Il futuro delle Aree Interne non può essere quello di un «declino programmato»
Ianni (Cgil Cosenza): «Questa visione è miope e dannosa. Le Aree Interne rappresentano molto di più di un problema da contenere: sono un patrimonio di risorse, cultura e identità che può e deve essere rilanciato»

COSENZA - «Il nuovo Piano Strategico Nazionale delle Aree Interne (PSNAI) 2021-2027, approvato di recente in modo poco trasparente, contiene una frase che rischia di segnare un punto di non ritorno per il nostro Paese: “Queste aree non possono porsi alcun obiettivo di inversione di tendenza ma nemmeno essere abbandonate a se stesse. Hanno bisogno di un piano mirato che le accompagni in un percorso di cronicizzato declino e invecchiamento.” Una dichiarazione che, se presa letteralmente, sembra sancire il fallimento di un’intera politica di sviluppo territoriale, lasciando intendere che il declino sia inevitabile e che Aree Interne debbano essere semplicemente “gestite” nel loro inesorabile tramonto».
Inizia così la nota stampa di Massimiliano Ianni, Segretario Generale della Cgil Cosenza, che aggiunge: «Ma questa visione è miope e dannosa. Le Aree Interne rappresentano molto di più di un problema da contenere: sono un patrimonio di risorse, cultura e identità che può e deve essere rilanciato. Sono territori che, nonostante le sfide, custodiscono biodiversità, tradizioni, comunità coese e potenzialità strategiche ancora inespresse. Investire in queste zone non significa solo un atto di solidarietà, ma una scelta strategica per il rilancio del Paese nel suo complesso. Il declino demografico e la perdita di servizi sono reali, ma non sono un destino scritto. La storia ci insegna che con politiche mirate e lungimiranti si può invertire la rotta. La soluzione non è abbandonare queste comunità a se stesse, ma intervenire con strumenti concreti: riduzione delle tasse locali, investimenti in infrastrutture, potenziamento dei servizi di sanità, istruzione e mobilità. Questi sono i pilastri di un vero sviluppo sostenibile, che valorizza le risorse locali e rafforza il senso di appartenenza».
«Contrariamente a quanto suggerisce il nuovo PSNAI, il potenziamento delle Aree Interne non è un investimento “superfluo” o “perduto”. È una strategia di lungo termine per rafforzare la coesione sociale, rilanciare l’economia rurale e creare nuove opportunità di lavoro. Si può puntare su agricoltura sostenibile, turismo lento, energie rinnovabili e innovazione sociale, trasformando le fragilità in punti di forza».
«Inoltre, l’Italia ha un patrimonio di fondi europei e nazionali che può essere indirizzato a queste aree, creando programmi di sviluppo partecipativi che coinvolgano le comunità locali. Non si tratta di “gestire il declino”, ma di investire nella resilienza e nella vitalità di territori che rappresentano la vera anima del nostro Paese. Le comunità delle Aree Interne non vogliono essere considerate semplicemente come “problemi” da contenere o “casi terminali”. Chiedono di essere ascoltate, valorizzate e dotate di strumenti per autodeterminarsi. È una questione di dignità, di rispetto per la storia e le potenzialità di chi da generazioni vive e lavora in queste zone».
«Se vogliamo davvero costruire un’Italia coesa, dobbiamo tornare a fare politica con la “P” maiuscola: ascoltare le esigenze di tutti i territori, investire in modo strategico e credibile, e riconoscere che la ricchezza del nostro Paese si trova anche e soprattutto nelle sue periferie. Il futuro delle Aree Interne non può essere quello di un “declino programmato”. È il momento di invertire questa tendenza, di investire con coraggio e lungimiranza, e di dimostrare che si può ancora credere in una nazione che valorizza tutte le sue comunità, senza lasciarle al loro destino. Solo così potremo evitare che il nostro Paese diventi una Repubblica a due velocità, e ridare speranza a chi oggi si sente dimenticato» conclude.