La fusione non è una magia da Mago Merlino e il ritorno all’autonomia ci porterebbe diritti nel baratro
I toni sul futuro della città si fanno duri, spesso ingiustificatamente violenti, pur in assenza di dialogo e confronto. Non si può far passare il malcontento della gente come pretesto per rimettere tutto in discussione
Se il metro del futuro della città - fusa o sfusa che sia - dovesse misurarsi sulla qualità della discussione innescata a Corigliano-Rossano da parte di alcuni rappresentanti del comitato anti-fusione, c'è davvero da stare poco felici. E non tanto per il loro desiderio – legittimo – di ritornare all'autonomia dei due estinti comuni, ma per i toni violenti che continuano ad innescarsi e a far rimuginare dubbi. Uno su tutti, il principale: tenere la popolazione allo scuro del testo della proposta di legge abrogativa della Legge regionale sulla fusione di Corigliano-Rossano.
Se un cittadino volesse leggerla, per farsi un'idea, deve “obbligatoriamente” obbedire ad un metodo coercitivo, tutto particolare e strambo: deve recarsi al banchetto delle firme, prendere in mano un foglio scritto a caratteri minuscoli e poi scegliere di firmare o meno. Senza ascoltare un contraddittorio, senza discussione, senza confronto.
Campeggia solo una levantina opinione: quella dei promotori. Null’altro. Senza considerare, però – e questo è riportato nel testo della proposta referendaria abrogativa della legge sulla fusione – che la "trafila", la babele organizzativa e amministrativa che si è registrata in città dal 2018 ad oggi verrà riproposta tal quale, anche se al contrario, qualora il processo di ritorno all'autonomia dovesse andare in porto. Ci saranno ancora commissari, ci sarà da scorporare bilanci (sarà curioso capire con criterio fattuale) e ci sarà da ri-assegnare personale, strumentazioni e quindi la stessa “dote” che i due comuni, fondendosi, hanno messo insieme. Come avverrà questo processo? Come sarà gestito? Quali sono i criteri che definiranno l'assegnazione a Corigliano di una risorsa piuttosto che di un'altra, e viceversa? Come si intende ridistribuire i servizi che sono fuori dal controllo prettamente comunale ma che sono stati uniti e potenziati in seguito alla fusione (un esempio su tutti è il Reparto territoriale dei Carabinieri che a breve diventerà Gruppo)?
Sono domande legittime. E sono richieste che un cittadino libero, senza preconcetti o faziosità di sorta, mette sul piatto di una discussione che non può essere differibile o ridotta ad un «vieni al banchetto che te lo spiego». C’è bisogno di un confronto serio, ampio e di un dibattito. Ma ancor prima c’è bisogno di una conoscenza capillare, studiata, di un testo elaborato e per cui si chiede una sottoscrizione. E soprattutto, in questo processo che si sta cercando di innescare mancano i giovani. Non quelli da copertina o utili per una fotografia ma le teste pensanti, i cittadini di domani, le nuove generazioni. Ecco perché oggi, di fatto, si sta chiedendo di firmare una delega in bianco verso l'ignoto, fomentata da un comprensibile malessere generale nella popolazione ma soprattutto escludendo, tagliando nettamente fuori i cittadini di domani.
Un legittimo dubbio è stato foriero di tanta polemica. Polemica che, successivamente nei commenti di molti attanagliati nel morbo di Dunning-Kruger, è diventato un carico abissale di invettive, più o meno chiare. Tutto questo solo per aver avanzato una legittima richiesta: poter leggere la proposta di referendum abrogativo in un ambiente asettico.
Certo, su queste pagine il principio per il quale chi vusa pusè la vacca l'è sua (chi grida di più si prende la vacca) non avrà mai dimora. E forse per questo sono incomprensibili le prese di posizione ostili e contrarie a tutti i costi. L'Eco dello Jonio è una testata pro-fusione, che ha sempre dato il suo contributo affinché questo processo si attuasse, consapevole delle ottime prospettive che la più bella ed autentica rivoluzione fatta da queste due città nell'ultimo secolo, sia l'unico strumento per uscire dall'isolamento e per rivendicare dignità e diritti. Lo abbiamo fatto dando spazio a tutte le posizioni, favoreli e anche e soprattutto contrarie.
Certo il termine fusione non è sinonimo di bidibi-bodibi-bu. Nulla si risolve con la bacchetta magica. Ma questo ogni persona di buonsenso, a Corigliano quanto a Rossano, lo sa. E se fa finta di non saperlo evidentemente è in malafede. Una buca stradale non coperta, l'invasione dei cinghiali, la vergognosa emergenza rifiuti, la carenza idrica, il continuo allagamento di Schiavonea piuttosto che le frane nel centro storico di Rossano, o ancora l'allucinante ridistribuzione degli uffici comunali o la carenza di manutenzione generale in città non sono effetti della fusione ma imputabili a responsabilità di gestione. Questo è più che pacifico. Ma è anche vero che questi sono problemi che, su entrambe i lati della città, ci sono sempre stati. O chissà si voleva cancellare con un colpo di spugna e dalla sera alla mattina anni e anni di inefficienza amministrativa, di abusi e soprusi?
Gli effetti della fusione sono altri – e che si fa finta di non vedere. Grazie alla fusione, ad esempio, che consente di accedere a risorse inimmaginabili, le casse Comunali sono sicuramente più floride di altre realtà municipali: 2 milioni di euro l’anno di bonus fusione riversati nelle casse pubbliche non sono un “handicap”; l’accesso diretto a fondi europei (senza passare dal vaglio degli enti sovracomunali) non sono una “palla al piede”; l’aumento di royalties e benefit non sono una “sciagura”. Grazie alla fusione l'organico municipale si è ampliato rispetto allo stato in cui vivevano le due estinte municipalità. Grazie alla fusione abbiamo oggi un potere contrattuale maggiore che prima era pressocché inesistente, sia nelle dinamiche politiche che in quelle economiche e istituzionali. Grazie alla fusione possiamo ancora contare su un presidio di forze dell’ordine sul territorio che può essere solo potenziato e non certo ridimensionato. Grazie alla fusione c’è un potenziale di servizi che prima non esisteva, dalla sanità – grande tabù per tutti – per finire ai trasporti (oppure davvero pensiamo che uno “stroscio” di treno come il Frecciargento ci sia stato assegnato per gentile concessione al politico di turno?). Grazie alla fusione nessuna delle due comunità ha perso la sua identità.
Non se ne vedono e non se ne percepiscono gli effetti? La questione, a questo punto, è di sostanza più che di forma.
Certo, se gli effetti della fusione si volessero vedere tutti e subito servirebbe un Mago Merlino più che un sindaco e un’Amministrazione comunale. Diciamo semplicemente che un ritorno al passato non farebbe altro che consolidare definitivamente la soglia del baratro in cui vivevano le due comunità fino a prima del 2018 e che la fusione ha sicuramente frenato. Non crediamo sia questa la volontà, soprattutto di chi oggi sta percorrendo una strada che porta diritto alla restaurazione e al conseguente oblio delle due (o più) future città. Anche perché se il metro del giudizio ideologico di questa azione è abbarbicato esclusivamente sulla “tutela” del campanile, a questo punto, ci chiediamo se non sia legittimo raccogliere e rendere concreta anche la storica spinta autonomista dei cittadini di Schiavonea o di Cantinella/Apollinara. Pourquoi pas moi?