"Mutismo e rassegnazione" quel mood maledetto che attanaglia la società di Corigliano-Rossano
Non è la naja. È uno stile di vita. Tutte le nostre battaglie le abbiamo "combattute" a destino segnato, ad esito ottenuto. È stato così per il tribunale, per il porto, per la centrale Enel... e sarà così anche per le nuove grandi opere
CORIGLIANO-ROSSANO - Mutismo e rassegnazione, è la bolla umorale che ormai da tanto, troppo tempo avvolge il territorio della Sibaritide. Non è un monito da naja. Non lo è. Perché se ai tempi della leva militare “mutismo e rassegnazione” era uno stile di vita per le matricole, divenuto anche comico fil rouge delle sit-com anni ’90, qui – alle nostre latitudini – è diventato uno stile di vita per la popolazione. E questo non va assolutamente bene.
A dire il vero, in molti, i più ottimisti evidentemente, pensavamo che la fusione e la nascita di Corigliano-Rossano potesse portare un minimo di orgoglio in più tra la gente di questa terra. Invece continuiamo ad assistere inermi e silenti ai “dolori” e alle scelte cervellotiche che di fatto rallentano lo sviluppo di questa grande comunità. Effetto della diottria miope della politica che nella Calabria del nord est inizia a diventare vero e proprio strabismo. Ma effetto anche di quell’abitudine alla delega che sulle sponde ioniche pare stia andando oltre ogni regola democratica. Perché se è vero e legittimo delegare attraverso il voto i rappresentanti nelle sedi istituzionali (in questo momento ne abbiamo una quantità industriale) per tutelare e rivendicare i diritti del territorio, è altrettanto vero che questa delega non può essere anche culturale e sociale. No, questo no. Non può esistere che una persona, solo perché riconosciuta come referente di una determinata questione, abbia l’egida e il diritto di parlare a nome di tutti. Specie se in ballo c’è lo sviluppo di questo territorio e il futuro delle nuove generazioni. Valga questo per i politici ma soprattutto per le associazioni, in nome delle quali – molto spesso – sono state assunte decisioni impopolari.
Il rischio, allora, che “mutismo e rassegnazione” diventino un modus vivendi dei cittadini della Sibaritide c’è ed è concreto. Una situazione di comodo per avere sempre a portata di mano un capro espiatorio.
Ricordiamo tutti le vicende legate alla soppressione dell’allora tribunale di Rossano. Possiamo trovare tutte le sacrosante motivazioni. Ma c’è un dato che, spesso e volutamente, dimentichiamo: l’assenza del popolo. Che anche in quella circostanza delegò ai soli politici il compito di risolvere una vicenda dagli esiti infausti. Il ricordo è a Rossano ma anche a Lamezia terme, dove – all’epoca – per lo stesso motivo la cittadinanza tutta, differentemente da quella ionica, scese in piazza e per le strade a manifestare forte dissenso. Noi ci accorgemmo dello scippo solo quando lo scippo era stato consumato. E anche in quella circostanza lasciammo a “difesa del fortino” i soli avvocati, i sindaci, qualche associazione, i sindacati e gli operatori del settore. Tutti gli altri erano comodamente seduti in poltrona “muti e rassegnati” ad aspettare di trovare il bersaglio giusto su chi scaricare la colpa.
Stessa cosa successe qualche anno prima per la vicenda che interessò la riconversione della centrale Enel, nella quale, a parte il “no” (giusto ma ostinato) al carbone dell’allora amministrazione comunale e di un gruppo di associazioni, non si ebbe a disposizione la capacità persuasiva del popolo nel giungere ad una scelta sostenibile per tutti. E stessa vicenda accadde anche per il rigassificatore che sarebbe dovuto sorgere nei pressi dell’allora porto di Corigliano. Tutte battaglie vinte (o perse, dipende dai punti di vista) in nome di quell’interesse vocazionale del territorio che non si sa bene ancora quale sia. Dal momento che – per citare solo un esempio eclatante – gli agrumicoltori di Corigliano-Rossano, quelli che producono la prelibata e vera clementina di Calabria sono stati lasciati soli dalle istituzioni. Nessuno li tutela. Eppure qui, visto il voluto deserto industriale, si sarebbero dovuto fare barricate per sostenere un’agricoltura intensiva e tutelata. Voi l’avete vista? Noi no.
E stesso, preciso, identico discorso vale per il turismo. Oggi ci stanno persuadendo della “pericolosità” di una nuova statale 106 a quattro corsie che ci farebbe tanto comodo, ma siccome passerebbe sul mare (quando mai?) non andrebbe realizzata. “Non siamo mica il Burundi!” dice qualcuno. La strada, invece, andrebbe realizzata a monte degli scali di Rossano e Corigliano con un costo triplicato e con un impatto ambientale – quello sì – da paura.
“Mutismo e rassegnazione” anche in questo caso. Senza guardare ad esempi, nemmeno troppo lontani, come Gallipoli (la capitale del turismo meridionale), Salerno, Pizzo calabro o le vicinissime Roseto Capo Spulico e Montegiordano dove le grandi strade di comunicazione arrivano in mare e dove la stagione estiva inizia i primi di giugno e finisce a ottobre. Sarebbe questo il Burundi?
Ma la ciliegina sulla torta di questa situazione assurda e paradossale, che tutti vedono, tutti ascoltano ma senza il minimo sussulto d’orgoglio, l’ha messa nientemeno che un senatore della Repubblica del territorio. Lo stesso che ha espresso il suo diniego alla possibilità di realizzare un’elettrificazione veloce (senza necessità di creare delle sottostazioni elettriche) sulla linea Sibari-Rossano e tentare, così, di portare il capolinea del Frecciargento nella stazione più a sud della grande città di Corigliano-Rossano. Le motivazioni ufficiali addotte dal parlamentare sono le più disparate e, allo stesso tempo, le meno comprensibili. Quella ufficiosa (e forse reale), invece, è che il treno veloce avrebbe come capolinea la stazione di Rossano e non, magari, quella di Corigliano. Siamo all’assurdo. All’incomprensibile.
Anche se più assurdo è “il mutismo e la rassegnazione” che si sentono e si sono sentiti negli anni attorno a tutte queste posizioni che, alla fine, non fanno altro che tagliare le gambe a questo territorio.