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Nuovo Pignone BH, la verità ignorata: rischiamo di rimanere eterni braccianti

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Prima la paura della chimica pesante; poi il timore della "bomba a metano"; successivamente, l'incubo dell'inquinamento marino e delle emissioni; infine, il preconcetto storico e ideologico contro gli "americani". La vicenda della Nuovo Pignone Baker Hughes, che nei mesi scorsi ha manifestato l'interesse di utilizzare una delle "penisole" interne al porto di Corigliano-Rossano (3 banchine e mezza in totale), è stata costellata da una serie di balle stratosferiche e da teorie che, a conti fatti, non trovano fondamento. Da nessuna parte!

Tutti sanno ormai - e chi non lo sa è solo in malafede - che l'insediamento di Nuovo Pignone BH nel porto di Corigliano-Rossano, per quanto possa essere invasivo all'interno di una grande infrastruttura portuale che, però, negli ultimi 50 anni (da quando è stata realizzata) non ha prodotto risultati produttivi significativi se non dare ricovero a quella che un tempo era la più grande marineria peschereccia del Mediterraneo, dopo quella di Mazara del Vallo, prima di depotenziarsi per varie vicissitudini, altro non è che una grande industria metalmeccanica, moderna e innovativa. Un po' come quella grande industria automobilistica Made in Italy che, nell'ultimo secolo, ha fatto le fortune di Stati, regioni e territori. Tuttavia, nella grande darsena della Sibaritide non si produrrebbero automobili ma grandi componenti per l'industria estrattiva del gas, destinati ad altre parti del mondo.

Per dire ostinatamente no a questo progetto, ci si è inventati di tutto (e tutto, dal complotto all’allarme distruzione di massa, è stato puntualmente smentito), si sono costruite congetture sul verosimile, si sono assemblati pezzi di di diverse paure e preconcetti e alla fine non è rimasto altro che il cavillo tecnico-giuridico. Nulla di compromettente dal punto di vista ambientale, sociale o sanitario, ma solo una giusta, seppur eccessiva, pignoleria nel far valere le regole in punta di diritto, fino alla virgola. Nuovo Pignone BH non può entrare nel porto perché la procedura autorizzativa da parte dell'Autorità Portuale sarebbe stata sbagliata. Da qui il ricorso del Comune di Corigliano-Rossano al Presidente della Repubblica, contro il "vizio procedurale". Una tattica, immaginiamo, del Sindaco Stasi e del Comune per prendere tempo e cercare ancora la via della mediazione sia con gli “ostili” al progetto, sia con l’azienda. Che, però, non è interessata a fare un investimento diverso (nell’area retroporto della zona industriale di Corigliano) da quello proposto perché fuori dal suo core business.

Ora, il problema non è certo chi è ostile, perché contro l’impostazione ideologica e il preconcetto si può fare ben poco ed è giusto, legittimo e sacrosanto che qualcuno contesti. Anzi, dovrebbe stupire il contrario: ci sarebbe un disequilibrio della democrazia. Il problema reale è che, tolti i contestatori, c'è una popolazione inerme e apatica. Possibile che in questa città siano tutti contrari all’investimento di Nuovo Pignone BH nel porto di Corigliano-Rossano? No, non è così. E lo dice la percezione reale che c’è nella popolazione. Tuttavia, quella parte dei cittadini che vorrebbe un nuovo investimento, pur riconoscendo l’importanza del progresso che porterebbe un investimento economico di 60 milioni di euro e la nuova iniezione di occupazione (quasi 200 posti di lavoro), rimane in attesa sul divano o al massimo dà il suo timido e distaccato sostegno sui social. Sarebbe opportuno, considerato il momento, che la popolazione scendesse in piazza, si facesse sentire per tutelare l’investimento e per chiederlo a gran voce. Così come, ad esempio, hanno iniziato a fare i sindacati e le associazioni di categoria che, per il momento, però, si sono limitati solo ai comunicati stampa. Come se le grandi vertenze si combattessero solo sui giornali. Anche, ma serve di più.

Serve anche quel coraggio – sia consentito – che alle volte manca alla classe dirigente politica locale, nel fare scelte apparentemente impopolari. È certamente difficile, in un territorio culturalmente conservatore e arretrato (se i giovani vanno via è anche per questo e non solo per la mancanza di lavoro), combattere la reticenza e la paura delle novità. 

Però, la differenza tra il popolo e il capo popolo la fa la visione, la capacità di guardare oltre e immaginare questa città e questo territorio proiettati nel tempo. Cosa potrebbe essere questo contesto sociale fra dieci anni con una classe operaia specializzata e più benestante rispetto a un esercito di braccianti agricoli e lavoratori del turismo precari e stagionali? Cosa significa portare in questo territorio una delle più grandi e avanzate multinazionali dell’Occidente, pronta a innescare un effetto domino di investimenti per tutto l’indotto? Cosa significa mettere in circolo una liquidità salariale stabile e duratura come quella che si creò con Enel negli anni ’70 a Rossano, che permise il boom economico e sociale della città bizantina rispetto al contesto territoriale? Quanto potrà valere avere dalla propria parte, e dalla parte della città, una grande società che ha bisogno di tutelare i propri interessi e quindi anche quelli del contesto sociale che l’accoglie? Per quanto tempo ancora questo territorio può continuare a sopportare la pressione della dicotomia sempre più netta tra "padrone e sotto", tra ricchi e poveri?

Ecco, queste sono le grandi domande che un uomo di governo dovrebbe porsi, prima di assumere qualsiasi decisione. E poi vigilare affinché nulla avvenga in danno alla sua gente. Ad oggi, però, si intravede un solo rischio: che in mancanza di programmazione e visione, nella congiuntura storica più propizia per quanto riguarda i grandi investimenti (che arrivano sempre nei momenti di peggiore crisi), se non si coglie questa opportunità, la Calabria del nord-est rischia altri 50 anni di solitudine, in un costante e irrimediabile impoverimento economico e sociale.

Marco Lefosse
Autore: Marco Lefosse

Classe 1982, è schietto, Idealista e padre innamorato. Giornalista pubblicista dal 2011. Appena diciottenne scrive alcuni contributi sulla giovane destra calabrese per Linea e per i settimanali il Borghese e lo Stato. A gennaio del 2004 inizia a muovere i passi nei quotidiani regionali. Collabora con il Quotidiano della Calabria. Nel 2006 accoglie con entusiasmo l’invito dell’allora direttore de La Provincia, Genevieve Makaping, ad entrare nella squadra della redazione ionica. Nel 2008 scrive per Calabria Ora. Nell’aprile 2018 entra a far parte della redazione di LaC come corrispondente per i territori dell’alto Jonio calabrese. Dall’1 giugno del 2020, accoglie con piacere ed entusiasmo l’invito dell’editore di guidare l’Eco Dello Jonio, prestigioso canale di informazione della Sibaritide, con una sfida: rigenerare con nuova linfa ed entusiasmo un prodotto editoriale già di per sé alto e importante, continuando a raccontare il territorio senza filtri e sempre dalla parte della gente.