Non era scritto. E non lo è ancora
Un anno di racconti, conflitti e domande aperte su un territorio che non è condannato al margine, ma chiamato a scegliere se restare fermo o diventare finalmente protagonista del proprio futuro
Non è stato un anno facile, il 2025. Non lo è stato per questo territorio, e nemmeno per chi ha scelto di raccontarlo senza indulgenza, senza scorciatoie, senza il conforto delle narrazioni comode.
Abbiamo raccontato molto di quest'altra Calabria, insieme.
Abbiamo raccontato di strade che non arrivano mai a compimento e di ferrovie che sembrano portare solo lontano.
Di sanità che arretra, di ospedali difesi come presìdi di civiltà prima ancora che come servizi.
Di aree interne lasciate a una solitudine sociale e strutturale, spacciata troppo spesso per destino naturale.
Di giovani che partono, di altri che restano, e di qualcuno che prova a tornare, spesso senza che nessuno se ne accorga.
Abbiamo scritto di energia e di paesaggio, di sviluppo e di consumo, di occasioni e di grandi occasioni perse in modo clamoroso come la vicenda Baker Hughes che continuerà a bruciare per decenni sulle storie di questo territorio.
Di opere annunciate, finanziate, di altre rimandate.
Di fondi che arrivano e di visioni che faticano ad materializzarsi insieme a quei fondi.
Ma soprattutto abbiamo continuato a scrivere come un mantra, senza stancarci mai, di consapevolezza.
Che è una parola fragile, lenta, per niente spettacolare.
Eppure è l’unica che può tenere insieme tutto il resto.
Perché questo territorio – la Calabria del Nord-Est, lo Jonio, l’entroterra, le comunità sparse e resistenti – non è condannato a essere periferia.
Lo diventa solo quando smette di interrogarsi, quando accetta di essere raccontato sempre dagli altri, quando rinuncia a immaginarsi diverso.
Nel 2025 qualcosa si è mosso.
Non abbastanza da parlare di svolta.
Ma abbastanza da capire che la rassegnazione non è più totale, che l’idea di “non si può fare” comincia, timidamente, a perdere terreno.
È stato un anno in cui abbiamo visto cittadini organizzarsi, comitati nascere, amministrazioni – alcune e solo in alcune aree – provare ad alzare lo sguardo oltre l’ordinario.
Un anno in cui il dibattito pubblico, seppur spesso acceso, ha mostrato un segnale importante: la voglia di contare, di incidere, di non subire.
Ecco perché vale la pena dirlo chiaramente, proprio oggi che l’anno finisce: il destino di questa terra calabrese del nord-est non è scritto.
Non lo era prima, quando tutto sembrava immobile.
Non lo è adesso, mentre qualcosa prova a muoversi.
E non lo sarà nemmeno domani, se non continueremo a confondere la complessità con l’alibi, e l’attesa con la prudenza.
Il futuro non arriva con un "panaro" dal cielo. Il futuro si costruisce. E si costruisce solo se saremo capaci di scriverlo, insieme, con responsabilità, con competenza, con una visione che tenga dentro infrastrutture e cultura, servizi e identità, economia e giustizia sociale.
Eco dello Jonio, il gruppo di giovani giornalisti che ogni giorno si impegna a scrivere e nerrare questa terra in ogni sua declinazione, continuerà a fare la sua parte: raccontare, analizzare, disturbare quando serve.
Non per dire che va tutto male. Ma per ricordare che può andare meglio, se smettiamo di aspettare che qualcuno lo faccia al posto nostro.
Il 2026 non sarà l’anno delle risposte definitive.
Ma può essere l’anno per porsi ancora le domande giuste, spesso indigeste a chi quel destino pretende di averlo già scritto a utile suo e a danno di tutti gli altri.
E, forse, sarà l'anno dei primi passi davvero consapevoli.
Perché il futuro, da queste parti, non è un’eredità.
È una responsabilità.
Per il momento non resta che augurarvi di chiudere questo anno con letizia e serenità per caricare le batterie e ripartire, tutti, con più determinazione a costruire un 2026 che deve essere di totale costruzione. Un 2026 in addizione!