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Mendicino, incantevole realtà medioevale dell’hinterland cosentino

7 minuti di lettura

Il presente saggio, elaborato attraverso la rilettura di numerosi contributi storici provenienti da altri autori, che prima di me si sono occupati della storia di Mendicino, tende a mettere insieme in maniera più armoniosa e articolata quanto già noto, presente in diverse pubblicazioni alle quali non tutti accedono con facilità, ed è rivolto alla conoscenza e alla promozione del luogo.

Mendicino è una incantevole realtà medioevale della provincia di Cosenza non distante dal mare, un borgo delle Serre cosentine dal bellissimo centro storico a pochi chilometri dal Capoluogo il cui territorio è inserito in un ambiente naturale e paesistico di grande attrattiva. Le sue ricchezze storico-culturali si coniugano interamente con quelle artistiche e archeologiche possedute. Ancora oggi, mostra un generale patrimonio che si radica nella condizione sociale e culturale della stessa comunità capace di interpretare e testimoniare con fierezza ciò che nel tempo sono state le usanze, le tradizioni, i costumi, ma soprattutto il senso di appartenenza alla propria città.

Per raggiungerlo, da Cosenza, il manto stradale è accompagnato ai lati da una ricca vegetazione e da terreni ben lavorati sui quali si intravede prevalentemente la coltivazione della vite con i filari ben disposti e dell’ulivo che si alterna a frutteti, in particolare di fichi, e a terreni ben seminati. Lungo il tragitto, inoltre, non mancano, sparsi sulle amene colline circostanti, nobili esempi di antichi fabbricati rurali. Intorno, la natura dei suoi luoghi si caratterizza per alcuni precipizi rocciosi che si alternano a lussureggianti vallate e montagne molto verdeggianti.

Il paese, invece, mostra la sua bellezza fatta dalla peculiarità medievale del centro abitato costituente la parte antica costruita su un terreno ripido in salita sul quale scalano una dietro l’altra le diverse case, con sulla collina un’urbanizzazione composta prevalentemente da abitazioni piuttosto piccole e vicine le une alle altre tali da formare una serie di stradine che introducono spesso ad angoli e piccoli slarghi terrazzati. Una composizione che si alterna a un’architettura ottocentesca dei suoi palazzi dove a prevalere sono i materiali come la pietra e il ferro con i quali, nel tempo, sono state realizzate le scale e i balconi di non pochi palazzi tra cui quello molto noto dei Campagna De Gaudio. Oggi Mendicino grazie anche al suo incremento demografico è anche interessato da una considerevole sviluppo edilizio che continua a portare alla realizzazione di nuovi quartieri.

Riguardo al suo etimo non mancano le ipotesi secondo cui il nome deriverebbe dal termine monte poiché il suo nome risultava scritto come Monticino, ma non mancano le ipotesi secondo cui questo deriverebbe, invece, da quello di una famiglia cosentina dal nome Mendicino.

Anticamente faceva parte del Regno di Napoli nella provincia di Calabria Citeriore, Circondario di Cosenza, mandamento di Cerisano, inserito nella circoscrizione ecclesiastica della Diocesi di Cosenza di cui ancora continua a far parte, oggi, invece, è un Comune della Regione Calabria, nella Provincia di Cosenza, dall’aria pura, disposto geograficamente nella vallata del Torrente Caronte con il suo territorio nella parte meridionale del versante tirrenico, incastrato tra due colline degli Appennini a 500 m sul livello del mare con una notevole differenza altimetrica compresa tra 250m la minima e 1541 la massima. Si colloca, inoltre, alle pendici del monte Cocuzzo, un monte di oltre 1500 m facente parte della catena appenninica meridionale racchiusa tra il medesimo territorio di Mendicino e quello di Longobardi.

La superficie del suo territorio, alquanto irregolare nella forma, è di 35,31kmq sulla quale si dispone una popolazione complessiva di 9.517 abitanti di cui M 4.720 e F 4.797, dati aggiornati al Censimento del 2016, ed una densità abitativa di 269,5 abitanti per kmq. Fa parte della Comunità Montana Serre Cosentine, Regione Agraria n. 5 Versante Sud/Ovest della catena costiera, possiede alcune località e frazioni denominate Pasquali, Candelisi, Cappelli Inferiore, Cappelli Superiore, Merenzata, Chiati, Cozzo, Cozzo Superiore, Rosario, Rosario Superiore, Rosario Inferiore, Rizzuto, Rizzuto Inferiore, Rizzuto Superiore, San Bartolo, San Bartolo Sottano, Malangello, Ortale, San Paolo, Santa Croce, Santa Maria, Scavello, Scavello Superiore, Stilluzzo, Palagani, Palagani Inferiore, Palagani Superiore, Paparuzzo, Tivolille, Muoio, Pirillo, Ponte Carolei, Terredonniche, Veterale, Vutrone, e confina con i Comuni di Belmonte Calabro, Carolei, Castrolibero, Cerisano, Cosenza, Dipignano, Domanico, Fiumefreddo Bruzio, Lago, Longobardi.

Secondo le diverse informazioni storiche rintracciate, incerte sarebbero le sue origini. Il paese, però, secondo altre indicazioni, risulterebbe già esistente intorno al XII secolo. Ma cerchiamo di seguirne la sua evoluzione attraverso le note di alcuni scrittori, perché molti sono stati gli autori che nel tempo hanno argomentato su Mendicino evidenziandone tratti della sua storia.

Tra i primi, Sertorio Quattromani (1541-1607), scrittore e filosofo cosentino, seguace di Bernardino Telesio, presidente nel 1588 dell’Accademia Cosentina, che la inserì tra le antiche città enotrie col nome di Menecina oggi da molti ritenuta l'attuale Mendicino. Nel 1601, troviamo Girolamo Marafioti (1567-1626) da Polistena, sacerdote e teologo dell’Ordine dei Frati Minori, storico e umanista, il quale scriveva di Mendicino di una città tra le tante del Mediterraneo appellandola anche lui “Menecina” collocata vicino a Carolei dove scorre il fiume Busento, e ad altri paesi ancora come Donnici, Tessano, Dipignano, Paterno e Malito e più in là Altilia, Scigliano, Carpanzano e Rogliano e vicino alla Città di Cosenza dove s’incontrano molti castelli e abitazioni poste sotto il Governo della città. E lo stesso Marafioti non escludeva che Mendicino potesse essere stata riedificata dove vi era prima la vecchia città di Pandosia, una metropoli e una città regale abitata dagli Entrij, loro capitale, e attraversata dal fiume Acheronte molto celebrato dagli antichi scrittori 1.

Al riguardo di Pandosia, secondo le indicazioni ricavate dal sito comunale, Menecina venne annientata dai “Romani insieme con Pandosia, città che, secondo alcuni, doveva sorgere presso l'odierna contrada S. Michele. Dopo la distruzione di Menecina e di Pandosia, fu deciso di costruire una città, la seconda Mendicino, sul costone roccioso oggi chiamato Timpa Limena (località Micino Vecchio). La vita di questa nuova città fu però travagliata da continue invasioni e da movimenti tellurici, finché, tra il X e l'XI secolo fu saccheggiata e distrutta dai Saraceni. Gran parte della popolazione si sparse allora sull'intero territorio, il rimanente (prevalentemente artigiani) si concentrò sulla piccola collina rocciosa cuneiforme, oggi chiamata “Castello”. Sorse così il nucleo di case chiamata terza Mendicino, che, a poco a poco, si ingrandì verso ovest costituendo l'attuale centro urbano.

Scarse notizie si hanno circa l'evoluzione del paese nei secoli successivi; ne sembra che avvenimenti notevoli abbiano influito, in maniera determinante, sul naturale sviluppo del paese e sulle sue condizioni economiche, basate essenzialmente sulle attività agricole ed artigianali”2. Inoltre si aggiunge che le ricorrenti note storiche parlano di Micino Vecchio come di una estesa area archeologica nella quale secondo gli esperti sono presenti “stratificazioni di varie epoche storiche, con resti di mura di cinta alte quasi 5 metri”. [Cfr. 3.3 L’area archeologica di Mendicino Vecchio, in Comune di Mendicino PSC 2012 – Relazione storica. p. 9].  

Che la sua storia sia molto antica, lo testimoniano le presenze sul suo territorio di non pochi siti di origine paleolitica, come quelli presenti nella località appunto di Micino Vecchio e di Laurata e altri ancora disposti in prossimità degli argini dei fiumi o presenti in altre contrade del territorio. E non mancano, altresì, tracce di rinvenimenti archeologici di epoca greco e romana.

In seguito, un secolo dopo, nel 1703, a tramandarci qualche informazione, con una breve nota, fu lo storico romano e abate, Giovan Battista Pacichelli (1634-1695), secondo il quale facendo riferimento alle note dello Stefano e di Ecateo da Mileto, storico greco del V° sec a.C., scriveva che Mendicino si trovava più alta di Cosenza e aveva un territorio nel quale si producevano castagne e ottima seta. Era un paese tassato in quel tempo per 260 fuochi ed apparteneva al marchese della Valle Mendozza de Alarçon3.

Nel 1743 a tracciarne delle brevi note fu Giovanni Fiore da Cropani (1622-1683), storico e scrittore, appartenete all’Ordine dei Frati Minori Cappuccini, dal quale si apprende che nella Chiesa Santa Maria dei Martiri in Mendicino, Diocesi di Cosenza, per un lungo tempo questa venne amministrata dall’abate di Corazzo. La situazione venne messa in dubbio dall’allora arcivescovo Pirri di Cosenza, che posta la questione alla Chiesa di Roma, questa ne riconosceva le ragioni all’Ordine Florense di Corazzo, il quale in quel tempo andava moltiplicandosi allargandosi sul territorio con nuovi conventi e religiosi4.

Quasi alla fine del secolo, nel 1796, le informazioni si ricavano da un altro abate, Francesco Sacco, il quale facendo riferimento sempre ad Ecateo parlava di Mendicino come una Terra edificata dagli Enotrj nella quale erano presenti due Chiese Parrocchiali sotto i titoli di San Pietro e di San Nicola; un Convento dei Padri Domenicani e quattro Confraternite Laicali sotto l'invocazione del Rosario, di San Sebastiano, di Santa Caterina, e del Purgatorio. La sua popolazione il quel tempo era di duemila ottocento quarantasette abitanti posti sotto la cura spirituale di due Parroci5.

Mendicino nel tempo entrò, inoltre, nelle note dell’incisore Giuseppe Maria Alfano nel 1798, in quelle di L. Giustiniani nel 1802, di Ferdinando De Luca e Raffaele Mastriani nel 1852, di Attilio Zuccagni Orlandini nel 1861, di Amato Amati nel 1868, di Pietro Castiglioni nel 1872, di Salvatore Muzzi nel 1873 e di Edoardo Sonzogno nel 1876 dai quali si sono potute ricavare informazioni relative al territorio, alle produzioni, alla popolazione temi sui quali mi soffermerò più in avanti nella narrazione, oltre ad altri autori moderni non menzionati tra cui D. Canino, alla cui opera, nella speranza di rintracciarla, mi riserverò di attingere se necessario in un secondo momento.     

 

BIBLIOGRAFIA

[1] Cfr. G. MARAFIOTI, Cronache et antichità di Calabria, Istanza degli Uniti, Padova MDCI pp, 253, 267.

2 http://comune.mendicino.cs.it/il-nostro-comune/14-la-storia

3 Cfr. Abate Gio. Battista PACICHELLI, Del Regno di Napoli in prospettiva, Parte Seconda, Stamperia Dom. Ant. Parrino, Napoli 1703, p. 47.

4 Cfr. Giovanni FIORE da Cropani, Della Calabria Illustrata Opera varia Istorica, Tomo II, Stamperia di Domenico Roselli, Napoli MDCCXLIII, p. 378.

5 Cfr. Abate Francesco SACCO, Dizionario Geografico Istorico Fisico del Regno di Napoli, Tomo II, presso Vincenzo Flauto, Napoli MDCCXCVI, p. 206.

(foto fonte QuiCosenza)

Franco Emilio Carlino
Autore: Franco Emilio Carlino

Nasce nel 1950 a Mandatoriccio. Storico e documentarista è componente dell’Università Popolare di Rossano, socio della Deputazione di Storia Patria per la Calabria e socio corrispondente Accademia Cosentina. Numerosi i saggi dedicati a Mandatoriccio e a Rossano. Docente di Ed. Tecnica nella Scuola Media si impegna negli OO. CC. della Scuola ricoprendo la carica di Presidente del Distretto Scolastico n° 26 di Rossano e di componente nella Giunta Esecutiva. del Cons. Scol. Provinciale di Cosenza. Iscritto all’UCIIM svolge la funzione di Presidente della Sez. di Mirto-Rossano e di Presidente Provinciale di Cosenza, fondando le Sezioni di: Cassano, S.Marco Argentano e Lungro. Collabora con numerose testate, locali e nazionali occupandosi di temi legati alla scuola. Oggi in quiescenza coltiva la passione della ricerca storica e genealogica e si dedica allo studio delle tradizioni facendo ricorso anche alla terminologia dialettale, ulteriore fonte per la ricerca demologica e linguistica