di SERAFINO CARUSO Sono i nuovi lavoratori statali in nero. Quelli che prestano servizio lavorativo a tutti gli effetti nelle varie Procure italiane. Per 400 euro mensili.
In totale, sono 1.502 persone provenienti da tutto il territorio nazionale. Di loro, 650 circa sono calabresi. Che prima prestavano servizio, in qualità di corsisti e tirocinanti, nei Tribunali e nelle Procure della nostra Regione. Da fine dicembre, invece, molti sono dovuti emigrare.
Un centinaio di questi, infatti, è stato costretto a
trasferirsi in altre città: chi a Pavia, chi a Gorizia, chi a Padova, chi a Bari, ecc. In Calabria, così come previsto dal bando emanato dal Ministero di Grazia e Giustizia lo scorso settembre, ne sono rimasti 23. E gli altri? Sparpagliati in tutta Italia. La loro lunga e tormentata storia verso un posto di lavoro “normale” inizia nel 2010. Vista la forte carenza di personale amministrativo in tutti i Tribunali e le Procure d’Italia, si procede a selezionare personale inoccupato per partecipare ad un corso di formazione per personale amministrativo nei Tribunali. Per quanto ci riguarda, la Provincia di Cosenza si assume l’impegno di selezionare il personale.
Al Tribunale di Rossano, sono circa cinquanta le persone che iniziano questo corso. Di sei mesi, per cinque ore al giorno. Che l’anno seguente diventa un “perfezionamento al corso formativo”. Quando arriva la chiusura del Tribunale di Rossano, l’unico Tribunale disposto ad assorbire il personale precario di Rossano è quello di Crotone. Dove si dà inizio al “tirocinio”. Poi, l’anno dopo, il “perfezionamento al tirocinio”. Che dura fino al 2015. Nello scorso mese di settembre, il Ministero di Grazia e Giustizia emana un bando, riservato ai tirocinanti, per una “borsa di studio di perfezionamento al tirocinio”.
Insomma, lo chiamano in tutti i modi e in tutte le salse. Cambia la forma, ma non la sostanza: precari erano e precari sono rimasti. Nonostante il settore giustizia in Italia “lamenti”
una carenza di personale amministrativo di ben 9.000 unità. I precari giustizia svolgono mansioni lavorative del tutto equiparabili a quelle degli impiegati. Ma non hanno alcun diritto riconosciuto, se non la malattia. Chi mette a posto gli archivi, chi riceve il pubblico: tutti svolgono lavoro amministrativo. Dovevano essere destinati agli “Uffici del processo”. Che ancora non sono stati costituiti. Gli attuali lavoratori in pianta organica dei Tribunali italiani non riescono a compiere tutta la mole di lavoro che c’è. Ma lo Stato resta sordo alle loro richieste di aiuto. I precari continuano a rimanere precari. A 400 euro mensili. Che bastano, per chi deve spostarsi fuori, solo per le spese. Tenuto conto che affittare una camera di b&b costa non meno di 30 € al giorno. E chi presta servizio molto lontano è costretto a fittare una stanza. Per almeno dieci giorni. Svolgendo otto ore di lavoro al giorno, in maniera tale da poter rientrare in Calabria per il resto dei giorni mensili.
Fino a quando andrà avanti questa storia? Quando deciderà, il Governo centrale, di stabilizzare e dare un futuro a questi lavoratori, molti dei quali con famiglia?