Eolico offshore, il cinismo tranciante dei social in un mare d'inconsapevolezza
Bisogna chiedersi se i No alla realizzazione dell'eolico in mare sia motivato da un rischio certificato di impatto su paesaggio e turismo, o invece di una strategia mirata ad ottenere un ritorno, economico o occupazionale, per la comunità
C'è qualcosa nel microcosmo in cui viviamo che ogni tanto scuote le nostre menti; qualcosa che percepiamo come un'indebita intromissione nell'equilibrio che ci circonda. Un equilibrio apparente, in verità, considerata la persistente precarietà di servizi in settori vitali e l'inarrestabile fuga dei nostri giovani verso altre mete.
Continuiamo, tuttavia, a credere che in questo nostro equilibrio l'agricoltura e il turismo (e attività strettamente connesse) debbano essere le sole frontiere possibili di progresso economico e che tutto ciò che esula da questi settori costituisca una minaccia per l'integrità di ambiente e paesaggio. Requisiti di cui a ben ragione pretendiamo il rispetto, memori (forse) dei lunghi anni di aggressioni che, a cominciare da noi stessi, si sono perpetrate contro l'una e l'altro: lo smaltimento incontrollato di rifiuti, la scarsa prevenzione dei rischi idrogeologici, il consumo abnorme (legale e illegale) di suolo che ha impoverito i Centri storici, e provocato erosione costiera e allagamenti.
Errori che dobbiamo con onestà riconoscere perchè, di fatto, hanno concorso a creare ambiente e paesaggio che oggi noi offriamo ai turisti e che ci costano un dispendio enorme di energia. Sono fenomeni generalizzati, ormai, soprattutto sul nostro quadrante jonico, aggravati da un'oggettiva "distrazione" dello Stato che sembra perseverare nel tenerci in posizione marginale, provocando un atteggiamento vittimista e di autodifesa della comunità indotta, quasi automaticamente, a credere che tutto ciò che esula dalle sue consuetudini congiuri contro di lei.
Mentre occorrerebbe fermezza, si, ma altrettanta lucidità nel saper distinguere le opportunità dai danni veri e non limitarsi a consegnanre al cinismo tranciante dei social problematiche che, invece, meritano riflessioni approfondite e confronto con esperti. E chi meglio dell'Amministrazione Comunale, chiamata ad operare scelte dirimenti per il territorio in nome e per conto della comunità amministrata, potrebbe farsi promotrice di pubblici dibattiti per rendere i cittadini partecipi delle scelte e abituarli alla civile discussione sulle singole questioni? La diversità di vedute non è un disvalore nè un limite da aggirare, così come non lo sono le decisioni finali che possono accontentare una parte e deludere l'altra, ma almeno si fonderebbero su un solido presupposto di chiarezza.
Come per il recentissimo caso del progetto di eolico off shore che oltre a dividere l'opinione pubblica in posizioni contrarie ad oltranza, e favorevoli (o tuttalpiù neutre), ci ha consegnato un comunicato secco del Sindaco in cui afferma la contrarietà al progetto in quanto,"pur riconoscendo l'importanza delle energie rinnovabili, questo tipo di impianti non garantisce alcuna forma di occupazione o compensazione seria e danneggia ancora una volta la Calabria".
Viene da chiedersi, in conseguenza di questa dichiarazione, se si tratti di un NO "tombale" motivato da un rischio certificato di impatto su paesaggio e turismo, o invece di una strategia mirata ad ottenere un ritorno, economico o occupazionale, per la comunità.
In entrambi i casi si tratterebbe di dimostrare che la partecipazione della nostra Regione all'aumento della capacità energetica rinnovabile della rete nazionale ( che attualmente è arrivata al 43%, contro il 48% della fossile ) comporti un danno reale per la comunità, anche quando le pale distano 20 km dalla costa. Un argomento interessante a cui, io credo, la comunità avrebbe diritto di partecipare anche per sgomberare il campo dal dubbio che il "No" possa essere ricondotto al sospetto di probabili manovre affaristiche (ancora) sottese al progetto, oppure a mera contrapposizione politica nei confronti del Governo che ha dichiarato che il Sud deve diventare hub energetico nazionale, o alla convinzione che il transito e l'approdo di navi da crociera nel nostro porto siano meno impattanti sull'ambiente rispetto alle pale eoliche in alto mare.
di Anna Maria Brunetti, ingegnere