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La Sibaritide "si trasferisce" in Inghilterra. Fuggi fuggi dei giovani Oltremanica

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CORIGLIANO – ROSSANO – «Mi sento a casa ogni volta che chiedono le uova cotte in un sugo di pomodoro speziato e ‘nduja». Antonio, 23 anni, lavora in una caffetteria di Londra da poco più di un anno. «Ho lasciato Corigliano non proprio a cuor leggero. Mi ero iscritto all’Università, strada facendo ho capito che non era per me. Intanto – racconta – avevo iniziato a lavorare in qualche locale a Cosenza per mantenermi gli studi. La maggior parte delle volte, per poter frequentare le lezioni, coprivo il turno dalle cinque del pomeriggio fino a notte. Anche oltre le due. La paga però non superava i trenta euro. Mi sono detto: perché non fare un’esperienza fuori? E così eccomi qua: paga regolare, ho imparato l’inglese, i gestori della caffetteria mi chiedono consiglio su come impiegare anche in altri piatti l’insaccato che sta facendo conoscere la nostra terra ben oltre i confini nazionali». E, piedi ben piantati a terra ma con la testa al futuro, ammette: «sto imparando il mestiere, la lingua ormai non è più un ostacolo per me. Il mio obiettivo è aprire un locale tutto mio in cui il menù sia scritto in inglese ma che trasudi sapori e tradizioni della Calabria».

L’esperienza di Antonio in realtà è simile a tanti ragazzi della Sibaritide. Oltreoceano la meta più gettonata da i nostri giovani è l’Inghilterra. E solo negli ultimi tempi, con l’uscita del Regno Unito dall’Europa, i dati iniziano ad essere più precisi. Fintanto che il Paese governato da Re Carlo faceva parte della Comunità Europea, si poteva stare in Inghilterra lasciando la propria residenza in Italia. Da febbraio 2020 si è invece reso necessario registrarsi al programma di residenza per cittadini europei e fornire una prova di permanenza continuativa nel Paese. La procedura che si è conclusa a fine giugno 2021 ha visto l’Italia collocarsi al terzo posto per richieste di permessi in Uk, seconda solo a Romania e Polonia.

E la fuga delle nostre future generazioni all’estero è rimarcata anche dall’Eurostat. Sulla base dell’agenzia statistica europea si può stimare che per ogni giovane che viene a stabilirsi in Italia da un altro Paese europeo, ci sono diciassette giovani italiani che espatriano verso il resto dell’Unione europea o in Gran Bretagna. Ma il rapporto 1 a 17 riguarda ben altre regioni dello Stivale. Da casa nostra se ne vanno ben più ragazzi rispetto alla media nazionale e in confronto allo 0% che dall’estero viene in Sibaritide. D'altronde, gli stessi ragazzi che fuori casa riescono a trovare un lavoro pagato regolarmente, che vengono coinvolti in decisioni gestionali o che fanno successo, sono gli stessi che qua non riescono a realizzarsi. La Sibaritide, un tempo culla di una delle più importanti colonie della Magna Grecia e territorio dal commercio ricco e fiorente, oggi non riesce a cogliere e sfruttare le numerose opportunità che le si parano davanti rinunciando a qualsiasi tipo di sviluppo. Più importanti le lotte tra i campanili oppure la difesa di questo o quell'altro interesse anziché lavorare insieme per il bene dell'intero territorio. E così la Sibaritide, pezzo per pezzo e anno dopo anno, è obbligata a rinunciare ai figli della sua terra, a quegli stessi giovani bistrattati in casa propria che per potersi realizzare e costruire un avvenire devono prendere baracca e burattini e andarsene. Mosche bianche coloro che lasciano le proprie città straniere per venire in Calabria: notizia rara quella di una coppia, lui formatore lei ingegnere, che aveva lasciato Singapore per trasferirsi ad Acri nel cuore della Sila.

«Eravamo stanchi della vita frenetica del nostro paese – avevano dichiarato alle cronache -. Lì si guadagna bene, ma la qualità della vita è pessima: non c’è natura, si vive frastornati dal rumore e da troppe persone. Seppur sia quindici volte più piccola della Calabria, Singapore ha 5,7 milioni di abitanti». Ma a poco valgono natura e tranquillità se ai nostri giovani non creiamo condizioni e situazioni per garantire loro un futuro e consentire di restare nella propria terra d'origine. 

Valentina Beli
Autore: Valentina Beli

“Fare il giornalista è sempre meglio che lavorare” diceva con ironia Luigi Barzini. E in effetti aveva ragione. Per chi fa questo mestiere il giornalismo non è un lavoro: è un’esigenza, una passione. Giornalista professionista dal 2011, ho avuto l’opportunità di scrivere per diversi quotidiani e di misurarmi con uno strumento affascinante come la radio. Ora si è presentata l’occasione di raccontare le cronache e le storie di un territorio che da qualche anno mi ha accolta facendomi sentire come a casa. Ed io sono entusiasta di poterlo fare