di MARTINA FORCINITI e SAMANTHA TARANTINO [gallery link="file" columns="4" ids="14273,14274,14275,14276,14271"]
«Poteva davvero trasformarsi in una tragedia. Io stessa oggi, e come me la mia famiglia e tutti i miei clienti, potremmo non essere qui a parlarvi di quelle interminabili ore». La proprietaria del rinomato
ristorante-pizzeria Bella Napoli, investito in pieno dalla furia rabbiosa del
Torrente Citrea che proprio in quella curva anomala ha deciso di rompere i suoi argini, ci racconta a stento degli incommensurabili danni, dei danneggiamenti, dei guasti che ha subito il suo locale. Il sogno di una vita, realizzato lentamente con sacrifici, infiniti risparmi, progetti. «Tutto ridotto ad un cumulo di macerie nel giro di qualche ora. Non saprei da dove iniziare nella conta dei danni: se dai frigoriferi, dalle celle, dalle friggitrici trascinate via e distrutte dalla forza dell’acqua, o se dalle tonnellate di conserve, raccolte in prospettiva delle numerose prenotazioni del Ferragosto, disperse nel fango. Chissà quando riusciremo a riaprire e a tornare operativi. Noi che sulla stagione estiva, come formiche nel periodo invernale, puntavamo tutti i nostri investimenti. Eppure non riusciamo a non sentirci ottimisti, se non altro perché al di là delle perdite materiali, festeggiamo l’incolumità di tutti. E pensare che quella stessa notte nel nostro locale abbiamo avuto centinaia di persone fino a tarda ora».
Già, perché quella di quest’anno era un’annata speciale. Tante richieste, prenotazioni, presenze garantite fino al mese di settembre. Rossano come Gallipoli, meta desiderata e gettonata. Di seconde case sfitte, così come di sdraio vuote e ombrelloni chiusi, neanche l’ombra. Almeno fino a quello sfortunato giorno. In cui in tanti hanno perso tutto. «
Sotto i miei stessi occhi ho visto la piena portarsi via tutte le automobili della mia famiglia - è il racconto di un cittadino di Viale Sant’Angelo che, come tanti, ha guardato impotente la furia dell'acqua mista a fango. E tra mura sfondate, pavimenti imbrattati, l’odore acre e pungente del fango che penetra nelle narici e mozza il respiro, l’impotenza di fronte alla rabbia di un torrente che accatasta le auto una sull’altra quasi fossero leggerissimi fogli di alluminio, l’unica consapevolezza da rincorrere e tenersi stretta è quella di avercela fatta. Nonostante tutto. Scantinati, pianterreni, box invasi dall’acqua e dal fango, ma non solo lungo il viale. A pagare il salatissimo conto presentato ai cittadini dalla natura è stato anche il centro cittadino. Perché quel fiume inesorabile non ha risparmiato nessuno, riducendo in macerie attività promettenti come
La Galleria della Sposa di viale Margherita o
Perla di Calabria che con le mani sporche di fango e le luci al momento spente, sono già pronte a ripartire. E se a testimoniare è chi riesce a correre sulle proprie gambe, in tanti hanno conosciuto sì quella violenza che ti lascia indifeso e disarmato.
Ma anche la solidarietà dei soccorritori di professione, dei vigili urbani e del fuoco, dei Carabinieri e della Polizia a cui tutti hanno riconosciuto la rapidità e l’efficacia dell’intervento. E quella, ancora più vera, dei cittadini comuni. Perché è proprio vero che, a volte, la sventura unisce in nome di un istinto primordiale: restare vivi.