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Scopriamo i segreti di Mandatoriccio e del suo dolce tipico: il Manicotto

7 minuti di lettura

MANDATORICCIO – Pubblichiamo di seguito il contributo del professor Franco Emilio Carlino, documentarista, storico, socio della Deputazione di Storia Patria per la Calabria.

Sabato 28 e domenica 29 agosto a Mandatoriccio, nella suggestiva cornice di piazza Duomo, cinta dal Castello Feudale, voluto dal suo fondatore Teodoro Dionigi Mandatoriccio, e della Chiesa Madre SS. Apostoli Pietro e Paolo, si terrà l’attesa iniziativa per magnificare il più importante dolce tipico della tradizione mandatoriccese: “il Manicotto”. L’evento, voluto dal Comune di Mandatoriccio, come “importante opportunità di sviluppo”, in collaborazione con le Associazioni il Calice di Ebe, Coordinamento Donne e la Pro Loco è stato patrocinato e finanziato dalla Regione Calabria.        

Si tratta di due giorni come sostengono gli organizzatori «all'insegna della cultura enogastronomica ed identitaria». I lavori del Convegno prenderanno il via sabato 28 agosto con la presentazione ufficiale, a cura dell’Amministrazione Comunale, della certificazione e del marchio relativo al manicotto, alla presenza delle autorità ed esperti del settore. Domenica 29, invece, alle ore 10,30 «si partirà con il laboratorio esperienziale, rivolto ai ragazzi ma aperto a tutti, dove guidati dalle mani capaci delle massaie locali e dall’esperta di enogastronomia Giulia Cosenza» si potranno scoprire i segreti della cucina tradizionale.

A seguire, «la serata di domenica infine sarà dedicata alla degustazione dei Manicotti di Mandatoriccio e di altre prelibatezze locali». Pertanto non rimane che salire a Mandatoriccio per festeggiare, insieme alla comunità, la conclusione delle attività che sanciscono il particolare e significativo riconoscimento del “Manicotto” mandatoriccese, quale dolce della tradizione locale come prodotto certificato dalla Denominazione Comunale di Origine (De.C.O.).

Ma vediamo esattamente di cosa si tratta. Già in altre occasioni ebbi modo di scrivere su questo particolare ed esclusivo dolce tipico della tradizione mandatoriccese, pertanto, ritorno volentieri sull’argomento per associarmi personalmente alla lodevole iniziativa. I ‘manicúatti’, sono dolci tipici natalizi, ma ormai sdoganati e largamente apprezzati per la loro bontà e le qualità si preparano anche per le diverse occasioni di festa, soprattutto in occasione dei matrimoni.

Mandatoriccio, anche nel caso dell’arte culinaria preserva le sue secolari tradizioni (400 anni nel 2034), la sua cultura e la sua storia. La sua tradizione gastronomica, come pure quella della pasticceria è ricca di numerose e squisite pietanze e di stuzzicanti dolci tra cui i ‘manicuatti’. Questi ultimi, i cui ingredienti sono la farina, il lievito, le uova, il vermut, la cannella e lo zucchero, si preparano impastando la farina con il lievito e l’acqua aggiungendovi le uova, in rapporto alla quantità desiderata, come pure l’olio e il vermut fino ad ottenere una pasta ne molto dura e ne morbida. Una volta fatti lievitare ed ultimata la lievitazione si preparano dei filoncini da tagliare successivamente a strisce.

Le singole strisce, avvolte intorno alla mano, vengono passate sul lato di un cestino per conferire la particolare forma del manicotto sul quale rimarrà impresso il motivo ornamentale dell’intreccio delle canne. A parte si prepara l’olio portandolo ad ebollizione. Immersi poco alla volta nell’olio, i manicotti si gonfiano e galleggiano. Una volta indorati vengono tolti dal tegame e fatti sgocciolare in un recipiente. Sono pronti per essere consumati caldi semplicemente fritti oppure passati nello zucchero macinato insieme alla cannella. Pe degustarli, vale la pena salire a Mandatoriccio. Per quanti vorranno partecipare per trascorrere una serata all’insegna della condivisione riporto di seguito alcune notizie sulla storia del luogo.

Mandatoriccio, grazioso e incantevole borgo, ricco di paesaggi e bellezze naturali, accarezzato dai fiumi dell’Arso e l’Acquaniti è posto alle propaggini montuose della Sila. Incastonato tra il mare Ionio e i monti della Presila Greca, adagiato su di una ridente collina situata sulla costa del basso Ionio cosentino, a 565 m. sul livello del mare, ma con variazioni altimetriche abbastanza spiccate tanto da raggiungere quasi i 900 m. di quota nelle parti montane del territorio, entra sulla scena geografica del comprensorio della Calabria Citra, nel centro dell’antica Bruzia, collocandosi nell’ambiente territoriale della pianura di Sibari, tra Rossano e Cariati, tra il 1619-1634, ma al centro di un circondario più vasto, a metà strada tra la stessa Sibari e Crotone, due delle città emblema di quella che è stata, sul territorio, la civiltà Magno-Greca. L’abitato visto dall’altopiano di Cessìa, evidenzia la sua caratteristica conformazione urbanistico-topografica a forma di ipsilon “Y” e il territorio comunale confina con i Comuni di Scala-Coeli, Pietrapaola e Campana.

Il vecchio Borgo medioevale, con il suo delizioso Centro Storico e la moderna zona della Marina si integrano perfettamente accogliendo una popolazione complessiva di 2.911 abitanti di cui 1.445 M. e 1.466 F. occupanti una superficie di 36,77 kmq per una densità di 79,2 abitanti per kmq. Oggi, la moderna cittadina in provincia di Cosenza, fa parte della Comunità Montana “Sila Greca”, inserita nella Regione Agraria n. 17 - Colline Litoranee di Cariati, si presenta come un mondo di colori diversi, belli e vivaci e si mostra agli occhi del visitatore con le sue diverse peculiarità tutte da godere: la montagna, il mare, le case, le viuzze, gli slarghi, il castello feudale, la torre dell’Arso, le chiese, le piazze, i personaggi, le tradizioni, le sue diverse sorgenti, i ruscelli, i torrenti, l’aria fresca e salutare e uno splendore immenso. Per la sua posizione privilegiata, il paese ha un gradevole clima in tutte le stagioni. I suoi abitanti, dediti prevalentemente alle tipiche attività agricole, dell’artigianato, soprattutto quello della lavorazione ormai centenaria dell’erica per la produzione delle pipe dal marchio ‘Carlino’, dell’industria e negli ultimi decenni anche nel settore turistico alberghiero che ha trascinato con se anche un forte sviluppo edilizio, sono chiamati Mandatoriccesi. 

Mandatoriccio, per quanti provengono dal mare è facilmente raggiungibile percorrendo la S.S. 106 Ionica, quasi fino ai confini meridionali della Provincia di Cosenza. Una volta giunti allo Scalo di Mandatoriccio, il Paese si raggiunge lasciando la S.S. 106 e deviando al Bivio imboccando il tratto di Strada S.S. 383, oggi Strada Provinciale 205. Salendo, ci si insinua tra costoni argillosi e in maniera cangiante tra le diverse tonalità di verde: quello lucido degli agrumi, il verde marcio degli eucalipti, il verde intenso delle piante di mirto e quello argenteo degli ulivi.     

Antica è la storia del borgo e secondo la scuola di pensiero di alcuni storici diverse e discordanti risultano essere alcune ipotesi e tesi storiografiche sulle sue origini, che a partire dall’epoca normanna registra un progressivo inurbamento. Le ricerche finora svolte allo scopo di comprendere le dinamiche che hanno portato alla formazione e configurazione dell’attuale nucleo storico di Mandatoriccio, se pure provenienti da documenti cartografici risalenti ad epoche diverse, non sono sufficienti a coglierne la sua evoluzione con certezza. Tuttavia, da notizie storiche documentate e presenti nell'Archivio di Stato di Napoli, secondo il Catasto del 1608-1741, Mandatoriccio originariamente fa­ceva parte della Calabria Cite­riore come Casale di Pietrapaola con dipen­denza dal Distretto Ecclesiastico di Rossano.

Circa la sua fondazione attraverso le recenti ricerche credo siano stati superati molti dubbi, per cui questa ormai è fatta risalire intorno ai primi anni del XVII secolo, in pieno periodo feudale, per merito di Teodoro Dionigi Mandatoriccio, da cui ne prende il nome. Questi era un facoltoso e benestante commerciante appartenente al ceto borghese della nobile famiglia dei Mandatoriccio di Rossano. Anche sul toponimo non mancano le diverse ipotesi come quelle che sostengono che Mandatoriccio derivi dal termine greco Mandràtoras (μανδράτορας) (padrone di mandrie) essendo stato il luogo da sempre via privilegiata della transumanza per greggi e mandrie di armenti che dalla costa si dirigevano verso i verdi pascoli della Sila oltre che importante stazione di sosta per ristorare uomini e animali, mentre altre ipotesi ritengono che il termine sia riferito al cognome del fondatore Teodoro Mandatoriccio o potrebbe derivare dal latino mandatoricius, da mandator (subordinatore) o mundator (ripulitore).

Le sue origini, con i suoi quattrocento anni, affondano nella storia del periodo feudale e della difficile epoca   del Vice Regno spagnolo. Un periodo molto controverso nel quale punto di riferimento fu la costruzione del castello feudale, trasformata in fortificazione intorno al quale si sviluppò il borgo. Alla morte di Teodoro Dionigi Mandatoriccio, duca di Crosia e barone di Mandatoriccio, Pietrapaola, Calopezzati e Caloveto, titolare del Feudo divenne il figlio Francesco, come 2° duca di Crosia, che morto senza prole, dopo alcune vicende anche legali, gli subentrò la sorella, Vittoria Mandatoriccio 3ª duchessa di Crosia.

Estinta con Francesco la famiglia dei Mandatoriccio ed essendo Vittoria maritata con Giuseppe Ruggero Sambiase, principe di Campana, per successione femminile, i possedimenti feudali dei Mandatoriccio passarono alla nobile famiglia cosentina dei Sambiase, ramo di Campana che ne detenne il possesso sino all’abolizione della feudalità, imposta dalle leggi francesi. Durante il governo di Felice Nicola Sambiase, figlio di Vittoria Mandatoriccio e Giuseppe Ruggero Sambiase, nel 1708 Mandatoriccio divenne parrocchia grazie alla Bolla Ecclesiale emanata dall’allora Arcivescovo di Rossano, Andrea Adeodati. Inoltre, l’ordinamento amministrativo disposto dai francesi per legge il gennaio 1809, considerò Mandatoriccio «Luogo», ossia «Università» nel cosiddetto Governo di Cariati”.

Acquisita la sua autonomia amministrativa, Mandatoriccio ebbe per un certo periodo come frazione anche Pietrapaola che successivamente riacquistò la sua indipendenza, ma che incorporò nuovamente nella sua giurisdizione agli inizi del secolo scorso, sino a quando Pietrapaola nel 1934 diventò definitivamente comune autonomo.

Con gl’inizi dell’Ottocento, Mandatoriccio si fece apprezzare per il suo contributo alla causa della libertà con il garibaldino Leonardo Chiarello.

 

Mandatoriccio, come i diversi paesi del circondario, non fu immune al fenomeno del brigantaggio, anzi rappresentò per alcune bande tra le quali quelle di Salvatore Grande e di Leonardo Sanfelice, punto strategico per il loro riparo. 

A parte la caratteristica del suo centro storico medioevale, interessanti sono le testimonianze storico-archeologiche-architettoniche presenti sul proprio territorio come alcuni siti cavernicoli, i siti archeologici di Gabella e di Manche di Procello, il Castello, oggi residenza municipale,  la Torre dell’Arso con le sue facciate a vela, emergenza architettonica del territorio risalente al periodo normanno ed esempio unico di masseria fortificata, la Chiesa Madre dei Santi Apostoli Pietro e Paolo, originariamente dedicata a San Nilo, in cui si può apprezzare la bellezza del suo  soffitto ligneo; la Chiesa di Santa Maria delle Grazie alla Cona, quella della Madonna Addolorata in Piazza Garibaldi e di San Giuseppe Operaio alla Marina, l’arco di via Roma, una volta dotato di ponte levatoio e utilizzato come ingresso al borgo,  parti  delle mura a protezione della città.

Bibliografia:

-Franco Emilio CARLINO, Mandatoriccio Storia Costumi e Tradizioni, Ferrari, Rossano, 2010;

-Franco Emilio CARLINO, Trame di continuità Volume I. La Calabria e lo Ionio cosentino sino alla nascita del Casale di Mandatoriccio, Ferrari, Rossano, 2013;

-Franco Emilio CARLINO, Mandatoriccio Storia di un Feudo. Dal Nobile Casato dei Mandatoriccio di Rossano alla blasonata famiglia dei Sambiase di Cosenza. Dai Toscano-Mandatoriccio fino all’Unità d’Italia (1619-1860).  Imago Artis, Rossano, 2016;

-Franco Emilio CARLINO, I Toscano Patrizi Rossanesi, Storia, Genealogia e Feudalità, L. Pellegrini Editore, Cosenza, 2020.

Franco Emilio Carlino
Autore: Franco Emilio Carlino

Nasce nel 1950 a Mandatoriccio. Storico e documentarista è componente dell’Università Popolare di Rossano, socio della Deputazione di Storia Patria per la Calabria e socio corrispondente Accademia Cosentina. Numerosi i saggi dedicati a Mandatoriccio e a Rossano. Docente di Ed. Tecnica nella Scuola Media si impegna negli OO. CC. della Scuola ricoprendo la carica di Presidente del Distretto Scolastico n° 26 di Rossano e di componente nella Giunta Esecutiva. del Cons. Scol. Provinciale di Cosenza. Iscritto all’UCIIM svolge la funzione di Presidente della Sez. di Mirto-Rossano e di Presidente Provinciale di Cosenza, fondando le Sezioni di: Cassano, S.Marco Argentano e Lungro. Collabora con numerose testate, locali e nazionali occupandosi di temi legati alla scuola. Oggi in quiescenza coltiva la passione della ricerca storica e genealogica e si dedica allo studio delle tradizioni facendo ricorso anche alla terminologia dialettale, ulteriore fonte per la ricerca demologica e linguistica