Politiche 2022, il Partito democratico a Corigliano-Rossano si è schiantato contro un muro di ipocrisia
Mentre tutti si chiedono che fine abbiano fatto i “pacchetti di voti” dei colonnelli e degli “stasiani”, la sinistra sparisce dalle fasce popolari. Ed emerge una certezza: in città più che altrove questo partito richiede una rivoluzione radicale

CORIGLIANO-ROSSANO – Il Partito democratico nelle ultime elezioni politiche a Corigliano-Rossano è andato a sbattere contro quel muro di ipocrisia che gli stessi dem jonici hanno creato dal 2019 ad oggi. È un partito che di fatto non esiste più, ancora una volta relegato a percentuali misere, ferme, cementate sotto il 10%. Certo, la sconfitta era in conto. Il vento di destra era forte ma si poteva perdere con più onore. Magari dando un segnale forte di quel rinnovamento che i dem in città dicono di aver innescato proprio durante l’estate scorsa. Se queste, però, sono le premesse c’è poco da stare sereni.
Partiamo da un dato generale, in Italia e quindi anche a Corigliano-Rossano, il Pd, dunque, la sinistra, continua a rimanere ai margini delle fasce popolari. Quello che un tempo era l’humus delle politiche democratiche e riformiste oggi è diventato terreno fertile delle destre che – evidentemente – sanno meglio parlare agli operai, agli indigenti, ai disoccupati, agli emarginati. I voti riscossi dai democrat nei quartieri popolari e nei centri storici della terza città della Calabria sono la cartina di tornasole di questo stato di cose: poco più di 600 preferenze contro le oltre 1.200 ottenute solamente da Fratelli d’Italia che se si sommano a quelli presi dall’intero centro destra e dal Movimento 5 Stelle creano un burrone tra il mondo dem e quello reale, della gente.
Tutto questo - la condizione sociale in cui si è ritrovato il Pd a livello nazionale che negli ultimi 10 anni ha snaturato la sua essenza politica - però, non basta a giustificare la debacle elettorale (l’ennesima) dei dem a Corigliano-Rossano. No, perché oggi in molti si chiedono che fine abbiano fatto i portatori di voti, quelli che - è risaputo - gestiscono pacchetti di consenso e che da sempre sono la forza motore del partito a Corigliano-Rossano. Spariti anche loro.
Venuto meno l’impegno di Aldo Zagarese che a quindici giorni dalle elezioni si era tirato fuori dal partito, dimettendosi persino dalla carica di capogruppo in Consiglio comunale e dal gruppo in Consiglio provinciale, cosa resta dei maggiorenti Pd? Dove sono i voti dei Consiglieri comunali (vecchi e nuovi) che hanno aderito o si ispirano all'area democratica e che dal Pd hanno sempre e comunque attinto? Dove sono gli “operai dietro le quinte” che hanno sempre detenuto quesi famosi pacchetti di voti?
Ma soprattutto – ed è questa la domanda che corre e ricorre negli ambienti del centro sinistra – dove sono i voti dell’area che fa riferimento al sindaco Stasi? Quella che è stata ago della bilancia alle ultime fasi congressuali del partito in città, capovolgendo un esito che sembrava già scritto. Quella che sembrava fosse pronta a innescare una vera e propria rivoluzione interna al partito di Letta e addirittura riscrivere la storia locale (e non solo) del partito. Quella che aveva fatto “un patto col diavolo” pur di garantire un sostegno ufficiale del Partito Democratico alla ricandidatura di Flavio Stasi alle prossime comunali (nonostante la grande offesa delle provinciali!).
Possibile che il Partito Democratico a Corigliano-Rossano, in una città dove vivono 80mila persone e ne gravitano 150mila, valga all’incirca 2000 voti e poco più del 9%? Crediamo di no. E in parte lo pure speriamo che non sia così, perché altrimenti ogni sfida elettorale da qui e per i prossimi (infiniti) anni sarà una “battaglia” impari, con la possibilità sempre più concreta che il populismo del Movimento 5 Stelle si istituzionalizzi e soppianti definitivamente una forza che, in fondo, porta con sé ideali e valori.
Proviamo a suggerire una soluzione, dirompente e probabilmente dissacrante della liturgia politica perbenista: chiudete l’impalcato del Pd a Co-Ro, sciogliete segreterie e direttivi, lasciate in piedi solo la formazione dei Giovani Democratici e affidate loro la guida del partito. Perché in quei giovani che abbiamo visto all’opera da ultimo nelle Feste dell’Unità e nel dibattito elettorale sembra esserci molta più convinzione e militanza di quanta abbia caratterizzato gli ambienti dem cittadini negli ultimi 30 anni.