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Eroe o Fuorilegge? Il Re della Montagna: il Brigante Palma

2 minuti di lettura

In molte città del sud, oggi 13 febbraio, si ricordano le vittime meridionali dell’Italia. Chi era davvero il Brigante Palma?

di JOSEF PLATAROTA “Ci potranno togliere la vita, ma non ci toglieranno mai la libertà”. La frase è del film Braveheart pronunciata da William Wallace sul campo di battaglia di Stirling verso quei poeti guerrieri scozzesi che stavano per combattere per l’indipendenza dalla corona inglese. Di cuori impavidi anche la nostra terra ne ha conosciuti, ed ogni tanto portare avanti una civile riabilitazione storica non può che fare bene ad un Meridione troppo abituato a subire la sua "non" storia. Perché il potere è anche questo: convincerti di averti donato la libertà insieme a leggi, disciplina, ponti e strade. Il brigantaggio, grazie al fervore di fonti storiche autorevoli giunte fino ai giorni nostri, può conoscere questa rispolverata dai malloppi cartacei in un nome: Domenico Straface, il brigante Palma. L’aura di questo Robin Hood che lasciava di bocca in bocca le sue imprese sull’altopiano della Sila è arrivato ai giorni nostri. È entrato nel gergo comune anche nel dire: “era culonna” un’imprecazione di sconcerto che deriva dalla Colonna Infame di piazza Steri, dove la testa di Palma fu posta dopo la sua decapitazione sommaria. E ancora “ten u coraggio e Palma”. Domenico Straface nacque a Caloveto, da una ragazza madre che faceva la levatrice e che, dopo la nascita del figlio, si trasferì a Longobucco. Qui il futuro brigante crebbe sotto una luce speciale, iniziò ad imparare a leggere e a scrivere e decise di trasferirsi a Rossano. Ormai adulto, rispose con le mani ad un offesa ricevuta e perpetuata da un signorotto bizantino. Non ebbe altra alternativa che iniziare un lungo periodo di clandestinità, evitando così una fine cruenta destinata a chi si permetteva di schiaffeggiare un nobile.
PALMA CONOSCEVA IL PESO DELL'UMILIAZIONE
Qui conobbe con mano il destino povero e triste dei vilipesi e decise di creare una banda e unirsi al brigantaggio. È bene ricordare che i briganti non sapevano di essere briganti, molte volte erano disperati che razziavano senza un valido motivo o un ideale. Il Brigante Palma no. Lui che si firmava come il Re della Montagna, conosceva il peso dell’umiliazione e dell’essere evitato in quanto povero. La sua banda era composta da 12 fedeli “apostoli”, e da prima difese contadini e umili dal regime borbonico e, successivamente, manifestò il rifiuto verso il nuovo potere sabaudo. Sono molti gli aneddoti della sua vita. Vestiva con abiti ricchi e non lasciava a nessuno il sospetto circa la sua vera identità. Tra mito, realtà e leggenda spicca la curiosità relativa al Colonnello Milon - nemico giurato di Straface - che, recatosi ad un concerto nel "Teatro Paolella", parlò tutta la sera con il vicino di posto in maniera cordiale e scherzosa. A fine serata, quando il nuovo amico era ormai andato via, frugando nelle sue tasche trovò un biglietto: “È stato un piacere conoscerla. Brigante Palma”. Ma tra la storia reale e quella dei fatti c’è un abisso rappresentato dall’epopea di questo eroe rusticano; colui che rubava ai ricchi per donare ai diseredati e agli ultimi.
TRA I MORTI PER LA REPRESSIONE DEL BRIGANTAGGIO TROPPI UOMINI CHE DECISERO DI BARATTARE LA VITA PER LA LIBERTA'
La leggenda lascia lo spazio alla Real Politik: Palma venne da prima sparato sulle montagne della Sila e poi finito con un rasoio da un barbiere, come si usava nella Calabria di 150 anni fa. La sua testa venne esposta in Piazza Steri fino alla sua decomposizione. L’orrore di vivere nella parte sbagliata della Storia, quella che non lascia nulla. Rimane soltanto l’olocausto della Legge Pica, ovvero “la procedura per la repressione del brigantaggio nelle provincie infette”. Alla fine i morti furono 14.000 e tra di loro vi erano molti, forse troppi, uomini che come Palma decisero di barattare la vita per la libertà.
Redazione Eco dello Jonio
Autore: Redazione Eco dello Jonio

Ecodellojonio.it è un giornale on-line calabrese con sede a Corigliano-Rossano (Cs) appartenente al Gruppo editoriale Jonico e diretto da Marco Lefosse. La testata trova la sua genesi nel 2014 e nasce come settimanale free press. Negli anni a seguire muta spirito e carattere. L’Eco diventa più dinamico, si attesta come web journal, rimanendo ad oggi il punto di riferimento per le notizie della Sibaritide-Pollino.