Un giorno per ricordare chi non c'è più. Ci sarà tempo per le luci di Natale
Il ricordo spesso fa male e la tristezza fa paura, ma io temo di più un mondo in cui ci dev'essere sempre e solo spazio per la festa e lo sfarzo a tutti i costi. Accettiamo che esiste anche il dolore
Ti capita qualcosa di bello, sei al settimo cielo e, appena rientrato a casa, pensi immediatamente di fargli una telefonata per poter raccontare tutto e condividere la tua gioia. Poi ti sale un nodo alla gola. Non puoi fare quella telefonata, perché lui/lei non c'è più.
Sono sicura che vi sarà capitato almeno una volta nella vita di aver provato questa sensazione di smarrimento. Pochi secondi in cui il vostro cervello vi ha ingannati e avete pensato di avere ancora, lì con voi, quella persona cara. Poi la realtà vi è piombata addosso e il sorriso che avevate stampato in faccia si è incrinato irrimediabilmente. Esiste un prima e un dopo… e dopo quella perdita in ogni traguardo conquistato, in ogni attimo di felicità vissuto c'è sempre un po' del retrogusto amaro per quella assenza.
C'è un modo, però, per andare avanti con più serenità. Non le potete più chiedere consiglio, ma in qualche modo sapete cosa vi avrebbe suggerito di fare. Non la potete più stringere al petto, ma ne sentite la vicinanza e ogni tanto vi pare di scorgerla nei vostri stessi gesti, nelle vostre parole o in quelle di chi amate. La vita finisce, ma l'amore resta.
In fondo, come dice Sant'Agostino, «la morte non è niente». Allora proviamo a leggere le parole di questo grande santo, come se fossero pronunciate da chi abbiamo perso: «La morte non è niente. Sono solamente passato dall'altra parte: è come fossi nascosto nella stanza accanto. Io sono sempre io e tu sei sempre tu. Quello che eravamo prima l'uno per l'altro lo siamo ancora. Chiamami con il nome che mi hai sempre dato, che ti è familiare; parlami nello stesso modo affettuoso che hai sempre usato. Non cambiare tono di voce, non assumere un'aria solenne o triste. Continua a ridere di quello che ci faceva ridere, di quelle piccole cose che tanto ci piacevano quando eravamo insieme. Prega, sorridi, pensami! Il mio nome sia sempre la parola familiare di prima: pronuncialo senza la minima traccia d'ombra o di tristezza. La nostra vita conserva tutto il significato che ha sempre avuto: è la stessa di prima, c'è una continuità che non si spezza. Perché dovrei essere fuori dai tuoi pensieri e dalla tua mente, solo perché sono fuori dalla tua vista? Non sono lontano, sono dall'altra parte, proprio dietro l'angolo. Rassicurati, va tutto bene. Ritroverai il mio cuore, ne ritroverai la tenerezza purificata. Asciuga le tue lacrime e non piangere, se mi ami: il tuo sorriso è la mia pace».
Tutti portiamo nel cuore il ricordo di qualcuno che ci ha lasciati troppo presto. Novembre è il mese giusto per ricordare, pregare (per chi crede) e continuare ad amare. Per questo, secondo me, stride la vetrina luccicante e natalizia addobbata già a metà ottobre. In questo periodo è più facile trovare una pallina per l'albero di Natale, che un lumino da accendere al camposanto.
La frenesia degli ultimi anni ha cancellato il ruolo che novembre si era ritagliato nella tradizione. Il "mese dei morti" si è trasformato nel mese delle "offerte imperdibili", nella corsa prematura ai regali, nel consumismo sfrenato e a tutti i costi. Ne abbiamo davvero bisogno? Forse no. E se è ormai anacronistico pensare che per un mese intero si possano commemorare i defunti, allora dedichiamogli almeno un giorno di raccoglimento.
Il ricordo spesso fa male e la tristezza fa paura, ma io temo di più un mondo in cui ci dev'essere sempre e solo spazio per la festa e lo sfarzo a tutti i costi. Accettiamo che esiste il dolore. Accettiamo che le foglie secche decorino i nostri viali; ci sarà tempo per le lucine dorate.