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A Sibari c'è un problema identitario ancor prima che infrastrutturale

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CORIGLIANO-ROSSANO - Torniamo a parlare di turismo e destinazione. Pochi giorni fa abbiamo invitato ai nostri microfoni uno degli operatori turistici del nostro territorio, il quale ci ha fornito il punto di vista degli addetti ai lavori riguardo al perché questo settore (come gli altri del resto), da noi, non riesce a decollare.

Il problema emerso, oltre che strutturale, è di tipo identitario. Al nostro territorio e ai suoi abitanti manca la consapevolezza del proprio passato.

Nel ritornare su questo tema abbiamo deciso partire dal luogo che per noi rappresenta, o dovrebbe rappresentare, l’origine di tutto, della nostra storia, il luogo cardine da cui dovremmo ripartire: Sibari.

Per farlo abbiamo invitato il Direttore del “Parco archeologico di Sibari” e del “Museo nazionale di Sibari”, nonché Dirigente ad interim della direzione regionale dei Musei Calabresi, Filippo Demma, che stasera sarà nostro ospite all’Eco in Diretta, il talk della nostra testata condotto dal direttore Marco Lefosse.

Un territorio, dicevamo, senza identità, che ancora non ha ritrovato sé stesso. Tra tutte le vocazioni di cui viene investito forse quella turistica potrebbe fare la differenza, e costruire un percorso identitario-culturale potrebbe essere un buon punto di partenza.

«Stiamo lavorando - afferma Demma - sulla riqualificazione del sito per rilanciare sia il Parco che il Museo. Il turismo è un’industria e come tale ha le sue caratteristiche tecniche. Da quello che vedo e che ho visto, in questi 2 anni, l’industria turistica della sibaritide non presenta alti gradi di sviluppo. Alcuni centri, come i villaggi turistici presenti nella zona, tendono ad offrire svaghi ed attrazioni all’interno della struttura. Non hanno, purtroppo, alcun interesse a far uscire i turisti fuori dal perimetro del villaggio».

«Esistono strutture ricettive come hotel e b&b – prosegue - ma non sono ancora ben strutturati e organizzati. Il turismo si fa con l’offerta. La sibaritide è una zona bellissima, ha attrazioni naturalistiche e culturali ma finché non si sviluppa una mentalità imprenditoriale che decida di investire in questo settore è difficile che decolli. Ci si chiede “ma come si attraggono gli investimenti?”. La politica, è lei che deve innescare questi meccanismi».

Ritorna quindi il problema della mentalità e della visione miope, che sembra ormai il tratto distintivo e l’unico tipo di sguardo a cui le istruzioni e i cittadini sono abituati.

«Il problema del Parco di Sibari, del perché non decolla, è l’accessibilità – sottolinea il direttore Demma -. Al parco si arriva solo in auto, solo gli interessati al sito arrivano. Senza il trasporto pubblico il Parco resta tagliato fuori, c’è un serio problema infrastrutturale.  E questo discorso vale anche per i centri storici e per tutto ciò che occupa zone decentrate. La 106 non è un problema, è il problema. Come molti sanno, c’è un fondo di compensazione per l’impatto degli ammodernamenti che hanno avuto luogo a partire dal 2007, i famosi megalotti che ancora sono in corso. Ebbene questo fondo ammonta a 18 milioni circa di euro, ma sono ancora fermi. La delibera che impone al contraente generale di versare il 2 % dell’importo totale è del 2009, ad oggi non si è visto nulla. Ad agosto abbiamo ottenuto la modifica del soggetto beneficiario di questo fondo, che era Anas. Li abbiamo ottenuti noi come Parco archeologico. In questo lotto di opere sono previste opere civili e strutturali che serviranno a migliorare l’accessibilità al Parco, perciò toccheranno proprio le infrastrutture e tutti quegli interventi che agevoleranno anche l’esperienza interna al Parco e la Museo».

Poi aggiunge: «Il progetto relativo alla rotatoria che agevolerà l’ingresso al sito è già pronto, va solo attualizzato. Dobbiamo solo redigere la convenzione con Anas per ritrasferire i fondi e quindi procedere alla riqualificazione».

Ma perché scegliere Sibari? «E non ad esempio Tropea, Chianalea…? - ribatte Demma -. Per entrare nella storia di questi luoghi. Sicuramente non per il mare e per il sole, perché sono elementi che condividiamo con il resto delle coste calabresi e italiane. C’è una cultura in sibaritide che altrove non c’è. Scalea o l’antica Laos (Marcellina - Santa Maria del Cedro) sono colonie di Sibari. Lì c’è una storia ma è meno antica della nostra, e poi dipende direttamente da questa. Abbiamo quindi un certo vantaggio. Poi c’è il codex, le grotte di sant’Angelo, il Pollino con le sue falde, la Sila greca, Castiglione di Paludi, il Parco archeologico di Broglio… Tutte queste realtà culturali fanno parte di un unico territorio che, per di più, è fatto anche di tradizioni e di agricoltura».

Ciò che è venuto fuori è quindi una rete, e questo vuol dire che c’è una consapevolezza delle potenzialità. Consapevolezza che manca agli “autoctoni”.

«Tra gli abitanti di questo territorio ho riscontrato un paradosso – continua e conclude Demma -. C’è chi ha estrema consapevolezza della propria storia ed è ben radicato, e c’è invece chi la ignora completamente, ho incontrato persone totalmente disinformate. Non c’è una via di mezzo e questo mi preoccupa molto. Ci sono oasi molto floride, ma il terreno da dissodare è tanto».

Rita Rizzuti
Autore: Rita Rizzuti

Nata nel 1994, laureata in Scienze Filosofiche, ho studiato Editoria e Marketing Digitale. Amo leggere e tutto ciò che riguarda la parola e il linguaggio. Le profonde questioni umane mi affascinano e mi tormentano. Difendo sempre le mie idee.