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In Calabria non manca l’acqua, c’è solo incapacità nella gestione delle risorse idriche

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La Calabria? È piena d’acqua. Solo che non l’abbiamo mai saputa gestire. O meglio l’hanno sempre gestita in modo funzionale affinché l’acqua diventasse “generatore” di altre spese (e quindi guadagni per qualcun altro). L’altro giorno chiacchieravo per telefono con Nilo Domanico, ingegnere, un professionista che di acqua se ne intende – altroché – grazie alle sue capacità è riuscito a far crescere un giardino dell’Eden in pieno deserto e che di recente ha messo su un progetto per “prosciugare” gli scavi di Sibari dal pantano! – e mi confermava una sensazione che, in realtà, da tempo, da tantissimo tempo, si arrovella nella testa e che di fatto mi ha spinto a pensare che il “prezioso liquido” altro non è che la fonte di un grande business ben architettato. Ma non ora. In decenni di gestione, definiamola allegra, delle risorse idriche.

Uno dice Calabria e nel cervello scattano subito le equazioni “sud – caldo – deserto – siccità – mancanza d’acqua”. Non c’è nulla di più falso. Al contrario, siamo stracolmi d’acqua. E le maggiori risorse si trovano in montagna. Quando ho scoperto questo, ho fatto un pensiero semplice e infantile. Ho immaginato che le alture della Sila, che sovrastano al centro trequarti della nostra regione, fossero come un grande otre rigonfio d’acqua che pungendolo da ogni suo lato potesse zampillare. Ovviamente non è proprio così ma l’immagine alla Taylor Anne rende molto l’idea.

E in realtà noi quell’acqua la “peschiamo” davvero dalle montagne. Ora se chiedessimo ad un bimbo di far scendere il suo pupazzetto da uno scivolo, lo prenderebbe, lo posizionerebbe in testa alla pista e lo farebbe appunto scivolare. Stesso discorso varrebbe per le risorse idriche che si trovano in Sila. Considerato che il 90% delle aree abitate si trova a valle basterebbe che l’acqua venisse fatta “cadere” nei tubi e, ramificata nelle condotte, arriverebbe con la propria spinta naturale nei serbatoi e quindi nelle case. Senza spreco. Ricordate l’acqua gravitazione di cui spesso ci ha raccontato il sindaco Flavio Stasi? Ecco, proprio quella.

Peccato, però, che oggi funzioni praticamente al contrario. L’acqua, da monte, viene “buttata” a valle, praticamente a ridosso delle spiagge e poi, attraverso un complesso sistema di tubature e di pompe elettriche, viene rispinta in collina per essere poi ridistribuita alle utenze. Risultato: sperpero di acqua (che nel tragitto, quando va bene, si perde) e consumo eccessivo di energia elettrica per alimentare le pompe sollevatrici.

Va avanti così da circa 50 anni, da quando il sistema regionale ha pensato di regimentare in questo modo la distribuzione dell’acqua. Con un’aggravante: da allora non è mai più stato fatto un revamping della rete. Gli effetti di questa gestione disastrosa li patiamo oggi a nostre spese con un servizio inefficiente che costa sempre di più. Ogni qual volta, infatti, si interviene per riparare una falla, sostituendo il pezzo di tubo marcio, è un’operazione che quasi sicuramente causerà un’altra rottura a valle o a monte della condotta perché le linee di distribuzione sono fradice. Tant’è che il 30-40% della portata iniziale dell’acqua si disperde in reti fatiscenti.

Pensate, ad esempio, alla condotta del Fallistro (a caduta) che fece realizzare Benito Mussolini e che forniva acqua a Corigliano e Rossano (al tempo i centri storici erano le città). Per tanti anni e fino a meno di un decennio fa aveva un’ottima portanza; di acqua probabilmente ce n’è ancora. Il problema è che la manutenzione lungo l’acquedotto è praticamente nulla, in alcune parti i cunicoli riaffiorati da terra si sono aperti e – sostiene qualcuno – siano diventati addirittura abbeveratoio per gli animali che popolano le montagne!

Quindi, mentre ci raccontano della grande emergenza idrica che attanaglia il nord Italia (e anche lì ci sarebbe da aprire un capitolo gigantesco sullo sfruttamento intensivo e oltremisura delle risorse) e che, quasi per osmosi, colpisce anche la Calabria, è doveroso sottolineare che se, oggi, aprendo i rubinetti delle nostre case non arriva l’acqua, la colpa non è né degli alieni tantomeno dell’emergenza climatica (almeno non in questo particolare momento storico) ma di scelte scelleratissime compiute negli anni e di cui adesso le nuove generazioni ne patiscono le conseguenze. Così come è inutile e semplicistico prendersela con i sindaci che, anche in questo caso, sono l’anello finale (e il più debole) dell’intera catena istituzionale in quanto hanno pochissimo potere gestionale sul sistema idrico ma rimangono il front-office delle lagnanze della gente. Insomma, un perfettissimo sistema di spreco e incapacità che crea disagi e cela i veri responsabili.

Marco Lefosse
Autore: Marco Lefosse

Classe 1982, è schietto, Idealista e padre innamorato. Giornalista pubblicista dal 2011. Appena diciottenne scrive alcuni contributi sulla giovane destra calabrese per Linea e per i settimanali il Borghese e lo Stato. A gennaio del 2004 inizia a muovere i passi nei quotidiani regionali. Collabora con il Quotidiano della Calabria. Nel 2006 accoglie con entusiasmo l’invito dell’allora direttore de La Provincia, Genevieve Makaping, ad entrare nella squadra della redazione ionica. Nel 2008 scrive per Calabria Ora. Nell’aprile 2018 entra a far parte della redazione di LaC come corrispondente per i territori dell’alto Jonio calabrese. Dall’1 giugno del 2020, accoglie con piacere ed entusiasmo l’invito dell’editore di guidare l’Eco Dello Jonio, prestigioso canale di informazione della Sibaritide, con una sfida: rigenerare con nuova linfa ed entusiasmo un prodotto editoriale già di per sé alto e importante, continuando a raccontare il territorio senza filtri e sempre dalla parte della gente.