La Clementina di Corigliano-Rossano non è la Clementina di Calabria!
Stesso e unico marchio IGP, diverso il sapore e le qualità organolettiche. Questa la battaglia di molti produttori della Piana di Sibari convinti che l’indicazione geografica protetta su scala regionale danneggi il prodotto autoctono
CORIGLIANO-ROSSANO – Siamo ancora lontani dalla nuova campagna agrumicola 2023-2024 ma la discussione attorno al prodotto agrumicolo cardine della Piana di Sibari, la Clementina, rimane viva anche fuori stagione. Discussione alimentata, probabilmente, dallo straordinario e giusto riconoscimento che di recente è riuscito ad ottenere il Cedro di Santa Maria del Cedro inserito nel registro europeo delle Dop e delle Igp. Un risultato straordinario per la produzione autoctona della cittadina tirrenica conseguito grazie all’impegno del governatore Roberto Occhiuto e dell’assessore all’agricoltura Gianluca Gallo. Perché, allora, non pensare ad un marchio specifico di qualità esclusivo per la Clementina di Corigliano-Rossano?
E la domanda che non da oggi, ma da tempo, si pongono molti dei produttori agrumicoli della Piana di Sibari che rivendicano con forza le particolari peculiarità organolettiche dell’agrume sibarita rispetto al resto del prodotto proposto da altri territori regionali.
La Clementina di Corigliano-Rossano non è la Clementina di Calabria. È un’altra cosa. Più o meno buona, più o meno redditizia in termini di gusto, più o meno apprezzabile? Non è un giudizio sulla qualità ma sulla sostanza, la differenza sostanziale. Il classico mandarino di Corigliano-Rossano ha caratteristiche distintive, differenti e oggettive, che si distinguono, ad esempio, da quello che si produce nella Piana di Gioia Tauro, nel Lametino o persino in altre aree del Cosentino.
Aver, al tempo, realizzato una indicazione geografica protetta sulla clementina, catalogandola genericamente come Igp Calabria, dunque, sarebbe stato un errore. Perché se è vero, da un lato, che in questo modo si produce volume è pur vero che si crea la promiscuità del prodotto rendendolo poco competitivo sul mercato.
Un po’ come lo è stato nella scelta di creare quella Dop del Caciocavallo Silano la cui produzione spazia in un territorio immenso che va da Sant’Angelo del Pesco in provincia di Isernia a Guardavalle Marina in provincia di Catanzaro, facendone perdere in realtà la vera essenza dell’originalità. Quanta Sila ci può essere in un caciocavallo prodotto a Foggia piuttosto che ad Aversa o nella stessa Campotenese? La risposta è: nessuna!
Stessa cosa vale per la Clementina che tra l’altro muta il proprio gusto a seconda della sua territorialità e la Calabria, sappiamo, è bella proprio perché nel suo territorio il clima, la composizione del terreno e delle acque mutano da una zona all’altra.
Pertanto, l’intuizione giusta avuta da Occhiuto e Gallo di creare un marchio geografico distinto per il Cedro di Santa Maria del Cedro (che non è il Cedro di Calabria) potrebbe essere tranquillamente traslata sulla Clementina di Corigliano-Rossano. Dal momento che anche l’ipotesi di una Denominazione Comunale tipica sembra non aver mai avuto molto successo, probabilmente anche per interessi interni alla politica locale.
Qui non servono le quantità. O meglio, le quantità sono importanti ma non essenziali quanto il giusto valore della qualità. Che purtroppo non viene correttamente riconosciuta.