Un cammino di consapevolezza per la creazione di una nuova narrazione del Patire
Si è conclusa con successo di critica e partecipazione la due giorni di studio dedicata al complesso monastico del Patire. L'obiettivo è quello di scrivere una narrazione nuova, efficace, vera e coinvolgere di questo patrimonio che unisce Co-Ro
CORIGLIANO ROSSANO - «Se dovessi descrivere questo luogo direi che è un diamante dalle molteplici sfaccettature. E’ un’esperienza sensoriale, una vista ammaliante. Se penso al futuro, una visione. Qui alberga la bellezza lussureggiante della Sila Greca e sempre qui si riesce a cogliere quello che i romani chiamano genius loci (lo spirito dei luoghi) pervaso da un’aura di sacralità. Ecco perché non ho esitato a dare il mio contributo, perché questo luogo autentico – intanto strumento indispensabile per la crescita dell’intero territorio calabrese – merita di diventare patrimonio di tutti». Nell’incipit del direttore del Corriere della Calabria, Paola Militano, chiamata a moderare una sessione di “Patir: Identità, Patrimonio, Visioni”, sono contenuti tutti i temi e soprattutto le prospettive che hanno caratterizzato una due giorni di confronto organizzata dall’associazione Rossano Purpurea sull’Abbazia del Patire, complesso monastico basiliano risalente all’inizio del XII secolo.
Il riferimento successivo di Paola Militano è al territorio regionale nel suo complesso ed a scelte che spesso l’hanno tristemente segnato «di luoghi come questi – ha aggiunto il direttore del Corriere della Calabria – la nostra regione è ricca anche se decenni di speculazione edilizia, incuria e la mancanza della coscienza dei luoghi hanno contribuito altrove a deturpare coste e paesaggi. Un patrimonio da rigenerare».
Una traccia della Calabria come crocevia di popoli
D’altro canto l’abbazia del Patire, edificio bizantino-normanno, è uno di quei luoghi dove ragionare di storia e guardare al passato significa di converso aprire gli occhi verso il futuro. E’ un’evidenza visibile e stupendamente conservata della storia ed in particolare di secoli in cui la Calabria diventò vero e proprio crocevia, incontro e in parte scontro tra fedi, humus da cui germogliarono culture e stili di vita, territorio nel quale si susseguirono “genti” che si contendevano la dominazione, normanni, svevi, angioini e aragonesi.
All’inizio del percorso i bizantini, 5 secoli di storia che corrispondono ad una sorta di seconda epopea dopo quella magno-greca, “sopravvissuti” romani d’Oriente che chiusero la loro esperienza in Calabria lasciando suggestive e iconiche tracce della loro storia. A Rossano, patria del celebrato e ineguagliabile Codex, l’Abbazia del Patire è una delle tracce che possono essere lette ma anche orma che indica un possibile cammino.«Patir – dice la Presidente di Rossano Purpurea Alessandra Mazzei – è un evento partito quest’anno con l’obiettivo di trasformarsi in appuntamento stabile per essere officina di idee, confronto tra competenze professionali che si siedono attorno ad un tavolo per stabilire un punto di partenza per progettualità future che facciano bene al nostro territorio».
Cuteri: una vigna di speranza da piantare al Patire
Per l’archeologo Francesco Cuteri, tra i relatori della sessione, l’Abbazia del Patire «è un sito fortemente simbolico che ha un valore per l’oggi e per il futuro, ed è un valore che intanto riguarda Corigliano e Rossano, due comunità da pochissimo insieme. Come accadeva un tempo tra le comunità greche e le comunità indigene che per dialogare sceglievano un posto neutro ma sacro, l’Abbazia può essere il luogo autentico dell’incontro tra due centri urbani con la possibilità di ricucire le difficoltà che ci sono».
Altra vocazione dell’Abbazia per Cuteri «far dialogare ciò che viene da Oriente e ciò che viene da Occidente, del resto San Bartolomeo (fondatore del Monastero) è una figura che si presta benissimo a questo ruolo avendo assorbito tutta la tradizione bizantina, riconosce l’importanza degli insegnamenti di San Nilo, ma allo stesso tempo, si fa forte e accetta l’impegno, la sostanza economica che viene da Occidente, dai Normanni. Tutto si fonda qui, in un luogo che è il migliore cannocchiale che abbiamo per guardare lontano».
Poi l’altra proposta di Cuteri che rimanda e richiama le parole di Paolo Orsi in “Chiese basiliane della Calabria”, nel descrivere l’arrivo al Patire Orsi annota infatti che un tempo accanto al Monastero c’era un vigneto e ci ricorda che produceva un vino bianco frizzantino. Per Cuteri la vigna al Patire va piantata simbolicamente, con riguardo ai tralci e alla speranza, ma anche concretamente «questo luogo può ancora restituirci grappoli d’uva a testimonianza di un impegno e della volontà di andare avanti».
Bevilacqua: «Il Parco deve includere questi luoghi straordinari»
Altra proposta è arrivata dallo scrittore ed ambientalista Francesco Bevilacqua «il Patire è un gioiello del passato e come fecero altri monaci, ad esempio i camaldolesi che fecero i primi codici perla tutela del patrimonio naturale, anche i monaci italo-bizantini avevano una visione olistica di quella che è la vita. Oggi intorno a questo luogo ci sono i segni della riforestazione ma poco più in alto iniziano i pini, i le querce le castagne, c’è uno dei boschi monumentali più belli della Calabria con i castagni di Cozzo del Pesco, e poi ancora la vallata del Colognati che per caso o per volontà non è entrata a far parte del territorio del Parco Nazionale della Sila, come d’altro canto anche il sito dell’Abbazia ne è fuori. Sarebbe il caso – conclude e propone Bevilacqua – di avviare una riperimetrazione del Parco includendovi questi luoghi straordinari».