Extravergine, Sibaritide regina della produzione ma il costo sale alle stelle. Ecco perché
I cambiamenti climatici hanno messo in ginocchio il settore. Da noi invece la resa quest'anno è alta ma il prezzo delle bottiglie è sempre più caro. Motivo? Manca la concorrenza e i produttori non hanno rivali sul mercato

CORIGLIANO-ROSSANO – La Sibaritide isola felice per la produzione di olio di oliva. Quest’anno, nonostante i cambiamenti climatici abbiano messo in ginocchio il settore sul piano globale, sia nella nostra stessa regione ma anche in tutta Italia e all’estero, l’antica Magna Grecia pare sia stata graziata con ottimi risultati sia nella produzione che nella resa.
Da un quintale di olive i frantoi stanno riuscendo ad ottenere in media 15-16 chili di olio, quantità che dovrebbe toccare i 18 chili entro fine mese. Insomma, mentre il Centro-Nord a causa del maltempo non riesce a far fronte alla richiesta di Mercato, il nostro areale non solo “regge botta” ma riporta indici produttivi sopra la media. Pensiero comune degli addetti al settore è che questa sia un’annata particolarmente carica - grazie anche ai venti che hanno favorito l’impollinazione durante l’allegagione, la fase iniziale dello sviluppo dei frutti - e che se il clima fosse stato più clemente probabilmente produzione e resa sarebbero state ancora più alte.
Ma un’ottima annata non fa rima con risparmio e così, quel filo d’olio buono sulla nostra bruschetta o sulle zuppe di stagione, caro ci costa. All’ingrosso un extravergine biologico si attesta in media sugli 8,5 euro al chilo e al dettaglio può far registrare tranquillamente i dieci euro.
Ma come: le olive ci sono, la resa pure. Allora cos’è che fa salire il prezzo? L’assenza di concorrenza. Un meccanismo che osservato dalla prospettiva di chi produce, investe soldi, tempo e fatica in questo settore, ha solo risvolti positivi. La mancanza di olio proveniente dalla Tunisia, dal Marocco e dalla Spagna fa sì che il nostro oro giallo possa mantenere sul mercato un certo prezzo.
Nello specifico Spagna e il Marocco stanno assistendo ad un calo del 40% della produzione e con fatica soddisfano il fabbisogno interno così, quando esportano, lo fanno comunque a prezzi alti che sfiorano cifre mai toccate fino ad oggi. Per l’olio proveniente dalla Penisola Iberica si parla di 6 euro all’ingrosso, un prezzo mai toccato fino ad ora. Resta il fatto che oggi sui prezzi dell'olio d'oliva al dettaglio l'inflazione corre sul 60% con evidenti conseguenze sulle bottiglie vendute anche al supermercato: l'olio d'oliva è il prodotto che ha registrato i maggiori rincari nel carrello, anche più dello zucchero (+38%) e delle patate (+26%).
Insomma, pur non avendo problemi di produzione e resa il prezzo del nostro olio cresce perché è venuta a mancare la concorrenza. Poi, naturalmente, a far salire l’asticella contribuiscono anche altri fattori ben noti: caro carburante, aumento dei costi delle attrezzature e, particolare non trascurabile, la mancanza di manodopera specializzata.
Non si trovano più trattoristi, mulettisti, persone capaci di utilizzare lo scuotitore. Per i titolari dei frantoi non è una situazione facile. Spesso fanno questi lavori loro stessi, oppure cercano di formare al meglio, la sicurezza è importante, personale che possa ricoprire queste mansioni e che ad oggi soffre di un ricambio generazionale che probabilmente non ci sarà più. «Ho affittato uno scuotitore eppure il mio è conservato in garage. In realtà non ho noleggiato l’attrezzo per il macchinario in sé – ci confida uno dei titolari di un frantoio della nostra area – ma per l’operatore che almeno è capace ad usarlo».