La storia di Teodoro Dionigi Mandatoriccio, il nobile duca rossanese amante del gusto, dell’arte e della musica
In questa prima parte della biografia, scritta da Carlino, scopriremo l’origine e la genealogia del mecenate che si ritrovò ad amministrare un vastissimo latifondo che dal Trionto arrivava al Nicà
Nel corso del XVI secolo, epoca del Viceregno spagnolo, durante il quale s’intensificò la frantumazione delle grandi proprietà terriere e l’inizio di un nuovo processo di feudalizzazione, nel territorio rossanese, grazie alle agiate condizioni economiche, manifestava la sua influente presenza la nobile casata dei Mandatoriccio. Giovan Michele Mandatoriccio (1570), figlio di Nicola, agente feudale dei domini della Sibaritide di Maria d’Aragona, e nipote del capostipite Michele, tutti astuti e facoltosi commercianti rossanesi, all’età di 23 anni, completati gli studi nel ramo della giurisprudenza e fresco di laurea in utroque iure, dopo essersi dato a Napoli alla bella vita, decise di ritornare a Rossano per continuare l’attività di famiglia attraverso cui riuscì a consolidare la posizione finanziaria e acquistare estesi territori feudali, Caloveto, Crosia, Calopezzati, Pietrapaola, che determinarono un notevole successo economico familiare, consentendogli, con siffatte credenziali, di entrare a far parte della 1ª Piazza dei Nobili di Rossano, nella quale erano già presenti le altre famiglie blasonate del tempo, «assumendo come insegna gentilizia un campo d’oro con fascia azzurra»1.
Nel 1588, Giovan Michele contrasse matrimonio con la cugina Vittoria Toscano, figlia del nobile Luca Matteo Toscano e Cardonia Sersale, dalla quale ottenne tre figli maschi Francesco, Teodoro e Ottavio, rinvigorendo anche quella familiarità di parentato già maturata precedentemente con il matrimonio tra la sorella Eleonora e Mario Toscano. Il 2 ottobre 1622 Giovan Michele concludeva la sua vita terrena e il suo patrimonio feudale passava così nelle mani del primo figlio Francesco Giovanni (1594), che non ebbe molta fortuna visto che a distanza di due anni dalla morte del padre, nel 1624 per una accidentale caduta da cavallo moriva senza lasciare eredi.
A succedergli il 13 febbraio 1625, secondo la linea di successione, nell’eredità feudale delle terre di Crosia, Caloveto, Calopezzati e Pietrapaola, fu suo fratello Teodoro Dionigi Mandatoriccio (1595), secondogenito di casa Mandatoriccio al quale Re Filippo IV, qualche mese più tardi, con “oportuno Privilegio mediante expedito Matrid 18 maii 1625”, gli conferiva il titolo di Duca di Crosia per sé e per i suoi “eredi et successores”, elevando così la Terra di Crosia in “Ducatus titulum et honorem”2. Di questo titolo riferisce il Pacichelli nell’Indice dei signori Titolati del Regno di Napoli3 e si trattava di un ducato e un feudo molto desiderati e contesi tra i più influenti del Regno.
Subentrato nei possedimenti feudali, Teodoro si ritrovò ad amministrare un vastissimo latifondo che dal Trionto arrivava al Nicà e comprendeva i feudi di Calopezzati, Caloveto, Pietrapaola, Crosia e Mirto. Da subito, attraverso una intelligente opera di utilizzazione e risistemazione, rese produttivi e remunerativi i territori ricavandone un interessante reddito. Intorno alla prima metà del 1600, verosimilmente nel 1634, Teodoro, 1° duca di Crosia fece costruire il Casale di Mandatoriccio con un suo Castello in territorio di Pietrapaola cui diede il suo cognome, come risulta dalle numerose testimonianze e documentazione che sostengono e riportano a quella data l’origine, la presenza e l’espansione del nuovo feudo di Mandatoriccio, quasi sempre segnalato come nuovo Casale di Mandatoriccio, formatosi anche per la presenza delle diverse componenti etniche e da subito divenuto importante luogo strategico per la transumanza. Con l’amministrazione di Teodoro il fatiscente Castello fu ristrutturato e restituito al passato splendore.
La costruzione della fortezza ebbe nel tempo funzioni di difesa e residenza prestandosi anche per accogliere gli abitanti di paesi limitrofi durante le incursioni saracene e offrendo rifugio ai tanti esuli danneggiati dai disastrosi terremoti che colpirono la Calabria cosentina nel 1636 e 16384.
Teodoro, non appena si stabilì nel nuovo Casale, cercò di incoraggiare le numerose attività legate soprattutto alla pastorizia, all’agricoltura e al commercio dei prodotti agricoli come olio, frumento; questo favorì l’incremento demografico della popolazione e fece crescere il numero degli abitanti della comunità, creando il trasferimento di interi fuochi da Pietrapaola a Mandatoriccio, tanto che, intorno alla fine del Seicento, Mandatoriccio già superava le mille unità abitative. L’aumento della popolazione rese persino indispensabile ampliare la chiesa collocata vicino alla fortezza. Questa ristrutturazione coincise anche con l’arrivo dei profughi terremotati che, portando con sè anche costumi e consuetudini, finirono per provocare anche la variazione del nome della Chiesa Madre di Mandatoriccio, che originariamente intitolata a san Nilo, fu chiamata dei SS. Apostoli Pietro e Paolo, denominazione che conserva tutt’ora5.
Di Teodoro, secondo quanto riportato dallo storico M. Falanga, sappiamo che durante il suo governo acquistò uno schiavo per ducati 100 come si evince dalla nota in calce: Teodoro Mandatoriccio, barone di Calopezzati, acquista per ducati 100 Alì Mamuti, schiavo di Salonicco. La compera viene effettuata tramite Giovanni Alfonso Gallina, Governatore della terra di Calopezzati. 22.3.16276.
Secondo quanto corrisponde alla Camera della Sommaria7, Teodoro durante la sua amministrazione feudale tra le diverse tasse pagava anche la tassa di 1.1 ducati come titolare di Zecca nella terra di Calopezzati e 3 ducati per la zecca di Pietrapaola. Si trattava di stabilimenti dove si producevano i pesi e le misure-campione cui dovevano attenersi i commercianti all’interno del ducato. Non sappiamo con precisione se coniasse anche monete o solo pesi e misure, ma avere la giurisdizione sulla zecca voleva dire anche godere del diritto di processare i falsari di monete e di pesi e misure.
Complicato secondo le diverse informazioni appare, invece, il legame matrimoniale di Teodoro. Quasi la generalità degli storici parla dell’unione di Teodoro con Giovanna Frezza, dama napoletana, figlia del cavaliere Andrea Frezza, da cui nacquero Francesco, 2° Duca di Crosia che sposò Caterina Rocca e Vittoria chiamata Tolla, poi terza Duchessa di Crosia futura moglie del Principe Giuseppe Ruggero Sambiase di Campana, senza fornire però elementi storici a supporto, quali possono essere i capitoli matrimoniali, gli atti notarili o documenti di archivio, in modo da avere un positivo riscontro a favore della loro tesi, mentre nelle pubblicazioni di altri storici non si riscontrano minimamente informazioni in tal senso, quindi si deve desumere che le notizie fornite sono originate solo ed esclusivamente da fonti letterarie cui le stesse si richiamano. Questo potrebbe essere argomento di ulteriore approfondimento e dibattito, in quanto Teodoro Mandatoriccio ebbe anche una seconda moglie, o – non si sa bene – una compagna, con la quale ha avuto una relazione extraconiugale.
Si trattò di Isabella Cotrona dalla quale Teodoro ebbe altre due figlie: Ippolita Mandatoriccio detta Popa andata in moglie a Giacinto Palopoli e Lucrezia Mandatoriccio sposatasi con Domenico Teutonico, signore di Taverna. Di queste due ultime figlie esistono prove inconfutabili riportate all’attenzione in secondo momento anche da M. Falanga8, prove che gli hanno permesso di rivedere anche la sua iniziale opinione sul matrimonio con la Frezza.
BIBLIOGRAFIA
1 U. Ferrari, Armerista Calabrese, Bassano del Grappa 1971, p. 41, in M. Falanga, Calabria Nobilissima, La nobile famiglia Mandatoriccio di Rossano (estratto), pp. 95-96, Anno XXXVIII (1986) N. 84-85, Edito 1989.
2 Cfr. M. Falanga, Calabria Nobilissima, La nobile famiglia Mandatoriccio di Rossano (estratto), Anno XXXVIII (1986) N. 84-85, Edito 1989, p. 98.
3 G. B. Pacichelli, Del Regno di Napoli in Prospettiva Diviso in Dodici provincie, Parte I, Michele Luigi Mutio, Napoli, 1703, p. 29.
4 Cfr. F. E. Carlino, Mandatoriccio Storia costumi e tradizioni, Ferrari Editore, Rossano, 2010, pp. 237, 274; Cfr. F. E. Carlino, Trame di continuità, I, Ferrari Editore, Rossano, 2013, pp. 175, 176.
5 Cfr. F. E. Carlino, Storia di un Feudo, Edizioni Imago Artis, Rossano, 2016, pp. 190-191.
6 Cfr. M. Falanga, Calopezzati. Memorie storiche e documenti, La Tecnografica, Bari, 1986, pp. 99-100 [ASC, Notaio Scavelli di Cosenza, Scheda del 22.3.1627, f. 186 r-v].
7 ASN, Camera della Sommaria, Nova situazione de pagamenti fiscali de carlini 42 à foco delle Provincie del regno di Napoli, et Adohi de Baroni, e Feudatari dal primo gennaro 1669 avanti, Regia Stampa Egidio Longo, Napoli 1670, pp. 312 e 318.
8 Cfr. M. Falanga, Calopezzati territorio, società e istituzioni (X-XIX sec.), p. 90. [(69) Ferrari Editore, Rossano, 2010. (…) I capitoli matrimoniali sono in ASC, Not. B. Durante, atto del 29.4.1655: “Matrimonium magnifici Hijacinti Palopolo cum Ippolita Mandatoricci”. I beni dotali di Ippolita sono: un giardino di agrumi, di olivi e di celsi nella terra di Crosia in località “Ariata”; ducati 50; un “vestito di riversino di fiancata verdone rasato, delle perle fine et sedici file di coralli”; il tutto lasciato per testamento ad Ippolita dalla duchessa Isabella Cotrona, sua madre; […] perle e coralli furono lasciati ad Ippolita, per testamento, da sua madre, Isabella Cotrona (69) (…)].