Chi ostacola il progresso genererà la desertificazione sociale di questo territorio
Gli impegni sul futuro si assumuno ora, pubblicamente e con chiarezza. La Calabria del nord-est non può continuare a rimanere prigioniera di chi (pochi) dice no a tutto per non perdere il suo posto nel mondo. Viaggiamo col freno a mano tirato
Nel corso della storia, l'umanità ha sempre avuto una spinta verso il progresso e l'innovazione. Un cammino che spesso si è compiuto nel buio e mai privo di ostacoli. Ostacoli di conoscenza ma anche ostacoli ideologici. Questi ultimi i più pericolosi, innescati da chi il progresso gli è sempre stato indigesto. È così da sempre ed è così nella contemporaneità. Chi sono? Sono quelli che non riescono ad adeguarsi ai cambiamenti e li rifiutano; o, peggio, credono che la novità possa sovvertire l’ordine delle cose e quindi possa scardinare interessi (personali o economici) consolidati. Quindi si spingono, quasi istintivamente, a resistere a quel “corpo estraneo” che potrebbe minacciare la loro posizione o il loro modo di stare nel mondo.
È innegabile, quindi, che tali atteggiamenti hanno un impatto negativo sullo sviluppo sociale ed economico della comunità territoriale. Turismo, industria, mobilità, trasporti, agricoltura sono tutti settori che potrebbero essere davvero motrice della Calabria del nord-est. Tutti insieme, indistintamente, senza che l’uno possa dare fastidio all’altro. Eppure, continuiamo a camminare con il freno a mano tirato. E la "fermezza" di alcuni – che non sono la maggioranza ma rappresentano quella parte di popolazione che per interessi personali o puramente ideologici solleva le barricate – mette a rischio, oggi più che mai, lo sviluppo di quest’area. Sviluppo che, nel caso specifico della Sibaritide significherebbe anche riscrivere, anzi ribaltare la narrazione di una terra votata esclusivamente al sacrificio e alla resilienza delle briciole. Oggi quest’area Calabria vive un po’ come Pinocchio: buggerato e raggirato dal gatto e la volpe, da novelli Lucignolo e tanti piccoli Mangiafuoco.
Quando le innovazioni vengono bloccate o rallentate, si perdono opportunità di miglioramento nella qualità della vita e nell'efficienza lavorativa. E tutto questo va a discapito della dignità della persona. Inoltre, la resistenza al cambiamento porta, inevitabilmente, ad allargare sempre più le maglie del divario tra chi è in grado di adattarsi e chi no, creando disuguaglianze e tensioni sociali. Siamo quasi alla fame e presto, tra chi resta (perché in tantissimi continuano a fare biglietti di sola andata da questo territorio) si avvertiranno i contraccolpi pesanti della crisi generale aggravata da quella crisi economica locale generata da zero opportunità e nessuna prospettiva.
Di questo, però, non ne parla nessuno. Non ne parla l’intellighenzia, affaccendata come don Abbondio ad arroccarsi nella torre d’avorio della propria saccenteria, e non ne parla nemmeno la politica. Anzi, la politica evita, schiva, si volta dall’altra parte. Nessuno parla più della vertenza Enel; nessuno parla più della vicenda Porto; nessuno – ultimamente – si esprime sulla nuova Statale 106, e nessuno dice una parola sulla strategia unitaria che si dovrebbe avere per rilanciare l’economia turistica o per mettere in piedi il più grande ed importante distretto agroalimentare della Calabria.
Nessun rappresentante politico dice assolutamente nulla, se non perdersi in gigantismi o ovvietà, perché da un lato c’è un profondo gap di consapevolezza e conoscenza delle cose; dall’altro, invece, parlare in questo momento significherebbe scontentare qualcuno. E sotto elezioni non si può, quando invece si dovrebbe! Gli impegni sul futuro si assumuno ora, pubblicamente e con chiarezza.
Ecco, allora, l’importanza di promuovere la cultura della consapevolezza che non solo accetti il cambiamento, ma lo incoraggi a valorizzare la sovversione dello status quo che ha ridotto questo territorio alla fame e alla sopraffazione di tutti da parte di alcuni. Si chiama giustizia sociale! E noi della giustizia sociale senza barricate ideologiche ne abbiamo fatto una bandiera. Siamo qui per questo. Solo per questo