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Da Paludi a Campana… un viaggio tra fede, tradizioni e leggende

13 minuti di lettura

IL DIARIO DI CHARLOTTE – Diario settimanale

Una terza settimana di viaggio molto particolare nella quale ho fatto cose che non avrei immaginato fare, come mungere una mucca, incontrare "l'ultimo dei briganti" a Longobucco, o coccolare una capra a Castiglione di Paludi. Tutte sotto un caldo soffocante. Però le ho fatte qua in Calabria, e ne sono tanto grata. Da Paludi a Campana, seguiteci nel racconto di questo viaggio fuori dal comune.

Tappa 11 – PALUDI, IL PAESE DEI BRETTII

La nostra prima tappa di questa terza settimana di viaggio inizia a Paludi, un paese della Sila Greca a pochi minuti da Rossano che sorge a 430 metri sopra il livello del mare e che offre uno sguardo sul passato.

In questa giornata di caldo intenso ho incontrato due belle persone del posto: Silvana Falco e Antonella Serpa, quest'ultima vicepresidente dell’associazione “A piedi liberi”, che ha a cuore la valorizzazione dei territori, soprattutto quelli delle aree interne. Insieme abbiamo visitato Castiglione di Paludi, il parco archeologico che racchiude un'antica città fortificata Brettia del IV secolo A.C., in uno stato di conservazione tra i migliori in Calabria. Alle 7 di mattina, l’aria era già di fuoco ed eravamo seguiti da una capra e un cucciolo. I Brettii erano un popolo di guerrieri autoctoni dell'alto Jonio, poi sottomessi dai romani. Un intelligente escamotage per sfuggire dal cocente sole, è stato visitare una grotta eremitica all'entrata del sito archeologico, scoperta nel 1824.

Dopo una rigenerante pausa al bar dalla giovane Ilaria, caratterizzato da un tetto creatosi dai rami intrecciati di un vigneto siamo andati in giro per il borgo attraversando le sue "vinelle" e "Camàra", sottopassaggi tra le case del paese. Ho incontrato una signora anziana dai capelli trecciati intorno al capo, quasi come una corona. Da sempre porta i capelli così e slegati sono incredibilmente lunghi.

Proseguendo il viaggio alla scoperta di questo borgo, ho incontrato il parroco della Chiesa Matrice di San Clemente che mi ha guidato all'interno di questo luogo sacro del XVI secolo. Qui si trova un altare molto particolare, voluto proprio dal parroco, fatto di pietra e legno, che con la sua forma moderna vuole simboleggiare la "Forza di Dio". Mi ha spiegato che «pensare un altare è come concepire il centro dell'universo».

Il fatto che abbia voluto disegnare interamente un nuovo altare mi ha toccata. Ha introdotto un elemento molto originale alla chiesa. Poi mi ha mostrato un secondo elemento importante: la cripta, dove avveniva la mummificazione che consisteva nel prendersi cura dei defunti nobili "seduti" su una sedia bucata mentre si purgano di tutti i loro fluidi corporali. Questa pratica è oggi vietata. La chiesa Santa Maria di Nazareth, purtroppo chiusa per il suo soffitto pericolante, offre invece un panorama mozzafiato. Si possono comunque ammirare i suoi affreschi ed il suo campanile esterno.

Ho pranzato all'agriturismo Colle dell'Unna, immerso tra gli ulivi che offre una magnifica vista su Paludi, tanto bella da far dimenticare il caldo al quale non sono ancora abituata, venendo dal nord della Francia. L'antipasto è stato abbondante e delizioso, composto da pietanze tipiche: melanzane ripiene, sardella, verdure alla “scapece”, peperoni e patate, trippa, seguito da un primo spettacolare di maccheroni fatti in casa e sugo con carne di vitello. Porzioni generose e prodotti a km zero, come ho potuto constatare parlando con Antonino Fonsi, socio dell'agriturismo.

Proseguendo ho avuto la fortuna di visitare la sua azienda agricola che produce formaggi e olio di oliva biologico e DOP. Una azienda che rispetta gli animali e le tradizioni agricole. Ho munto una capra e una mucca… ho rivelato ad Antonella che per me questo era come una rivincita sulla vita perché da piccola avevo rifiutato di mungere una mucca per paura del potente animale.

Anche i bambini possono provare a mungere una mucca dell'allevamento. Capire come sono ottenuti i prodotti che mangiamo ogni giorno è essenziale per un consumo responsabile. La Calabria è immersa in un quadro naturale ricchissimo e questo permette di poter portare avanti le tradizioni, e proporre prodotti di altissima qualità.

Pure essendo un paese limitrofo a Corigliano-Rossano, ho notato tante variazioni nel dialetto. Questo mi ha ricordato che un viaggio alla scoperta di cose nuove può iniziare anche a due passi dalla propria porta di casa. Basta guardare, non vedere; ascoltare, non sentire.

Tappa 12 – CROPALATI, IL PAESE DELLE CERAMICHE… E DELL’ACCOGLIENZA

Tra Paludi e Cropalati entrambi sui colli della Sila, troviamo la chiesa di Santa Maria ad Gruttam: un gioiello di pietra immerso nella natura, in località Pizzuti. Grazie alla mia guida Anna Maria Acri, ho potuto visitare questa chiesa del XVI secolo, divisa in due navate, che racchiude un segreto: è stata costruita a partire di una grotta ben più antica nella quale hanno vissuto i monaci. Come nella maggior parte degli edifici religiosi che ho visto in Calabria, sono tanti i misteri da svelare. Si vedono ad esempio sui muri dell'antica chiesa dei resti di affreschi che sembrano antichissimi. Il vestito della statua della Madonna, tra l’altro, è ricoperto durante la festa padronale, da dei nastrini rossi e blu che i fedeli donano per devozione.

Ho visitato la chiesa Madonna del Rosario e la Chiesa Madre, dalla facciata di un bianco quasi immacolato e che costituisce il punto più alto del borgo, infatti è possibile ammirarla da quasi ogni angolo e vicolo. L'importanza della devozione si capisce anche dal fatto che San Bernardino fu un discepolo di San Francesco di Paola. Nella chiesa Sant'Antonio Abate, si benedicevano gli animali domestici.

Cropalati è un borgo che domina il torrente Trionto, offrendone degli scorci davvero suggestivi. Ho deciso di chiamarlo il paese della ceramica perché lì è nata l'azienda Parilla che produce ceramiche artistiche molto particolari. Nel centro, tutte le insegne, nomi di vie, o addirittura alcune fontane sono decorate con delle mattonelle di ceramica colorate. In realtà, Cropalati si distingue dagli altri paesi proprio per la sua vena artistica, spinta in particolare da un sindaco e un’amministrazione giovane e dinamica.

Le cripte poste sotto al comune sono state rifatte e trasformate nel museo del cropalatese, è stato creato un “calendario storico” e il festival Contropendenze tra le vie del borgo. Tutto ciò per avvicinare i giovani alla cultura e all'arte. Poi avuto modo di conoscere molte persone cordiali: una signora, dopo avermi chiesto il necessario "a chi appartieni", mi ha spiegato che le donne del paese, dalle ragazze alle più anziane, hanno cucito all'uncinetto una stoffa colorata per avvolgere i cestini della spazzatura: Valorizzando ogni oggetto, dal più ordinario, e creando aggregazione e condivisione. Nel paese regna un’aria di familiarità e di convivialità.

Sono tornata poi a Cropalati per il bellissimo festival Contropendenze. Ma spero di tornarci anche per le altre feste del paese come la Mbrascata o la festa del cinghiale, eventi che prima del covid attiravano migliaia di persone.

Lasciando il paese, il sindaco Luigi Lettieri mi ha raccontato una leggenda sul tema dell'accoglienza: due viaggiatori arrivano a Cropalati, l'uno riceve cibo, l'altro fuoco. Il primo decide di non condividere il cibo e muore di freddo durante la notte. «Puoi sempre aver bisogno del tuo compagno di viaggio. Le chiusure fanno sempre male» mi ha detto sorridendo il sindaco. Una frase che racchiude il senso calabrese di accoglienza e generosità.

Ora era tempo di immergersi tra le montagne silanese, e di raggiungere Longobucco.

Tappa 13 – LONGOBUCCO, IL PAESE DEI TELAI E DELLE MINIERE

Come imparare la storia di un posto, se non da un suo abitante? Davide, sul terrazzo di un bar, mi ha raccontato che Longobucco, all'origine, era una città della Magna Grecia vicino al mare. Durante il conflitto tra Crotone e Sibari, quest'ultima perse la famosa battaglia che ha costretto Longobucco a ritirarsi nelle montagne della Sila. Oggi, è il comune con la superficie boschiva più estesa d'Italia. Famosa per le sue miniere d'argento, estratto dalla Magna Grecia (per creare le monete) fino al 1930, che ho avuto modo di percorrere la Via delle miniere e di vedere il volo dei pipistrelli nell'oscurità della grotta "argentata".

Le pietre che costituiscono il borgo sono scure e creano veramente un’atmosfera medievale. Guidata da Francesco Madeo, ho visitato il paese di Longobucco con il suo museo comunale, ex convento, dove le due guide mi hanno insegnato a cucire con il telaio tipico longobucchese. Questa arte tessile permette di realizzare coperte e altre opere disegnate finemente. Mi hanno spiegato la storia dei briganti di Longobucco, in particolare di Domenico Straface, detto il Palma, attivo nella resistenza contro il regno borbonico. Passeggiando con loro per i "viunedd ", ho incontrato Ottavio, "l'ultimo dei briganti", un personaggio dalla storia affascinante e dagli occhi tristi. Mentre ascoltavamo, seduti su una panchina davanti chiesa, la messa in onore di San Domenico, mi ha raccontato la sua vita isolata tra le montagne.

Ho visto poi la Chiesa madre che contiene la reliquia di San Domenico, un pezzo della calotta cranica. Sono stata fortunata nel trovarmi a Longobucco proprio il giorno prima della festa di San Domenico, Protettore della città, ed è stato un onore assistere ai riti tradizionali di questo evento. Ho seguito la processione in macchina con Francesco e la sua famiglia. Durante la cerimonia, ho constatato la fede radicata nei paesi italiani. Una scena surreale per me è stata vedere i preti in piedi sulla parte posteriore del pick up, tenendo la reliquia con una musica solenne, e circondati da auto che suonavano il claxon. Guidando per le strade, la gente ci salutava dai balconi, dove erano appese le coperte cucite con il telaio.

Nel paese, ho ammirato i fuochi pirotecnici, le luminarie sulla piazza principale e la musica classica. Il mio viaggio a Longobucco è stato anche segnato dall'amicizia: ho incontrato Domenico e Davide, due ragazzi del posto molto in gamba e legati al loro paese di origine, con i quali ho visto tutte le ultime cantine del paese, ascoltato aneddoti sulla cultura longobucchese come le "razze", i “soprannomi” dati a ogni famiglia e che servono come punto di riferimento sociale.

A Longobucco, il vino unisce. Soprattutto una volta quando il paese per due mesi rimase isolato dal resto della Calabria a causa la neve. Ho assaggiato un vino buonissimo nei bicchieri detti “Sciannachiieddi” e ho mangiato la migliore pasta della mia vita al ristorante “Il parco della Sila”. Fortunatamente è finito il tempo nel quale si diceva: “I maschi vanno in cantina, le donne a messa”.

Longobucco, soprattutto in questo periodo, è un posto vivo e pieno di giovani, e spero di tornarci.

Tappa 14 – BOCCHIGLIERO, IL PAESE DELLA PECE… E DI DOMENICO BERARDI

Tra le montagne Silane, un po’ più al sud di Longobucco, sorge Bocchigliero, un borgo antico ricco di leggende che mi hanno colpita profondamente. Come Longobucco, fu lasciato da una parte dei suoi abitanti nel XX secolo che si trasferirono sul mare a Mirto.

All'entrata del paese campeggia uno striscione impressionante: "Benvenuti a Bocchigliero, il paese di Domenico Berardi". Non possiamo non scattare qualche foto. Anche se la mia nazione è stata eliminata presto dal campionato europeo, mi sento anche io un po’ orgogliosa che uno dei più famosi calciatori della nazionale italiana di calcio fosse originario da Bocchigliero.

Guidata da Vittorio Paletta e da tre ragazzi del servizio civile, ho capito meglio le difficoltà e il modo di vivere contadino del 1800-1900 nel museo che racchiude attrezzi d'epoca. Mentre camminiamo, Vittorio mi parla della sua visione del mondo e soprattutto del rapporto dall’essere umano verso l’ambiente. Poi siamo arrivati nel centro storico: la Chiesa Madre di santa Maria Assunta del 1580 su Piazza del Popolo, e la Madonna de Jesù. Ma anche la chiesa San Francesco, San Leonardo, e San Rocco, il quale salvò il paese proteggendolo dalla peste. Il santuario della Madonna del Jesù ha una storia particolare: una suora sognò una notte la Madonna che voleva una chiesa tutta sua a Bocchigliero.

Un quadro che la rappresentava trovato in montagna scomparve allora dalla chiesa dov'era esposto. Un 5 agosto nevicò al posto dove la Madonna voleva la chiesa, e fu costruita là, dove il quadro comparse di nuovo.

Piena di leggende anche la Cascata del Piciaro sul fiume santa Croce. Guidati dalla giovane assessore Teresa Santoro e da Francesco Filipelli, appassionato autodidatta di Bocchigliero e pozzo di conoscenze del territorio, abbiamo camminato fino a questo luogo incantevole, dove scorre tra le pietre bianche un fiume all'acqua trasparente fino a una cascata di almeno 5 metri di altezza. Un paesaggio e un suono stupendi. Francesco mi ha raccontato la leggenda di questa coppia trasformata in uccelli per la loro avidità. Avendo scritto una sceneggiatura che illustra questa leggenda, spera un giorno di poter realizzarne un film. La sua creatività è originale e si nutre del suo affetto per Bocchigliero e delle storie ascoltate sin dall’infanzia.

Un posto così bello e piacevole che ne dimentichiamo quasi che queste montagne furono un luogo di duro lavoro per la raccolta della pece, questa sostanza raccolta dal tronco degli alberi come i pini d'Aleppo e che serviva sia in ambito medicinale (per disinfettare le piaghe) sia domestico (per produrre luce). Gli abitanti di Bocchigliero sembrano di avere la resilienza nel DNA : prima di potersi sposare, le ragazze bocchiglierese dovevano portare del legno dal monte Basilicò una delle montagne circondando il paese, sulla testa.

I sacrifici li fecero anche coloro i quali scelsero di andare via nel 1900' per lavoro, lasciando amici e famiglia. Tra questi, Carmine Greco, che ho incontrato in piazza e che se ne andò a vivere in Francia negli anni 50. Parlando in francese, mi ha confidato il suo affetto per il proprio paese: torna ogni estate giù e trova i suoi amici di gioventù. Per lui, Bocchigliero è un paradiso nel quale purtroppo non gli è stato concesso di vivere.

Una particolarità di Bocchigliero è di trovarsi in mezzo alla Sila a 1000 metri di altezza sopra il livello del mare: dal hotel Renzini, ho apprezzato un panorama mozzafiato su queste montagne dalle forme dolci, che prendono colori caldi quando viene il tramonto. Abbiamo mangiato benissimo in questa struttura dai proprietari simpatici e disponibili.

Prima di andare via, abbiamo chiacchierato con i giovani volontari del servizio civile, Francesco Paletta, Francesco Chimenti, e Alessio Vincenzo. Molto attivi, usano la loro creatività per dare vita al loro paese: ad esempio, organizzavano il carnevale prima del covid, e hanno progettato una mostra fotografica. La volontà e la fantasia dei giovani possono veramente fare la differenza e vanno incoraggiate; me ne accorgo sempre di più durante questo viaggio.

Tappa 15 - CAMPANA, IL PAESE DEI GIGANTI DI PIETRA

Finalmente un giorno ventoso. Dopo una settimana di caldo infernale, durante la quale abbiamo anche camminato sotto più di 40 gradi, un cielo coperto et un po’ di vento sono accolti con piacere. A Bocchigliero lascio amici, ma sono impaziente di scoprire quello che ha da offrire l’ultimo paese che visiterò questa settimana: Campana.

Campana è famosa per delle formazioni rocciose nelle colline che sovrastano il borgo: “l’Elefante di pietra” e “Il Gran Colosso”. Effettivamente, sembra di essere davanti ad un pachiderma di 5,5 metri di altezza. Dal Gran Colosso invece rimangono solo i piedi, il resto è probabilmente crollato a causa dei terremoti. L’origine dei Giganti di pietra rimane incerta: non si sa se sono state formate dall’azione naturale dell’erosione - dal vento, la pioggia - oppure dalla mano degli uomini. In questo caso, le ipotesi sono due: sarebbero state realizzate al III secolo sotto Pirro, che portò gli elefanti in Calabria, oppure durante il periodo preistorico. Queste rocce enigmatiche che sembrano sorgere dal nulla, e le grotte scavate sotto i giganti da monaci eremiti, conferiscono a questo posto un carattere veramente misterioso.

Mentre mi arrampicavo sulle strutture rocciose, ci hanno raggiunti membri del consiglio comunale e il sindaco Agostino Chiarello. Chiacchierando, ci hanno rivelato con una disperazione e una stanchezza non finta che ancora una volta, l’azienda semi statale che gestisce l’approvvigionamento in acqua del paese, ha tolto l’acqua da qualche giorno. Un problema serio che impatta un bisogno fondamentale.

Dopo un caffè al bar del paese, e una chiacchierata con il pasticciere (ho finalmente visto come si fanno i cornetti), iniziamo la nostra visita. Constatiamo che il centro storico, molto antico, è quasi del tutto abbandonato dagli anni 50, a causa dai terremoti ma anche dall’emigrazione dal Sud verso Nord e l’estero. La bellezza dei luoghi mi toglie comunque il respiro, e l’assenza dei raggi di sole in questa giornata rende l’atmosfera ancora più speciale. Il primo nome di Campana fu Calasarna, fondata nel XIII secolo. Questo nome è ancora visibile su un cartello del centro storico.

Sulla piazza principale del paese si può ammirare la chiesa di Santa Maria di Costantinopoli e la sua bellissima facciata in pietra e mattoni. Scendendo per la via principale, guardando indietro posso vedere tre campanili allineati, che ho cercato di catturare in un unico scatto: quelli della chiesa appena citata, della chiesa San Domenico di Guzman, e della torre dell’orologio. Scendendo ancora più giù, abbiamo attraversato l’arco della torre campanaria di Santa Maria Assunta nel Rione Terra, il più antico del borgo. Questa parte del centro è purtroppo abbastanza pericolante. Si può comunque ammirare una bellissima vista sulle montagne che circondano il borgo e sulla parte più recente di Campana. Abbiamo concluso questa settimana di viaggio, e tonando a Rossano ascolto le storie di Lorenzo (che conosce tutti e che tutti conoscono) su alcune case abbandonate nelle campagne. Mi sento sempre più fortunata di vivere questa esperienza.

Sono già tre settimane che percorro l’entroterra dell’alto ionio cosentino. Iniziando al confine con la Basilicata, mi sono trovata sul Pollino, nel letto di torrenti, e sulla Sila. Ho munto capre, ho visitato grotte, ho partecipato ad una processione. Ma soprattutto, ho incontrato gente: donne, preti, camminatori. Politici, briganti, e amici. Riterrò a casa portando con me il ricordo della fiamma viva che splende nell’occhio di una persona che ama la Calabria, la sua terra, e che a voglia di farla crescere, al ritmo suo, con i suoi tempi, ma sempre con passione. A tutte le persone che mi hanno insegnato durante questo viaggio la resilienza, la volontà, l’impegno, vi ringrazio.

Charlotte Joannic
Autore: Charlotte Joannic

Originaria della città di Concarneau in Francia, ho studiato giurisprudenza e scienze politiche all’università di Nantes, dove ho imparato l’italiano. Dopo un'esperienza Erasmus a Roma, decisi, a 23 anni, di tentare l’avventura calabrese insegnando il francese come lettrice presso l’ITAS-ITC di Rossano. Curiosa e amante del viaggio, mi sono lanciata in questa sfida di raccontare la Calabria. Al fine di riflettere l’affetto che porto a questa terra, ma anche al suo popolo che mi ha accolto con braccia e cuore aperti. Voglio contribuire a riaccendere l’interesse in questa regione piena di contrasti. Mi piace ascoltare storie, ma anche raccontare. Cerco sempre l’inaspettato, l’originale e di vivere una vita più autentica possibile. Sono poliglotta e appassionata di pittura. Uno dei miei sogni è di aprire una galleria d’arte nel mio giardino.