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INCHIESTA - Sibari-Co-Ro: meglio una strada collinare tra grandi ponti e lunghe gallerie o una strada tra i giardini?

3 minuti di lettura

CORIGLIANO-ROSSANO – Prosegue la nostra inchiesta, il nostro viaggio nel futuribile, in quello che saranno (si spera presto) i 25 km di nuova strada ammodernata a 4 corsie tra Sibari e Corigliano-Rossano. Dopo aver certificato la pericolosità dell’attuale tracciato e aver messo allo specchio le distanze utili dei due distinti percorsi, l’uno proposto con il progetto del 2005 e l’altro con il progetto 2021, abbiamo fatto volare la fantasia (nemmeno più di tanto), immaginando come potrebbero essere le due strade.

Il primo distinguo da fare tra i due progetti è sull’impatto visivo, oltre che ambientale. Per fare questo viaggio immaginario ci siamo seduti sulla bocca sud del porto di Corigliano-Rossano da dove si estende il panorama intero della grande città.  

Un nuovo skyline

Cosa si vede? Nell’immaginario, appunto, il piano realizzativo estratto dall’ex ottavo megalotto (progetto 2005), renderebbe lo skyline di Co-Ro molto simile a quello di Genova con grandi ponti intervallati da gallerie che attraverserebbero trasversalmente tutto il territorio comunale da ovest a est nell’area di mezzo compresa tra i due centri storici e gli scali di Corigliano e Rossano. Per l’esattezza il progetto 2005 conta un numero come 46 gallerie e 36 ponti (di quota media 50 metri) estesi su una lunghezza di 27km e mezzo.

Dell’altra strada, quella del progetto 2021, in realtà non si vedrebbe nulla se non con un volo aereo che la mostrerebbe attraversare i prestigiosi agrumeti e uliveti di cui va fiero questo territorio. Un po’ come le autoroute nel sud della Francia che tagliano a metà kilometri di vigneti. Rispetto al precedente progetto conta “solo” 13 viadotti (in quota terrestre per il superamento di fiumi, torrenti e fiumare) e potrebbe avere un massimo di due gallerie artificiali semiinterrate nell’ipotesi in cui si dovesse optare per una seconda variante per bypassare gli scali di Corigliano e Rossano.

Le tante variabili da considerare. Una su tutte: l’ambiente

Al netto della “visione” c’è però un dato che non può non essere considerato nella disamina dei progetti. E stiamo parlando dell’impatto ambientale e dell’invadenza delle opere strutturali. Perché, in realtà, oltre al rischio di smembrare un territorio (come in parte è stato fatto con il Megalotto 3) ci potrebbero essere degli effetti collaterali rilevanti nella realizzazione di questa opera infrastrutturale strategica ed essenziale. Certo, non ci può essere progresso senza dover cedere parte della verginità dell’ecosistema. Lo abbiamo visto nei decenni scorsi con la centrale Enel di contrada Cutura. Ecco perché è necessario pensare a tutte le variabili del caso e ponderarle.

Dicevamo di un dato che preoccupa e che nelle disamine ultime in cui si sta dilettando la politica e l’opinione pubblica non viene per nulla considerato. Non solo le distanze dai punti nevralgici (porto, nuovo ospedale, aree industriali, etc.), non solo la connessione con il resto del territorio (ammodernamento e manutenzione delle strade interne di collegamento al nuovo tracciato): quanto inquinamento e movimento terra produrrebbe la realizzazione dei due tracciati?

Il progetto 2005 produrrebbe circa 3,5 milioni di rifiuti inerti

La risposta più preoccupante arriva sicuramente dal primo progetto, quello del 2005 (ex megalotto 8), quello che passa a cerniera tra i due centri storici e gli scali di Corigliano-Rossano. Si calcola che per i soli scavi di gallerie verrebbero prodotti all’incirca 3,5milioni di metri cubi di smarino, materiale inerte. Ci siamo chiesti quanto fossero 3,5milioni di metri cubi e la risposta è: tantissima roba, così tanta che è difficile persino da immaginare.

Per fare un esempio plastico bisogna pensare un piano orizzontale con sopra una collina lunga 3,5km (esattamente!), larga 100 metri e alta altrettanto. O ancora, per capire meglio quanti sono 3 milioni e mezzo di materiale inerte pensate a 1.400 palazzine di 4 piani ridotti in poltiglia (poco meno dello scalo di Corigliano!). Dove li mettiamo? Perché sono detriti che vanno smaltiti e non possono essere lasciati a bordo strada! Almeno non tutti.

In una delle relazioni fatte da Anas, infatti, a corredo dello stralcio di progetto dell’ottavo megalotto che interessava la tratta Sibari-Rossano, si legge che «per riuscire a ricollocare questa enorme quantità di materiale si prevede una sezione stradale con uno spartitraffico allargato con dimensione variabile fino a circa 15 metri, dalla quale risulta una piattaforma comprensiva di spartitraffico larga circa 40 metri e un’occupazione di territorio che comprensiva dei rilevati o delle trincee può arrivare fino a 60-70 metri».

sede stradale progetto 2005

Ora serve un altro sforzo d’immaginazione. Avete presente l’ingresso storico del cimitero di Rossano? Ecco, quello è uno dei punti di passaggio del primo tacciato (2005), pensate quanto spazio occuperebbe il piano stradale con una profondità di 70 metri.

Ma non è finita qui. Con questa soluzione si potrebbero “smaltire” solo 1,5 milioni di metri cubi di materiale inerte. Dove si “posizionerebbero” gli altri 2 milioni, considerato anche che sul territorio non ci sono discariche autorizzate? E questo è uno degli enigmi più importanti da risolvere oltre a quello delle analisi del materiale estratto, dato che in un qualsiasi sottosuolo si può trovare davvero di tutto. Però, ammesso che si riuscisse ad individuare un sito di stoccaggio, occorrerebbero circa 150mila viaggi di autoarticolati tra i luoghi del cantiere e la stessa discarica. Viaggi che, inevitabilmente, transiterebbero anche all’interno della mobilità urbana.  

(CONTINUA…)

L’INCHIESTA: UN VIAGGIO LUNGO 25KM SULLA SIBARI-CO-RO:

Prima parte: Statale 106, una strada fuorilegge. Nel tatto Sibari-Co-Ro 110 svincoli a raso. Ecco i dati

Seconda parte: Sibari-Co-Ro: i due progetti messi allo specchio

 

Marco Lefosse
Autore: Marco Lefosse

Classe 1982, è schietto, Idealista e padre innamorato. Giornalista pubblicista dal 2011. Appena diciottenne scrive alcuni contributi sulla giovane destra calabrese per Linea e per i settimanali il Borghese e lo Stato. A gennaio del 2004 inizia a muovere i passi nei quotidiani regionali. Collabora con il Quotidiano della Calabria. Nel 2006 accoglie con entusiasmo l’invito dell’allora direttore de La Provincia, Genevieve Makaping, ad entrare nella squadra della redazione ionica. Nel 2008 scrive per Calabria Ora. Nell’aprile 2018 entra a far parte della redazione di LaC come corrispondente per i territori dell’alto Jonio calabrese. Dall’1 giugno del 2020, accoglie con piacere ed entusiasmo l’invito dell’editore di guidare l’Eco Dello Jonio, prestigioso canale di informazione della Sibaritide, con una sfida: rigenerare con nuova linfa ed entusiasmo un prodotto editoriale già di per sé alto e importante, continuando a raccontare il territorio senza filtri e sempre dalla parte della gente.