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La rivolta delle Chelandie: quando i rossanesi costruirono (e poi incendiarono) la flotta dell'Imperatore

3 minuti di lettura

Nel βίος di San Nilo (capitoli 60, 61, 62) l’autore racconta di un episodio rivoltoso di cui si resero protagonisti gli abitanti di Rossano: la distruzione, da parte degli stessi, di una flotta navale allestita per ordine del Mágistros Niceforo che avvenne, secondo Germano Giovanelli, nel 976.

di Giovanni Russo

Durante il corso del IX secolo, l’impero bizantino, che vide cadere l’intera Sicilia nelle mani dei musulmani, riuscì a riconquistare contemporaneamente ampi territori delle attuali regioni di Calabria, Lucania e Puglia, da lungo tempo ricadenti sotto il dominio dei principi longobardi di Benevento e di Salerno.

In Calabria, nell’876, con la riconquista dei territori longobardi a Nord e ad Ovest dei fiumi Savuto e Crati, la città di Rossano, fino a quel momento, ultimo e più importante avamposto bizantino, divenne capitale di una regione allargatasi a dismisura. L’imperatore Niceforo Foca, affidò al suo omonimo «Mágistros», il compito di governare entrambi (ἀμφοτέρων) i Temi di Calabria, che, pur continuando a portare il nome di Tema di Sicilia (Σικελία), comprendeva la Puglia, la Terra d’Otranto e quasi interamente la Calabria[1],  e di Longobardia o d’Italia, comprendente la regione a nord dell’attuale Calabria e tutta la Lucania occidentale e orientale[2], riunendo, di fatto, nella persona del Mágistros Niceforo, la dignità di ben due strateghi[3]. Il Tema di Longobardia o di Italia, di fatto, si limitava alle terre settentrionali da poco sottratte ai Longobardi, ma avrebbe dovuto abbracciare anche le terre orientali, Materano e Salento, che, invece, restavano comprese nel Tema di Calabria.

L’espressione “Italia e Calabria”, molto in auge in questo contesto storico, è usata per far risaltare che la Calabria resta distinta dall’Italia, cioè dai Principati Longobardi. La troviamo, la prima volta al capitolo 53 del βίος di S. Nilo[4], lì dove l’”imperiale” Eufrasio è definito «Giudice d’Italia e di Calabria», giudice, cioè, dei due Temi di Longobardia e di Calabria.

Niceforo, assunto il governo dei due Temi con il titolo di Màgistros (μάγιστρος)[5], ordinò a tutte le città calabresi l’allestimento di una flotta di navi da guerra, le chelandie, con le quali scongiurare il pericolo di attacchi saraceni, rendere sicure le coste, grazie ad un loro costante pattugliamento e, eventualmente, tentare un attacco per rimpossessarsi della Sicilia[6].

Il βίος niliano ci dice, però, che gli abitanti di Rossano, in massa, “mal tollerando una tale imposizione e non avvezzi al duro servizio delle chelandie[7], una volta costruite le navi e sul punto di calarle in mare, le incendiarono dopo averne ucciso i capitani. L’episodio, già grave per l’eccidio causato, mosse ad ira ed indignazione il Màgistros che lo interpretò come un chiaro invito alla ribellione per gli abitanti delle altre città calabresi e, pertanto, minacciò una severa rappresaglia con condanne severissime contro i pur pentiti rossanesi.

Fu così che questi ultimi decisero di rivolgersi a Nilo che, all’epoca, presiedeva il monastero dei santi Adriano e Natalia, nei pressi dell’attuale cittadina di San Demetrio Corone.

La città di Rossano fu coinvolta nell’allestimento delle navi evidentemente perché non lontana dalle foreste della Sila, dove era facile rifornirsi di legname e di pece e, soprattutto, perché munita di un porto e di un cantiere navale.

Ma dove trovava ubicazione il porto di Rossano?

CONTINUA - Sabato 13 Aprile


[1] Giovanelli, S. Nilo…, cit., p. 168.

[2] Filippo Burgarella, Fondazione di città e costruzione di kastra: aspetti tecnici, in Filippo Burgarella e Anna Maria Ieraci Bio, La cultura scientifica e tecnica nell’Italia meridionale bizantina, Rubbettino, Soveria Mannelli 2006, pp. 193-205.

[3] Bréhier L., Le monde byzantin, les Institutions de l’Empire byzantin, Paris 1949, p. 211. Nella nuova divisione amministrativa creata dall’imperatore Niceforo Foca dopo la riconquista dell’Italia meridionale (986), i basileus bizantini avevano creato due Temi: di Calabria e di Longobardia, quest’ultimo detto anche d’Italia. Così, ad esempio lo definiscono Gustave Schlumberg, L’épopée Byzantine à la fin du dixième siècle, I-II, Hachette, Paris 1925, p. 403 e Ferdinand Chalandon, Histoire de la domination normande, A. Picard et fils, Paris 1907, c. I, p. 9 ss. Jules Gay, L’Italie Méridionale et l’EmpireByzantin, A. Picard et fils, Paris 1904, p. 347, scrive: «il motto “Italia” non si applica che all’antica Longobardia»

[4] Giovanelli, S. Nilo…, cit., p. 69.

[5] «Ἐκράτει ποτὲ ἀμφοτέρων τῶν χωρῶν, Ἰταλίας τε καὶ τῆς καθ' ἡμᾶς Καλαβρίας Νικηφόρος ὁ μάγιστρος·» (Il Mágistros Niceforo regnò su entrambi i paesi, l’Italia e la nostra Calabria), Germano Giovanelli, Βίος καί πολιτεία τού όσίου πατρός ήμών Νείλου τού Νέου, Grottaferrata 1972, p. 101.

[6] Le chelandie (dall’espressione grecobizantina Χελάνδιον, latinizzata chelandium, o chelandrium, chelindrum) erano delle caravelle snelle e veloci, che costituivano un naviglio leggero atto ad assalire e sconvolgere le navi nemiche.

[7] Giovanelli, S. Nilo…, cit., p. 76.

Redazione Eco dello Jonio
Autore: Redazione Eco dello Jonio

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