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Per non odiare il nostro territorio non abbiamo bisogno di treni veloci… ci basterebbero solo i treni

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Nei giorni scorsi ho avuto il piacere e l’onore di intervenire all’evento di presentazione dell’ultima opera del prof Spartaco Pupo – Oicofobia. Il ripudio della Nazione – ospitato nell’Auditorium Alessandro Amarelli nell’ambito dell’ultima tappa della rassegna culturale Estate al Museo. Ne è venuto fuori un momento importante di confronto tra giornalisti, mondo accademico e delle istituzioni, che ha messo sul piatto i “mali” di una terra che odia se stessa nonostante abbia tutti gli ingredienti necessari per trasformare questo odio in amore. Tutti. Tranne uno. I servizi.

In quel contesto sono rimasto molto colpito da una nota a margine, una postilla al suo interessante intervento, fatta dall’assessore all’agricoltura della Regione Calabria, Gianluca Gallo: Si parla tanto di alta velocità in Calabria. Ma sappiamo che un treno veloce potrebbe accorciare di 15, massimo 20 minuti gli attuali tempi di percorrenza per raggiungere la nostra regione. - Un ragionamento coerente alla filosofia di una regione bella e impossibile come la Calabria che ha iniziato a narrarsi diversamente rispetto ai suoi pregiudizi. E ci sta che un luogo incantato come Tropea, dove non arriva l’autostrada e nemmeno i treni ad alta velocità, sappia far leva sulle sue unicità universali per ricostruirsi una identità valoriale, fatta di orgoglio (e non più di pregiudizio) e di una nuova etichetta turistica che è diventata, di fatto, l’etichetta della Calabria in tutto il globo terraqueo. 

Ma Tropea è un unicum in una terra in cui, anche dal punto di vista istituzionale, non si è mai saputo tutelare e difendere le proprie eccellenze. Una ispirazione su tutte potrebbe essere il risibile destino del Caciocavallo Silano DOP che, paradossalmente, era un bene tutelato quando non lo conosceva nessuno per poi diventare un prodotto ibrido e anonimo dopo l’attribuzione del marchio di qualità, con le produzioni che ormai si estendono dalla Basilicata all’Abruzzo. Altro che Silano!

Ma per capire perché è difficile sradicare un “virus” così aggressivo come l’oicofobia, l’odio verso le proprie radici, dalla Calabria e soprattutto dalla Sibaritide, bisogna fare un’analisi sociale del territorio. 

Molti figli della diaspora dei calabresi del nord-est, sono andati via e quando sentono parlare della loro terra d’origine gli viene il voltastomaco. Una volta c’era la nostalgia. Ora nemmeno quella. Perché la loro casa ad un certo punto della vita li ha costretti ad andar via. Perché qui non c’era e continua a non esserci nulla. Ma nulla per davvero. Solo disagi. Disagi a manetta. 

E come si può amare una terra che non ha niente? Una terra dove non solo non ci sono autostrade ma nemmeno strade; dove non solo non ci sono ospedali ma nemmeno l’assistenza di base; dove non solo lo Stato è arretrato ma ci ha lasciati in mano alla macro e micro criminalità. Insomma, un territorio che non chiede l’arrivo puntuale dei treni ma solo che i treni arrivino. 

Una differenza sottilissima che scopre il perché qui l’oicofobia è aggressiva, veloce e ipercontagiosa. Perché qui non c’è rimasto più nulla. Nemmeno l’orgoglio delle origini, mortificate e violentate dal costante arretramento delle istituzioni, a tutti i livelli.

Praticamente viaggiamo su un binario... morto

Marco Lefosse
Autore: Marco Lefosse

Classe 1982, è schietto, Idealista e padre innamorato. Giornalista pubblicista dal 2011. Appena diciottenne scrive alcuni contributi sulla giovane destra calabrese per Linea e per i settimanali il Borghese e lo Stato. A gennaio del 2004 inizia a muovere i passi nei quotidiani regionali. Collabora con il Quotidiano della Calabria. Nel 2006 accoglie con entusiasmo l’invito dell’allora direttore de La Provincia, Genevieve Makaping, ad entrare nella squadra della redazione ionica. Nel 2008 scrive per Calabria Ora. Nell’aprile 2018 entra a far parte della redazione di LaC come corrispondente per i territori dell’alto Jonio calabrese. Dall’1 giugno del 2020, accoglie con piacere ed entusiasmo l’invito dell’editore di guidare l’Eco Dello Jonio, prestigioso canale di informazione della Sibaritide, con una sfida: rigenerare con nuova linfa ed entusiasmo un prodotto editoriale già di per sé alto e importante, continuando a raccontare il territorio senza filtri e sempre dalla parte della gente.