Giorgio Amarelli, il rossanese discepolo di San Nilo che divenne Beato
Vissuto nel decimo secolo e negli agi si accostò alla povertà e abbracciò la vita monastica. Conosciamo questo «nobile huomo» e la sua storia tramite la biografia redatta dall'abile penna del professor Carlino
La personalità che mi accingo a biografare, come altri sui quali si è già tratteggiato, apparteneva alla famiglia Amarelli, del nobile ceto della Città di Rossano: protagonisti celebri che nel tempo resero famosa la Città segnalandosi nelle armi, nelle scienze, e nella vicenda del beato Giorgio anche nelle dignità ecclesiastiche, ricoprendo il ruolo di Abate Generale dell’Ordine di S. Basilio Magno.
Il de Rosis, nella sua monografia sulla città, racconta che il «B. Giorgio (1) ebbe […] da una moglie, della quale i suoi biografi non ci hanno lasciato il nome, molti figli che tutti educò nel timore di Dio, e nelle cristiane virtù. Dopo la morte della moglie, affinché avesse potuto meglio avanzarsi nelle vie della cristiana professione, pensò di prendere l’abito monastico (2) […]»1. La figura del B. Giorgio vissuto nel X secolo, annoverato tra i primi della città di Rossano, sempre fruttuosa di grandi e rinomate personalità per santità e per dottrina, merita particolar attenzione perché il suo percorso terreno s’intreccia con quello della vita di un’altra figura monumentale di Rossano quale fu S. Nilo, del quale fu discepolo.
Giorgio venne al mondo a Rossano al tempo di Nilo e venne a mancare il 24 novembre del 980 presso l’oratorio di S. Adriano.
Oltre al de Rosis, molti furono gli storici che si occuparono della vita di Giorgio, tra questi incontriamo Girolamo Marafioti, il quale avvalorando alcune notizie, così tramanda: «Fiorì ne’ medesimi tempi del Beato Nilo nella città di Rossano un nobile huomo, che doppo fu detto ‘l Beato Giorgio monaco; è stato egli nel secolo ricchissimo, e di nobile sangue, e nella sua vecchiezza con molta divotione prese l’habito monacale, sotto il quale fiorì con molta santità […]»2
Il Barrio, già menzionato dallo stesso de Rosis, ne parlò nel libro V della sua opera nel 15713.
A ragionare sulla figura del Beato Giorgio, nel 1630, fu pure Paolo Gualtieri4. E fu pure argomento di attenzione per il predicatore cappuccino P. Giovanni Fiore da Cropani5 che nella sua opera: Della Calabria illustrata, nel dispensare informazioni concernenti Rossano, presentandola come città ornata da nobili famiglie tra cui quella degli Amarelli, ricordava anche i suoi numerosi uomini illustri tra i quali il Beato Giorgio, S. Nilo, S. Bartolomeo, S. Fantino, S. Luca e i BB. Stefano, Silvestro e Teodora, quest’ultima monaca e madre spirituale dello stesso Nilo, tutti Basiliani.
Nel 1619, nella sua opera riguardante la descrizione del Regno di Napoli, fu Enrico Bacco6 a narrare del Beato Giorgio presentandolo come discepolo di S. Nilo ricordandoci per di più che il suo corpo giace nel monastero di S. Adriano. Infine, Carlo Blasco ne parlò nel suo manoscritto apografo Capitoli Istorici della Città di Rossano, e Ferdinando Ughelli nella sua Italia Sacra.
Da questa stringata introduzione si deduce il richiamo che la figura di Giorgio Amarelli ha sempre destato nel tempo nei diversi autori che scrissero di Rossano, pertanto nella continuazione di questa breve ricostruzione biografica, mi conterrò solo alla segnalazione delle vicende fondamentali che lo riguardarono.
Giorgio fu chiamato dal Signore ad abbracciare la condizione monastica e il modo di come ciò accadde, si rileva dagli scritti del Martuscelli che nella sua opera Biografia degli Uomini illustri del Regno di Napoli riporta punto per punto come tutto maturò attraverso il costante dialogo che Giorgio strinse con S. Nilo al quale si era indirizzato e al quale ebbe modo di raccontare soprattutto il perché di quella scelta.
L’incontro come riferisce il Martuscelli, non avvenne per caso ma in qualche modo considerato, valutato e desiderato. Invero, un giorno S. Nilo Abate, che aveva fondato un monastero di Basiliani non lontano dalla Città di Rossano, invitò un suo fratello di nome frate Stefano a recarsi in Città per rifornirsi di pergamene. Frate Stefano esaudita la richiesta dell’Abate Nilo, durante il ritorno si accorse che un nobile del Paese lo seguiva. Quel nobile era Giorgio Amarelli, che fece la stessa strada fino a spingersi nell’interno del Monastero dove, una volta entrato, fu intravisto dall’Abate Nilo, il quale meravigliato che un nobile entrasse in quell’eremo gli si fece incontro chiedendogli chi fosse, cosa voleva e qual era il motivo di quella visita.
Giorgio alle domande dell’Abate Nilo con dolcezza si apprestò a rispondergli. «Degnatevi, o Padre, – scriveva il Martuscelli – di ascoltare dalla mia bocca ciò, che di portentoso mi è avvenuto, e ciò che sente il mio cuore nel riflettere alle cose da me udite e vedute. Stando io nella mia stanza contemplando le vanità del mondo, e pensoso intorno a’ miei peccati, mi sopraggiunse il timore della morte con mio straordinario sbalordimento, che nasceva dal pensiero del conto rigoroso, che dobbiamo rendere nel giudizio particolare ed universale. Mentre io era immerso in questa profonda meditazione mi oppresse il sonno: dormendo sognai, e mi parve di entrare per la porta grande nella Città, dove è posta la Chiesa de’ Santi Apostoli; e per quel sito passando mi parve di udire una musicale armonia cosi soave e dilettevole che simile per lo addietro non ho mai udita, e questa melodia accompagnava un canto di umane voci altrettanto dolce ed armonioso.
Mosso da diletto e da maraviglia mi accostai per vedere chi fossero coloro, che cantavano, e vidi il Sacrario tutto pieno di persone Vergini con vesti bianche, come quelle, colle quali gli Angioli si appresentano alla nostra immaginazione, e come quelle, di cui voi siete vestito. Vidi ancora ivi seduto sopra una sedia vescovile un giovane splendidissimo, la di cui bellezza io non ho forza di descrivere; or mentre io contemplava quelle meraviglie vidi, che, dopo un cenno fatto da colui, che stava sulla sedia, due giovani di bianco vestiti si avvicinarono a me, e mi dissero: Vieni, il Signore ti chiama; mi presentai al cospetto di lui pieno di riverenza e di timore, e conobbi ch’Egli diceva a Voi, Padre Nilo: tagliate i capelli a costui all’uso de’ vostri monaci; e voi allora incontanente mi radeste il capo, e mi aggregaste alla vostra religiosa famiglia.
Quando fui desto, mille pensieri cominciarono a sollecitare il mio cuore, che stava tuttavia nell’incertezza se quella visione dovesse tenersi per vera chiamata di Dio. Molti altri simili sogni io ebbi per lo passato, e li stimai come vani trascorsi del pensiero; ma in questa ultima volta il mio cuore non seppe quietarsi; sicché io presi la risoluzione di crederlo invito del Signore se in quel giorno fosse entrato in mia casa uno de’ vostri monaci; e quindi per fuggir l’ozio io me ne uscii fuori del portico della mia casa, e vidi il vostro Fra Stefano, che venne a cercar la limosina per comprar certe pergamene; vedendo lui, mi ricordai del mio proponimento, ed allora raccomandai certi affari, che io aveva, a’ miei figli, ed abbandonata ogni altra cosa ne son venuto da voi, acciocché facciate di me ciò, che a voi piace»” […]»7
Da questa testimonianza iniziò il rafforzamento del cammino vocazionale di Giorgio Amarelli che nel confronto con Nilo, cercò da subito risposte alle proprie insicurezze, ma soprattutto l’assicurazione da parte dell’Abate Nilo sul senso di quelle visioni nelle quali riconobbe la chiamata di Dio.
S. Nilo dopo averlo attentamente ascoltato, conoscendo le nobili origini di Giorgio, cercò di convincerlo a trovare altri conventi più confacenti al suo rango dove certamente avrebbe trovato maggiori conforti cosa che il suo eremo non poteva offrire. Giorgio comprese subito che S. Nilo lo stava mettendo alla prova sperimentando le reazioni del suo spirito prima di essere accettato e confermato come suo compagno.
Giorgio, l’uomo cresciuto in mezzo agli agi dovette per questo superare molte altre prove per percorrere le vie mediante le quali Dio lo invitò a seguirlo. Strade molto irte tra cui la scelta di una vita solitaria e piena di penitenza, ma accarezzato della grazia divina, sempre ardente nel suo cuore, seppe resistere ai desideri dell’opulenza abbracciando la miseria, rinunciò ai piaceri che il suo rango gli poteva permettere ponendosi volutamente in situazioni di difficoltà. La sua vita cambiò totalmente. Visse in eremo rinunciando alla conversazione. L’umiltà, la frugalità e la sofferenza furono costanti della sua vita ed esempio per gli altri.
L’ascolto e l’ubbidienza verso le disposizioni date dai propri Superiori lo resero rigoroso osservante della regole monastiche e delle Sacre scritture. L’altruismo era una delle sue numerose qualità, si spendeva per tutti.
Secondo la narrazione del Martuscelli in ubbidienza a S. Nilo si dimostrò disposto a sacrificare la propria vita per salvare quella di un uomo, parente di giovane omicida, arrestato per ritorsione poiché l’omicida si era dato alla fuga. Un desiderio quello di Giorgio che provocò grande stupore anche presso i Giudici chiamati a decidere di liberare il prigioniero su sollecitazione di una missiva di S. Nilo, del cui contenuto il latore Giorgio Amarelli non era a conoscenza. Il prigioniero venne liberato e la circostanza consenti al B. Giorgio, di dimostrare che la sua vocazione era forte e consapevole, per cui l’Abate Nilo lo prese con sé nel Monastero.8
«Egli osservò diligentemente – scriveva ancora il Martuscelli – tutte le regole del Monastero, ed in modo che in tutte le sue azioni faceva conoscere, che lo spirito di Dio il dirigeva, e ‘l moveva. Si osservò di lui, che, nel cantare i Salmi, spirava dagli occhi tanta enfasi, che coloro che lo ascoltavano non solo restavano presi da maraviglia, ma rilevandone quasi il senso dalla maniera e dall’attitudine, colla quale erano pronunziati, rimanevano estremamente commossi. Insomma egli profittò moltissimo nel culto di Dio, adorandolo con modi affatto singolari, portando al grado più eminente la virtù della continenza, dell’ubbidienza, dell’umiltà, e dell’abnegazione della propria volontà»9
Il Beato Giorgio Amarelli, seguace del suo illustre antenato, appesantito dagli anni, ma soprattutto dalle singolari opere compiute e dai meriti conseguiti, dopo aver vestito l’abito di S. Basilio Magno ed essere stato elevato al grado di Abate Generale10 dell’Ordine, per volere di S. Nilo, il 24 di Novembre 980, nell’ora del crepuscolo serale, confortato dalla grazia sacramentale, rendeva la sua anima al Signore che l’aveva chiamato presso l’oratorio di S. Adriano, nel Comune di San Demetrio Corone, dove fu sepolto, arrecando profondo dispiacere a S. Nilo per la perdita del suo premuroso frate. Ancora oggi a Rossano per lui è viva e si nutre profonda devozione.
BIBLIOGRAFIA
1 L. de Rosis, Cenno storico della città di Rossano e delle sue nobili famiglie, Stamperia Nicola Mosca, Napoli, 1838, p. 242. [(1) Il Gualtieri ed il Bacco lo vogliono di famiglia Amarelli. (2) Ved. Il Barrio].
2 G. Marafioti, Cronache et antichità di Calabria, Libro Quarto, Ad Istanza degli Uniti, Padova, 1601, p. 296.
3 G. Barrio, De antiquitate et situ Calabriae, Libri Quinque, Apud Iosephum de Angelis, Roma, 1571, pp. 391, 392.
4 P. Gualtieri, Glorioso trionfo…, p. 262, cit. p. 20.
5 Cfr. G. Fiore Da Cropani, Della Calabria illustrata Opera varia istorica, Tomo I, Libro I, Per li Socij Dom. e Antonio Parrino, e Michele e Luigi Mutij, Napoli, MDCXCI, p. 238.
6 E. Bacco, Nuova, e perfettissima descrittione del regno di Napoli, Per Lazaro Scoriggio, Napoli, 1619, p. 130.
7 Cfr. D. Martuscelli, Biografia…, cit. p. 17.
8 F.E. Carlino, Biografia e storia di alcuni Rossanesi illustri, Consenso Iure Loquitur, Rossano 2020.
9 Cfr. D. Martuscelli, Biografia…, cit. p. 17.
10 G. Del Gaudio, Discorso sulla storia ecclesiastica da servire per introduzione alle vite de’ pontefici compilato ed arricchito di note storiche, geografiche e biografiche da Giuseppe Del Gaudio, Dalla Tipografia di Matteo Vara, Napoli, 1842, p. 274