Mentre qui festeggiamo, da Casablanca partono gli aerei cargo di “simil-clementine”
La Regina d'Autunno della Sibaritide sta perdendo la guerra mentre noi continuiamo a crogiolarci tra pailette, cotillon e... chiacchiere!
Mentre a Corigliano-Rossano si celebra con convinta enfasi la “regina d’autunno”, la Clementina IGP della Piana di Sibari – prodotto realmente irripetibile al mondo per dolcezza, equilibrio, memoria organolettica e identità territoriale – dall’altra parte del Mediterraneo, all’aeroporto cargo internazionale di Casablanca Mohammed V e al porto di Tangeri, non c’è né folklore né retorica stagionale: ci sono pallet di mandarini (simil-clementine) che vengono caricati; contratti che vengono chiusi; milioni di euro che partono verso l’Europa e oltre. Lì, nessuno sta aspettando la benedizione istituzionale o la foto di gruppo: stanno operando, scientificamente, industrialmente, strutturalmente.
Qui, viceversa, stiamo rischiando per l’ennesima volta di vedere le clementine rimanere letteralmente sugli alberi, perché la GDO, anche quest'anno, ha deciso di offrire un prezzo che non copre nemmeno i costi vivi di produzione, e mentre questo accade, una fetta del sistema continua irresponsabilmente a spendere energie su passerelle e celebrazioni, anziché pretendere infrastrutture, potere negoziale e un modello organizzativo da economia adulta.
Ed è persino più grave dover constatare che altri Paesi – Marocco, Spagna, perfino Israele – stanno ormai immettendo sul mercato varietà come la Nadorcott, coltivata nelle aree di Agadir e Marrakech, pronte a essere vendute come prodotto mediterraneo di qualità, molto spesso camuffate da prodotto Made in Calabria e persino con la colpevole complicità di qualche OP locale disposta a mescolare, tagliare, ibridare pur di fare massa critica, danneggiando irreversibilmente l’identità stessa della nostra IGP.
È tutto qui, ed è drammaticamente semplice: manca l’ABC dell’organizzazione: un Consorzio che ancora subisce i prezzi, invece di imporli; produttori che, troppo spesso, ancora si fanno concorrenza tra loro anziché presentarsi compattamente come blocco strategico; istituzioni che finanziano sagre ed eventi, ma che non hanno ancora progettato – e imposto – una piattaforma logistica reale, fisica, connessa, nazionale e internazionale, dedicata all’agroalimentare calabrese e localizzata dove deve stare: nella Sibaritide, nell'istmo intermodale naturale del Mezzogiorno.
Altrove, questo esiste già. L'esempio più forte, storicizzato, funzionante si chiama Val di Non. Un’area che detta i prezzi delle mele a tutta Europa; un sistema cooperativo in cui chi non rispetta la linea viene escluso automaticamente; un brand che non subisce il mercato: lo domina.
Non è un miracolo, è organizzazione. Quella che qui, oggi, ancora manca del tutto.
E prima ancora della logistica, va detto con esplicita fermezza: bisogna restringere – finalmente – l’areale della IGP alla sola Sibaritide, dove la clementina è geneticamente unica, non ovunque in Calabria. Ecco perché per prima cosa, con coraggio, bisognerebbe smettere di falsare la carta geografica e assumersi la responsabilità di costruire una filiera forte, incontestabile, difendibile partendo proprio da dove il prodotto è più forte e irreplicabile.
Perché la verità, oggi, non è semplicemente preoccupante: è inaccettabile. Mentre noi ancora inseguiamo cerimonie e scenografie, gli altri stanno costruendo imprese, presidiano i mercati, saturano gli slot aerei e navali, entrano stabilmente nei buyer center europei, si inseriscono nei flussi logistici del Mediterraneo e dell’Africa occidentale. E ogni giorno che perdiamo, è terreno che non recupereremo mai più.
Chi non ha la lucidità e il coraggio di dirlo e di agire adesso, è corresponsabile dello smantellamento progressivo della nostra unica vera eccellenza globale. Il tempo delle scuse è finito. Chi oggi non sceglie, sta già perdendo. Chi oggi non agisce, è già complice.