La Sibaritide al centro di 600 milioni di euro (annui) di export
La SS106 completerà l’istmo infrastrutturale del Sud Italia che unirà le due dorsali autostradali del Paese. C’è un’ottima notizia: i sindaci del nord-est stanno capendo le potenzialità del territorio e il valore di ragionare insieme
Si torna a parlare di infrastrutture, e questa volta – si spera – con serietà, visione e prospettiva. Aeroporto della Sibaritide, ferrovia veloce, porto di Corigliano-Rossano, collegamenti interni: non più titoli isolati di un libro mai scritto, ma capitoli di una stessa storia che il Nord-Est della Calabria può finalmente raccontare con voce unita, forte e consapevole.
E in questo solco si colloca l’appello al dialogo lanciato dal sindaco di Trebisacce, Franco Mundo, e subito raccolto dai colleghi Giampaolo Iacobini (Cassano Ionio) e Domenico Lo Polito (Castrovillari) e al quale – ne siamo certi – non mancherà il contributo del sindaco di Flavio Stasi, sindaco di Corigliano-Rossano, la città chiamata a fare da traino a questo grande processo di “rivendicazione giusta”.
È il segnale politico che mancava: la volontà di costruire insieme una visione di sviluppo territoriale concreta, fondata su infrastrutture, lavoro ed economia reale. Un approccio nuovo, magno-greco, dove la forza non sta nella singola polis ma nel sistema di comunità che si riconoscono in un progetto comune.
Ecco perché, se c’è un tempo per far decollare la Sibaritide, il tempo è questo. Oggi la vera sfida non è solo quella di ottenere opere, ma di saperle mettere a sistema. E l’obiettivo, quindi, deve essere la costruzione di un grande sistema logistico integrato del Nord-Est calabrese a servizio dell’agroalimentare e della produttività Made in Sud. Non un’idea campata in aria ma una visione che parte da premesse forti scritte, dettate, programmate nella Rete dei Distretti Agroalimentari del Sud Peninsulare e – ancor prima – nel Distretto Agroalimentare di Qualità di Sibari del lontano 2007. Tutte cose rimaste sulla carta, in attesa delle infrastrutture primarie.
Perché la verità è che qui, nella Piana di Sibari, non manca nulla per dare vita alla più grande rivoluzione industriale sostenibile che il Meridione abbia mai conosciuto.
Il punto di leva di questa trasformazione – lo diciamo da sempre - è la SS106 Jonica, con il Megalotto 3 da 1,3 miliardi di euro (e l’avvio dell’ammodernamento a sud di Sibari), che completerà l’istmo infrastrutturale del Sud: il corridoio che unirà, per la prima volta, la A2 del Mediterraneo con la A14 adriatica.
Quando questa arteria sarà pienamente in esercizio, il territorio dovrà scegliere se restare solo una terra di passaggio o diventare un punto di approdo nel cuore del Mezzogiorno e del Mediterraneo.
È una scelta che dipende da noi. Solo da noi e dal nostro modo di vedere e intendere le cose: essere un bacino demografico da portare come dote a questo o quel territorio, oppure far leva sulle gigantesche potenzialità produttive e geografiche di cui gode la Sibaritide. A proposito, fa bene ricordare a tutti che il Nord-est della Calabria è l’unico territorio calabrese che può dialogare agevolmente con tre regioni del Sud Italia (Basilicata, Campania e Puglia), grazie alle strade.
La nuova SS106, dicevamo, e i flussi decuplicati che ne deriveranno (secondo le prospettive tracciate da ANAS) è la chiave che consente di attivare e/o riattivare tutti gli altri snodi strategici: dal nodo ferroviario di Tarsia all’aeroporto di Sibari, fino allo sviluppo del porto di Corigliano. In nessun altro punto del Mezzogiorno questi tre “mondi” — porto, ferrovia e autostrada — si raccordano in un raggio così breve.
Ecco, dunque, la necessità di una regia che li faccia dialogare, una governance territoriale condivisa che trasformi la geografia in strategia.
Non sono fantasie. I numeri contestuali raccontano la potenzialità di questo territorio meglio di qualsiasi slogan, meglio di qualsiasi tesi o antitesi: nel raggio di 60 chilometri – tra le province di Cosenza e Matera – si producono oltre 500 mila tonnellate di derrate agricole all’anno, per un valore che supera i 600 milioni di euro di export (fonte ISTAT–COEWEB 2023). Solo che il 90% di queste merci viaggia su gomma, con costi logistici fino al 25% superiori alla media nazionale.
È un fiume di ricchezza che scorre via, lasciando per strada – è proprio il caso di dire - un pezzo importante del suo valore aggiunto.
Una piattaforma intermodale e una piastra del freddo ridurrebbero i costi di movimentazione del 20% e gli sprechi del 30% (dati ISMEA e CNR Bari). Tradotto: si produrrebbero oltre 100 milioni di euro di valore aggiunto l’anno solo per la filiera agroalimentare. Perché non intercettare questo flusso economico e metterlo a sistema proprio nella nostra piana del nord-est?
Anche perché questi numeri sono destinati a quadruplicare con l’apertura dei 32 chilometri a doppia corsia della Sibari–Roseto, che intercetteranno il grande corridoio est–ovest del Sud Italia. È così che dentro questa visione trova pieno senso anche l’idea dell’hub aeroportuale cargo di Sibari: una struttura capace di movimentare fino a 20 mila tonnellate annue di prodotti deperibili, integrata in un sistema già funzionante di porto, ferrovia e viabilità veloce.
Non è utopia. È la naturale evoluzione di un territorio che produce, esporta e deve poter muoversi. Chi parla di sogni ignora la geografia. E la geografia dice che la Sibaritide, lo ricordiamo ancora, è il punto d’incontro di quattro regioni e delle due principali dorsali autostradali del Paese.
È la cerniera naturale dell’Italia meridionale.
Ora serve solo una cosa: mettere insieme le forze. Occorre rivendicare tutto quello che c’è da rivendicare nel solco di una vera e propria dottrina Gromyco. Perché la vera scommessa non è solo avere, ottenere, conquistare e costruire nuove infrastrutture, ma dimostrare la loro utilità. Perché anche un quarto aeroporto si potrebbe aprire in Calabria se solo si facesse capire che non servirebbe per la limitata quanto scontata “continuità territoriale” ma per produrre economia attraverso l’export di almeno una metà delle derrate agroalimentari di qualità che vengono prodotte al Sud.
Un dato (l’ennesimo) su tutti per far capire il valore di questi numeri e di questa nuova visione: nella Sibaritide c’è un’azienda giapponese (ne avevamo parlato qui) che ogni anno lavora 6.000 tonnellate di ortaggi calabresi, li surgela e poi li invia nei Paesi del Sol Levante, prevalentemente via navi (che partono perlopiù dal porto di Salerno!). Stiamo parlando di una piccola nicchia di mercato che però produce grandissimi numeri.
Pensate cosa significherebbe offrire a questa azienda e a tantissime altre che potrebbero svilupparsi o che già ci sono ma sono limitate nella loro potenzialità, una piattaforma logistica di incameramento, stoccaggio e trasporto merci a Sibari, nel punto in cui convergono due autostrade, due linee ferroviarie, un porto in disuso e con essi anche un futuribile aeroporto merci… Anche il disegnino per i bambini diventa superfluo a far capire l’ovvietà di una programmazione strategica quanto necessaria che va solo messa a terra. Perché il futuro della Calabria del nord-est non si costruisce ridisegnando nuovi confini, ma realizzando nuove connessioni.