Carlo Blasco (1635-1706), poeta insigne, nobile letterato, esponente della cultura rossanese del XVII secolo
Ecco la biografia, scritta dal professor Carlino, di Carlo Blasco, «uno di quegli uomini, la di cui memoria non sarà giammai peritura, ed i cui nomi forman la gloria, ed il vanto di quel paese, ond’ebber culla»
Alcune interessanti informazioni sulla figura di Carlo Blasco sono rilevabili consultando il Martuscelli, nel quale si fa esplicito rimando a quanto lo stesso Blasco riferiva su Alessandro Amarelli, valoroso capitano del XII secolo, sul Conte Gio. Leonardo Amarelli, giureconsulto e cattedratico, al quale lo stesso Carlo Blasco, “già fra gli uomini illustri del Regno, volendo intraprendere a scrivere la Storia della Città di Rossano gli chiese delle notizie con una sua lettera in data de’ 22 di novembre dell’anno 1666” (1), figure peraltro sulle quali mi sono già soffermato in altri miei precedenti interventi e sul Beato Giorgio Amarelli dell’Ordine di S. Basilio Magno nella sua pubblicazione Capitoli Istorici della Città di Rossano commentati dall’Ughelli, dal Gimma e dal Pacichelli e da molti altri Autori, meglio conosciuta come Le Istorie della Città di Rossano di Carlo Blasco (XVII sec.).
Ma chi era veramente Carlo Blasco, figura alla quale recentemente (2016) la conSenso publishing ha riservato una delle ultime pubblicazioni a cura di Mario Massoni, nella quale si legge che “per tracciare una biografia essenziale del Blasco è indispensabile far riferimento al contemporaneo Giacinto Gimma, che negli Elogi accademici della Società degli Spensierati (Napoli, 1703) gli dedica alcune pagine”? È quello che cercherò di fare in questo mio contributo mirato ad integrare con ulteriori note informative la già nota e succinta biografia.
Il Blasco (Velasco), di origini spagnole (Andalusia), di cui il fondatore del ramo rossanese fu Mario, nasceva a Rossano, il 13 dicembre del 1635, dall’unione di Giulia Barricelli di Otranto e Cesare Blasco, aristocratico e membro della piazza dei nobili.
Appartenente alla nota famiglia patrizia di Taverna, di cui fa menzione Nicolò Toppi, Città della Calabria e patria di Mattia Preti, celebre pittore italiano, può annoverare tra i suoi predecessori figure di tutto rispetto nel panorama culturale, giuridico e filosofico della Calabria dell’epoca. Basti pensare a Niccolò Blasco, dottore in legge, oppure a Grandonio Blasco, filosofo e socio della celebre Accademia di Urbino, ma non mancarono nella famiglia religiosi e militari. Sullo stesso modello, non tardarono, anche per Carlo, a manifestarsi le doti e la grandezza di quel sapere che caratterizzò i suoi antenati. Venne, pertanto, avviato agli studi che frequentò presso il Seminario di Rossano dove ricevette l’educazione e le cure dell’ecclesiastico don Luzio Filippello, dal quale apprese la grammatica.
Adolescente fu accompagnato a Napoli presso l’abate Orazio Blasco, suo zio, dove ebbe l’opportunità di approfondire con mirabile giovamento le lettere umane, la filosofia, che contribuì a formare il suo pensiero e la giurisprudenza conseguendo la laurea in “utroque jure”. Terminato il corso di studi, volle imboccare la strada della professione ecclesiastica e lo fece trasferendosi a Roma dove indossò l’abito chiericale e frequentò l’Università della Sapienza, perfezionando i suoi studi nel Diritto Canonico. La sua permanenza nella capitale gli permise di dare dimostrazione della sua formazione intellettuale e del suo patrimonio di conoscenze. La sua indiscussa genialità letteraria, e l’interesse per la poesia, che contribuiva ad alleviargli il peso del lavoro del foro, lo portarono a far parte dell’Accademia degli Umoristi, dove diede dimostrazione del suo poetare. Non passò molto tempo che, per i suoi lavori letterari, fu notato da papa Alessandro VII, dal quale ricevette il beneficio dell’Abbazia di S. Angelo Militino, nel territorio di Campana, nel rossanese, e lo fregiò gradualmente di rispetto civile ed ecclesiastico.
Rimasto orfano per la morte del padre Cesare, dopo aver rinunziato agli ecclesiastici benefizi ritornò a Rossano presso il fratello Domenico senza figli per occuparsi diligentemente dei considerevoli possedimenti familiari. Al riguardo, mi sembra interessante quanto riporta l’Accattatis nella sua raccolta biografica degli uomini illustri, nel riprendere la biografia sviluppata dal de Rosis, il quale afferma che Carlo Blasco è «Uno di quegli uomini, la di cui memoria non sarà giammai peritura, ed i cui nomi forman la gloria, ed il vanto di quel paese, ond’ebber culla. […] Pacifico possessore di questi doni sen godea tranquillamente; ma la Provvidenza solo per poco l’avea chiamato a questi onori, che giuntagli la funesta nuova della morte del genitore, gli fu necessario abbandonar Roma luogo a lui si grato per tante belle rimembranze letterarie, e ripatriarsi.
Se tutta Roma doleasi della sua assenza, Rossano tutta rallegravasi dell’acquisto che ne facea, preciso la glorios’Accademia degli Spensierati, – (fondata da Camillo Toscano) – la quale si fece un onore arrollarlo nel nomero de’ suoi come membro – (e della quale fu Censore Assistente) –. Nel tempo che rubava dalle necessarie occupazioni ei compose le Lagrime di Pindo lugubre Poesia destinata a render cara testimonianza degli uomini illustri della sua patria. Ben cognito a tutta l’Accademia, e morto il Principe di essa D. Francesco de Lauro a pieni voti elessero Carlo Presidente. Grato, accetta l’alto incarico, e profondo conoscitore di ciò, che si dovea per la gloria di quella, seppe portarne sì bene il peso, che vieppiù le die rinomanza» (2).
Nel 1671 all’età di trentasei anni Carlo, dopo aver avuto accordato il consenso pontificio, sposò Laura Berlingeri, onesta, e nobile fanciulla di Crotone, figlia di Ottavio Cesare, e sorella di Carlo, Arcivescovo di S. Severina. Dal loro matrimonio venne alla luce l’unica figlia Francesca.
Del Blasco, altresì, non si può fare a meno di menzionare le altre complesse funzioni burocratiche svolte in favore di Rossano, dove per come ci trasmette il Gimma «fu eletto Erario Generale, Vicesecreto, e Vicemaestro Portolano del Fondaco della Città, e della sua giurisdizione da D. Olimpia Aldobrandini Principessa di Rossano: dopo la cui morte fu confermato dal Principe Borghese figliuolo della medesima, coll’onore della sovraintendenza delle Corti e colla potestà di eleggere gli altri Governatori, e Ministri» (3).
L’infausta morte come scrive il de Rosis gli portò via la sua diletta moglie Laura. Per necessità familiari fu così obbligato a passare a seconde nozze anche sotto la spinta dell’Arcivescovo di Santa Severina sposando la nuova consorte signora Anna Ayerbis, dei d’Aragona di Crotone, donna di molteplici qualità dalla quale ebbe numerosa prole.
I suoi impegni non gli impedirono di continuare nella sua passione per le lettere, ma indebolito dagli anni, e logorio dei suoi numerosi impegni ritornò alla sua vita privata, ricevendo per l’occasione il franco ossequio sincero da parte di tutti. Alla veneranda età di 72 anni, il 19 ottobre del 1706, dopo aver vissuto una vita molto laboriosa come quella di tanti suoi avi, Carlo Blasco moriva lasciando alla letteratura un patrimonio di grande rilievo che si evince dalle sue diverse opere, tra le quali si vogliono ricordare, oltre alla Istoria della Città di Rossano, straordinaria per pregio, stile e semplicità, alla quale molti ancora oggi continuano a fare riferimento, e nella quale lo storico presenta la divisione dei ceti della città e l’elenco delle famiglie ascritte alle due piazze; i Discorsi rappresentati presso l’Accademia degli Umoristi. «Oltre ai citati manoscritti, – scrive poi Joele Pace – il Blasco compose un trattato sull’amministrazione e giurisdizione del Principato, Platea degli Uffici della Principal Camera che, secondo quanto appare dall’introduzione, gli fu ordinato (1703) dallo stesso Principe [Giovan Battista Borghese (1639-1717)] per soddisfare la corretta gestione del suo patrimonio» (4).
Riportato in vasta bibliografia, al Blasco fu riservata attenzione e riconoscenza di molti scrittori italiani tra cui Giuseppe Maria Perrimezzi (1670-1740) nelle note alla Vita di S. Francesco di Paola, Fr. Elia D’Amato in Pantopologia Calabra, 1725 (p. 350) e come ci ricorda Niccolò Morelli di Gregorio «Francesco Barbaro, Canonico della Cattedrale di Rossano, descrisse copiosamente la sua vita in un dotto elogio latino. Di egual modo ne ragiona il lodato Giacinto Gimma ne’ suoi elogi della Società degli Spensierati. Paolo Vecchioni Philiat: ne’ suoi Epigrammi, Ignazio di Lauro nelle sue Canzoni italiane, e molti altri» (5).
Bibliografia
1 D. MARTUSCELLI, Biografia degli Uomini Illustri del Regno di Napoli, Tomo I, stampata presso Nicola Gervasi calcografo, Napoli 1819.
2 L. ACCATTATIS, Le biografie degli Uomini illustri delle Calabrie, Volume I, Dalla Tipografia Municipale, Cosenza 1869.
3 G. GIMMA, Elogi accademici della Società degli Spensierati di Rossano, pubblicati da G. Tremigliozzi, Carlo Troise stampatore, Napoli MDCCIII.
4 F. JOELE PACE, Cenno introduttivo alla Storia di Rossano in Ristampa anastatica Cenno Storico- Geografico-Topografico-Economico di P. Romano, Guido Editore, Rossano 1987.
5 N. MORELLI DI GREGORIO, in Biografia degli Uomini illustri del Regno di Napoli, di D. Martuscelli, compilato da diversi letterati Tomo XI, stampato da Niccola Gervasi, Napoli 1826.