Da “Cave Canem” a serpenti biforcuti (e gossippari)… la deriva del nostro mondo
Il confronto con i giovanissimi, con le nuove generazioni è un’esperienza quasi terrorizzante, sicuramente disarmante quando scopri la vera percezione che hanno loro del giornalismo… e noi del loro mondo
Ieri ho avuto l’onore e il piacere di incontrare nella redazione dell’Eco dello Jonio una scolaresca. Erano ragazze e ragazzi di età pre-adolescenziali. Dico la verità, mi aspettavo l’arrivo di una comitiva caciarona, forse anche disinteressata e un po’ apatica. Un’orda di “giovani barbari” pronti ad assediare la sede del nostro giornale. Nulla di tutto questo. Sono arrivati, gioiosi e composti, accompagnati dalle loro insegnanti, vogliosi di scoprire e conoscere. Siamo stati insieme più di un’ora a conversare e discutere, con le loro domande incalzanti e quella voglia di apprendere e imparare come viene su un giornale.
Ed è stata proprio l’incalzante discussione ad essere una folgorazione sulla via di Damasco. Già, perché alle insistenti, pertinenti e puntuali domande di quei giovani – è chiaro che avessero un background ricco e ampio di nozioni apprese nel loro progetto scolastico di giornalismo – ne ho posta una io: Come avete chiamato il vostro giornalino scolastico? - La risposta è stata illuminante e disarmante allo stesso tempo: «Anaconda News». Un nome affascinante, perché l’anaconda non è velenosa ma come tutti i serpenti ha lingua biforcuta e questa specie è nota per essere un rettile costrittore cioè che porta alla morte della preda per soffocamento.
Una figura allegorica, quella dell’anaconda, per illustrare giornalismo e giornalisti secondo la loro percezione. Sono andato a fondo. Ho “friculiato” il loro interesse a parlare, a dire la loro, a farsi sentire. E insomma, ne è venuto fuori un quadro del mondo dell’informazione non del tutto esaltante. Le nuove generazioni percepiscono il “nostro mondo” come un covo di (s)parlatori e criticoni dediti più al gossip che alla notizia vera e propria. E il giornalismo? Quello vero, quello da Montanelli a Biagi passando per Sergio Zavoli? È un mondo che non esiste più. Almeno nella consapevolezza e nella percezione delle nuove generazioni.
E non è nostalgia – la mia – ma radicamento ai principi e forse anche alla deontologia, alle diverse “Carte” che regolano l’universo della comunicazione. Un tempo, la stampa, il giornalismo, l’informazione erano definiti il “cane da guardia” della democrazia… oggi ne sono diventati l’anaconda – come giustamente pensano i giovani - che la stritola. La uccide attraverso una cofanata di fake news, attraverso una quantità immensa e imprecisata di informazioni più o meno sommarie e spesso non verificate che appaiono su piccoli e grandi media, e di sovente anche su canali che si spacciano per informazione (e non lo sono) senza distinzione alcuna. La figura del grande giornalista, poi, nella consapevolezza odierna, è quella che riesce a spalare più melma possibile. Più la macchina del fango di un giornale è imponente e dirompente e più per le persone e per i giovani diventa punto di riferimento per attingere la notizia. Poi se quella notizia non è verificata, se quella notizia è solo piena di livore e cattiveria, non importa. Però piace e intriga. È quello che conta. Del resto, questa è l’era del giustizialismo.
E non è colpa dei cittadini, degli utenti e soprattutto dei giovani se il nostro mondo viene percepito così. Anzi. È che, probabilmente, giornalismo e giornalisti - a tutti i livelli - dovrebbero imparare di più a fare opinione piuttosto che pittulo; dovrebbero ritornare a fare inchieste piuttosto che riportare il sentito dire; dovrebbero ritornare a raccontare le storie invece che inventarle.
È stata un'ora bella, quella che ho trascorso ieri con quei ragazzi, durante la quale ho imparato tantissimo. Perché quando si diventa grandi spesso si perde la visione dell'esistente e del reale e il proprio mondo diventa l'oggettivo che non è. Grazie a loro