A Cosenza la presentazione del nuovo saggio di Francesco Capocasale
Sarà l'occasione per riparlare di meridionalismo e di nuove prospettive per la Calabria. «Questi miei scritti, vogliono essere uno stimolo a fare di più e meglio per contribuire all'emancipazione del Mezzogiorno e della Calabria»

COSENZA - La Commissione Cultura della città di Cosenza, presieduta da Mimmo Frammartino, lunedì 14 luglio, con inizio alle ore 17,15, a Cosenza, nella sala consiliare di Palazzo dei Bruzi, ha organizzato la presentazione in anteprima nazionale del nuovo saggio di Francesco Capocasale, "Pagine di impegno meridionalistico", pubblicato dalla casa editrice cosentina Progetto 2000. Alla manifestazione interverranno: il sindaco di Cosenza Franz Caruso, la vice Maria Locanto e il presidente della Commissione cultura Mimmo Frammartino.
Tra i relatori Francesco Lo Giudice (già sindaco di Bisignano) e Angela Robbe (già presidente regionale di Legacoop Calabria); è previsto anche un intervento dell'editore del volume Demetrio Guzzardi; i lavori saranno coordinati dalla giornalista Carmela Formoso.
Sarà l'occasione per riparlare di meridionalismo e di nuove prospettive per la Calabria; l'autore periodicamente sulle pagine di quotidiani e periodici scrive di: Territorio, cooperazione, economia sociale; Sviluppo sostenibile; Autonomia differenziata e Movimento Cattolico. Abbiamo bisogno che il dibattito su questi temi non si affievolisca, anzi, si torni con forza a prospettare una nuova visione di Sud, dal Sud. Scrive Capocasale: «Questi miei scritti, vogliono essere uno stimolo a fare di più e meglio avvertendo e praticando la responsabilità di compiere un dovere per contribuire, ai diversi livelli – politico, culturale, imprenditoriale, manageriale – al riscatto e all'emancipazione del Mezzogiorno e della Calabria, non continuando a relegare nell'archivio delle occasioni mancate l'impegno di ciascuno di noi e di quanti percepiscono la sensibilità e l'aspirazione alla necessaria partecipazione sociale, per avvicinare il Sud al Nord del nostro Paese».
Francesco Capocasale è nato a Dipignano il 3 luglio 1955. È stato segretario diocesano degli studenti cosentini di Azione cattolica, delegato provinciale dei giovani DC e consigliere nazionale del Movimento giovanile democristiano. Vicinissimo al ministro Riccardo Misasi, a 24 anni diventa sindaco di Dipignano (CS) e lo resterà per un decennio dal 1980 al 1990. Dal 2000 al 2002 è stato commissario ASI delle aree industriali Sibari-Crati. Si è formato alla scuola del pensiero cattolico democratico. Laureato in scienze politiche, ha lavorato nella Carical, poi banca Carime. Con l'Editoriale Progetto 2000 ha già curato: La politica come servizio. A quarant'anni dalla scomparsa di Franco Locanto cattolico democratico e amministratore (2015); la nuova edizione del volume di don Luigi Nicoletti, Qui parlano le bestie (2019); Don Ciccio Cozza parroco decardoniano di Dipignano (2024); ...E noi cantavamo Bianco fiore. I miei anni giovanili nella Dc calabrese (1973-1993) (2025).
Pubblichiamo di seguito la nota editoriale firmata da Demetrio Guzzardi. All'indomani dell'Unità d'Italia, alcuni studiosi di ispirazione liberale (Giustino Fortunato, Sidney Sonnino, Leopoldo Franchetti), di matrice liberal socialista (Gaetano Salvemini), marxista (Antonio Gramsci) e cattolica (don Luigi Sturzo, don Carlo De Cardona) posero nel dibattito politico, le problematiche dell'integrazione del Mezzogiorno d'Italia nel nuovo contesto socio-economico, che si era originato con la costituzione del nuovo Stato unitario.
Per la prima volta tante unità regionali si ritrovarono insieme: dal Piemonte e dalla Sardegna sabauda, al Nord Est tutto proteso verso l'impero austriaco, ai toscani con la loro autonomia da Granducato, ai territori dell'ex Stato pontificio, che rispetto agli altri era considerato una nazione cuscinetto per i cambi – quasi decennali – delle politiche attuate dai papi che reggevano la cosa pubblica, al Sud e alla Sicilia che erano sotto il governo borbonico. Queste diversificate identità furono chiamate a costruire una nuova nazione; il compito non era facile tant'è che rimase celebre la frase: «Fatta l'Italia bisogna fare gli italiani».
Solo chi era rimasto invaghito da un eccessivo furore anticlericale, non vedeva le grandi disuguaglianze che l'Italia targata casa Savoia aveva accentuato. Il brigantaggio postunitario – da alcuni visto in modo troppo romantico – e l'apertura della via per le Americhe, furono i due bubboni che fecero capire che qualcosa non aveva funzionato, come i padri della Patria – tutti rigorosamente di fede massonica – avevano previsto. La letteratura ci ha aiutato a capire che specialmente il Mezzogiorno d'Italia stava subendo un gap, che nel corso del tempo si è allargato sempre di più. Il romanzo Il Gattopardo, scritto da Giuseppe Tomasi di Lampedusa, in qualche modo ci introduce nel clima che in quegli anni si stava vivendo. La famosa frase pronunciata da Tancredi: «Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi», indica in modo inequivocabile come la pensavano i ricchi proprietari terrieri meridionali, che, per mantenere lo status quo, adottarono il metodo dell'apparenza del cambiamento.
Le condizioni dei contadini del Sud erano drammatiche, inchieste parlamentari studiarono il fenomeno e solo la massiccia emigrazione al di là dell'Oceano attenuò questo grande problema. L'unico che si accorse che nei grandi porti l'Italia si stava svuotando fu mons. Giovambattista Scalabrini. Famiglie intere avevano creduto al sogno americano abbandonando quel poco che avevano, in cerca di miglior fortuna. Forse il momento più unitario lo vissero quei giovani che furono mandati al fronte per conquistare Trento e Trieste. Nelle trincee ci si accorse subito che gli austriaci e i veneti, con il loro dialetto, si capivano più dei calabresi e dei napoletani, che pur avevano la stessa divisa. Fu una mattanza; al Sud si comprese che l'Unità d'Italia era stata scritta con il sangue dei soldati.
Negli anni del regime fascista la questione meridionale venne volutamente sottaciuta; il Sud forniva le braccia per le imprese coloniali e Mussolini era tutto proteso alla costruzione del grande impero. Campania, Calabria e Sicilia non erano più il Sud d'Italia, ma Libia, Eritrea ed Etiopia spostavano il baricentro della politica coloniale del duce.
La storia del Sud è molto diversa da quella del Nord anche nella seconda guerra mondiale: gli attacchi degli aerei americani e inglesi («le bombette al Sud» come venivano chiamate dai gerarchi fascisti a Roma) nel 1943 staccarono questa parte dell'Italia da quella che fino al 1945 fu chiamata la Repubblica sociale di Salò. Con il 25 aprile 1945 rinasce una nuova Italia unita, una nazione che aveva subìto per un ventennio la dittatura e dal 1940 la guerra degli inglesi e degli americani contro il nazifascismo. Anche allora si fece sentire l'eco dei meridionalisti; nelle riaperte aule parlamentari, oltre al soffio della libertà, si respirava nuovamente aria di democrazia. Furono tanti i costituenti meridionalisti che nella scrittura della Carta costituzionale fecero valere le idee che l'Italia era una nazione unica, fondata sul lavoro e sul ripudio della guerra. Le politiche meridionalistiche approntate dai governi democristiani prima e laico-socialisti dopo, hanno cercato di dare nuovo smalto alle tematiche care a chi desiderava un Sud al passo con il Nord. Prima dell'avvento di tangentopoli, il fondatore della Lega, Umberto Bossi ribaltò il tema del meridionalismo ponendo invece nella discussione politica il problema del Nord. Bossi, con il suo modo di fare, riuscì a spostare l'attenzione dei governi verso quello che lui chiamava federalismo e qualche anno dopo secessione. Con l'avvento della seconda Repubblica, ci fu anche la fine dei partiti ideologici (Democrazia cristiana, Partito socialista, Partito comunista) e le politiche per il Mezzogiorno si sono impoverite, anche perché i nuovi poteri – in modo particolare le televisioni berlusconiane – hanno guardato poco al Sud per far sviluppare un modello industriale, tipico delle zone del Nord Italia. Altro tema caro agli uomini del Carroccio, la cosiddetta Autonomia differenziata, una secessione tricolore, moneta di scambio per la poltrona di Palazzo Chigi per Giorgia Meloni.
Il Sud resta però il baluardo dell'Europa, e in special modo l'isola di Lampedusa – ma anche alcuni porti siciliani e calabresi – per l'approdo dei migranti. Uomini, donne e bambini che bussano alle porte del vecchio continente, per scappare da fame, desolazione, guerre e che approdano sulle nostre coste, quale primo lembo di un possibile Paradiso. Il libro di Francesco Capocasale è uno stimolo per capire il nostro appena ieri, ma anche per guardare con maggior consapevolezza l'oggi della storia. Articoli già apparsi su quotidiani e periodici ci richiamano a non stare alla finestra, ma a sporcarci le mani, per poter consegnare alle nuove generazioni la nostra terra: bella, feconda e attrattiva.