La Cassazione ha definitivamente chiuso sul piano giudiziario la vicenda di Fabiana, confermando la sentenza di secondo grado che infligge complessivamente
18 anni di pena. Esito che non soddisfa pienamente, sarebbe stata più
giusta la conferma della condanna di primo grado. Rimane l’assurdità di un procedimento che siccome a carico di un minorenne (all’atto del delitto) non consente ai familiari della vittima e a nessuno di potersi costituire Parte Civile. Che, come ha detto più volte
Mario Luzzi, non ha permesso né a lui e né alla sua famiglia di potere difendere la figlia; di venire informato ufficialmente delle varie udienze, ma di apprenderne le date da informazioni di giornalisti. Rimane l’incognita dell’effettiva e severa esecuzione della pena, che ulteriori benefici non la svuotino. Rimane incancellabile il dolore per la perdita di
Fabiana. Rimane il vuoto da lei lasciato, al quale nessuna punizione potrà mai rimediare. Rimane la sua assenza, che si avverte, che paradossalmente si sente. Un danno esistenziale che nessuna condanna potrà mai ripagare. Rimane il conforto che questo
omicidio non sia rimasto incagliato nelle insidie delle inefficienze della giustizia italiana e non sia stato soffocato dal boicottaggio degli azzeccagarbugli, pronti a sfruttare qualsiasi cavillo e capaci di dimenticare la sostanza di un orribile delitto ed incapaci di riuscire a difendere legittimamente i loro assistiti e contemporaneamente mantenere il dovuto rispetto per le vittime, ma sia giunto a condanna definitiva del colpevole. Rimane l’impegno a continuare a lottare perché altre donne, giovani e meno giovani, non subiscano maltrattamenti, non siano lasciate a soffrire in silenzio e sia data loro l’opportunità di potersi liberare e difendere dai loro aguzzini.