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Da dea a brutta vecchina: ecco la vera storia della Befana che quasi nessuno conosce

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La Befana fino al quarto secolo era una Dea, solo successivamente si è trasformata in una simpatica, ma bruttissima vecchina, distributrice di doni e leccornie. Chi lo avrebbe mai detto?

La figura è stata ideata dagli antichi romani, i quali immaginavano che dopo il Natale i campi fossero sorvolati da una donna volante, nell’atto di elargire cibo e ricchezza agli esseri umani. Secondo alcuni si trattava della dea Diana, associata alla luna e alla caccia, mentre per altri era Sàtia, la dea della sazietà, o Abùndia, la dea dell’abbondanza.

Come ha fatto quindi una dea a trasformarsi in una vecchia vestita di stracci?

A partire dal IV secolo d.C., la Chiesa Cattolica mise al bando qualsiasi celebrazione di tipo pagano, rimpiazzandola con riti cristiani. Per ridimensionare la figura della Befana, la divinità venne sostituita da una sorta di strega brutta e anziana.

Questa vecchina, infatti, rappresenta l’anno appena trascorso, e le sue fattezze poco piacevoli sono il simbolo di tutti gli eventi negativi del passato.

Anche il fatto che la Befana voli in sella ad una scopa non è affatto casuale. Al contrario, indica metaforicamente il gesto di spazzare via i brutti momenti dell’anno concluso. Proprio per questo la Befana diventa spesso una “vittima sacrificale”: in molte città si usa costruire dei fantocci vestiti con degli stracci, per poi dare loro fuoco, liberandosi in maniera definitiva del passato.

Anche la calza è un importante simbolo metaforico. In termini pratici, serviva per conservare i frutti del raccolto in vista del nuovo anno e come indumento. In passato, però, il suo contenuto – compreso il carbone – era sempre ben gradito. Fu la chiesa, infatti, a renderlo un elemento negativo, identificandolo come punizione per i bambini che non si erano comportati bene. In precedenza, invece, il carbone serviva a celebrare l’arrivo del nuovo anno e il rinnovamento della stagione.

L’Epifania ricorda anche l’arrivo dei Re Magi guidati dalla stella cometa alla grotta di Gesù. Come i Re Magi portarono dei doni, così si rinnova la festa ogni anno con i doni per i più piccoli. La vecchietta brutta ma buona che vola su una scopa e porta i doni ai bimbi buoni e dolcetti nella calza o cenere e carbone ai bimbi cattivi!

Un antico racconto vuole che i Re Magi chiesero indicazioni ad una vecchia lungo il loro cammino verso la grotta di Betlemme e le chiesero di accompagnarli. La vecchietta si rifiutò, ma poi, pentitasi, si mise in cammino per cercarli, bussando ad ogni porta e donando dei dolcetti a tutti bimbi, nel dubbio che ogni bimbo potesse essere Gesù!

L’Epifania tutte le feste porta via in ogni caso non è l’unica cosa, per quanto vera, a ricordarci la data del sei gennaio.

Un ulteriore ricordo riguarda la credenza popolare degli animali che parlano tra di loro per raccontarsi come vengono trattati dai propri padroni e, se trattati male, lanciare anatemi e maledizioni.

“La Notte della Befana nella stalla parlano l’Asino, il Bove e la Cavalla” è un antico proverbio diffuso in tutta Italia ma soprattutto in Calabria. Ecco cosa significa e cosa si narra in proposito.

Secondo il proverbio, non solo gli animali della fattoria, ma anche quelli domestici (cani, gatti, volatili) se sono stati trattati male, possono addirittura maledire i padroni. Ovviamente gli umani (e quindi anche i padroni) non possono e non devono assolutamente ascoltare queste “magiche” conversazioni altrimenti la sfortuna è pronta a colpire.

Un’ultima annotazione riguarda coloro che hanno una certa età: la Befana esiste praticamente da sempre, mentre Babbo Natale è relativamente giovane, almeno alle nostre latitudini. Fino agli anni ’60 del secolo scorso, a queste latitudini, il vecchio con la barba bianca, vestito di rosso era praticamente sconosciuto a tanti. Ora si fanno concorrenza a chi porta i regali più graditi, ma nonostante la vecchia sia brutta e con le scarpe rotte, i bambini si affezionano di più a lei.

Gino Campana
Autore: Gino Campana

Ex sindacalista, giornalista, saggista e patrocinatore culturale. Nel 2006 viene eletto segretario generale regionale del Sindacato UIL che rappresenta i lavoratori Elettrici, della chimica, i gasisti, acquedottisti e tessili ed ha fatto parte dell’esecutivo nazionale. È stato presidente dell’ARCA territoriale, l’Associazione Culturale e sportiva dei lavoratori elettrici, vice presidente di quella regionale e membro dell’esecutivo nazionale. La sua carriera giornalistica inizia sin da ragazzo, dal giornalino parrocchiale: successivamente ha scritto per la Provincia Cosentina e per il periodico locale La Voce. Ha curato, inoltre, servizi di approfondimento e di carattere sociale per l’emittente locale Tele A 57 e ad oggi fa parte del Circolo della Stampa Pollino Sibaritide