferrata eredi di un comune patrimonio spirituale, chiamate a testimoniare l'unità della stessa fede in diversi contesti sociali, facendo tesoro della loro millenaria tradizione bizantina.

C'è dunque un filo rosso che lega la Calabria bizantina e in modo particolare l'Eparchia di Lungro a Grottaferrata.

Intorno all’anno mille si sviluppava in città la cosiddetta arte romanica di Roma di cui sono rimasti rarissimi manufatti. Resiste un pozzo istoriato nella chiesa di san Bartolomeo sull’isola Tiberina, inizialmente collegato ad una fonte miracolosa.  

Anche il monastero di Grottaferrata  custodisce un reperto di quel periodo: il bel fonte battesimale somigliante ad una pisside in marmo. E’ un opera d’arte straordinaria, dell’epoca dell’imperatore Ottone III. Coesistevano allora il sostrato culturale germanico e quello bizantino. La madre stessa dell'imperatore, Teofano, fu una principessa bizantina. 

Sul fonte viene raffigurata allegoricamente una sorta di monte paradisiaco da dove scaturiscono le acque, una porta chiusa, che allude probabilmente al  regno degli inferi come le porte nere delle icone bizantine, e dei pescatori intenti a pescare con canne. 
Questa iconografia ha le sue radici nelle parole di Cristo: «Vi farò pescatori di uomini» (Mt 4,19 ). In quell’episodio, le due coppie di fratelli, Pietro ed Andrea ed i figli di Zebedeo, Giacomo e Giovanni, ricevono una nuova identità che li contraddistinguerà intrinsecamente come inviati, missionari, cercatori di uomini.

Ignace De La Potterie ha sostenuto che l’espressione “pescatore di uomini” sia da attribuire con certezza allo stesso Gesù, poiché in nessun testo dell’Antico Testamento figura una tale immagine. Fu il Maestro a scegliere queste parole per indicare la missione dei suoi discepoli, mutando la prospettiva della professione che essi svolgevano nelle acque del lago.

Certo gli Apostoli sono “pescati” a loro volta, perché conquistati dal Signore mentre erano intenti al loro lavoro sulle rive del lago di Tiberiade.
Ma la cosa che ci interessa in modo particolare nella contesto della festa del Battesimo del Signore, celebrata il 6 gennaio nelle chiese bizantine e nella domenica successiva in quelle di rito latino, è il personaggio che si tuffa dalla cima di un pilastro in acqua per indicare l’anima che anela al battesimo, che anela alla beatitudine, al divenir cristiani. La storia dell’arte è caratterizzata da tutta una serie di raffigurazioni che rappresentano dei tuffatori, da quelli minoici di Creta a quello di  Paestum, nella famosa tomba del Tuffatore. 

Il tuffo è il perfetto dinamismo, visto come una sorta di iniziazione, un salto nella ricerca della salvezza, verso un mondo metafisico che va oltre la fisicità dell’acqua, oltre il naturale. Fondato sulla perfetta spontaneità, il tuffo nell’acqua qui è in sincronia con le valenze sacralizzanti, meraviglioso paradosso. Nel caso specifico cristiano, la collocazione su un fonte battesimale bizantino allude al rito del battesimo per immersione.

“Battesimo” è una parola greca che vuol dire  appunto “immersione”. Anticamente infatti il battesimo avveniva con la vera e propria immersione in una vasca d'acqua. 

Basta ricordare che nella prima chiesa conosciuta, una casa trasformata in luogo di culto cristiano, quella di Dura Europos in Siria, c’era già una vasca dove immergere i candidati al battesimo.

Istituito da Gesù Cristo con il suo diretto Battesimo, è il primo dei sette sacramenti: mediante l’immersione nelle acque del Giordano, Gesù si è unito a noi. Il Battesimo - lo ricordava Papa Benedetto XIV - fa da ponte che Egli ha costruito tra sé e noi, la strada per la quale si rende a noi accessibile; è l'arcobaleno divino sulla nostra vita, la promessa del grande sì di Dio, la porta della speranza e, nello stesso tempo, il segno che ci indica il cammino da percorrere in modo attivo e gioioso per incontrarlo e sentirci da Lui amati.

Elia Hagi
Autore: Elia Hagi

Studia a Roma filosofia e teologia e comunicazioni sociali e oggi svolge a Vaccarizzo Albanese il suo ministero sacerdotale. Diventato sommelier, segue con passione la rinascita del vino calabrese con un particolare interesse rivolto ai vini identitari Arbëreshë.