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La montagna calabrese da far rifiorire

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Non è un fenomeno solo calabrese lo spopolamento della montagna. Ad accentuarlo nel XX secolo hanno contribuito, com’è noto, vari fattori, dall’emigrazione verso le periferie urbane di città industriali italiane e straniere alla migrazione interna verso centri costieri forniti di maggiori servizi, di opportunità lavorative diversificate, di migliori condizioni di vita. Da ultimo a lasciarla sono giovani diplomati e laureati che vanno a cercare soprattutto all’estero la loro realizzazione professionale.

L’aggravarsi negli ultimi anni, dei fenomeni avversi legati ai cambiamenti climatici ha riportato all’attenzione dei decisori politici l’urgenza di misure adeguate a tutelare le risorse ambientali, a salvaguardare la biodiversità, a impedire l’abbandono dei piccoli centri nelle aree interne e montane.Tanto più che, nonostante la flessione demografica in tali aree, in esse comunque continua a vivere una quota non trascurabile della popolazione italiana. Alle strutture di coordinamento dei comuni montani già esistenti (Comunità montane e GAL) si è ora affiancata la SNAI (Strategia Nazionale per le Aree Interne), per una politica nazionale innovativa di sviluppo e coesione territoriale che mira a contrastare la marginalizzazione ed i fenomeni di declino demografico propri delle aree interne del Paese. Ne è strumento la rete UNCEM (Unione Nazionale Comuni Comunità Enti Montani), capace di veicolare capillarmente strategie operative, idee progettuali e managerialità col grande obiettivo di “riabitare l’Italia” e di offrire supporto a progetti su specifiche aree interne, quali che siano i possibili canali di finanziamento, pubblici e privati, regionali e nazionali, non ultimi quelli previsti nelle misure relative alle aree interne nel PNRR. Anche la Calabria sta dentro il Piano Sud con tre aree strategiche, ma forse manca una adeguata consapevolezza delle opportunità da coglierne.

Percorre la Calabria in tutta la sua lunghezza l’ultimo tratto dell’Appennino, dal Pollino alla Sila, alle Serre, all’Aspromonte: quasi il 40% del territorio supera quota 600 m s.l.m., il 21% oltre quota 900, e quasi il 10% oltre 1200. La Montagna è l’elemento dominante della nostra regione. La sua specificità è di essere state sempre abitata, più o meno densamente a seconda delle varie epoche e a seconda dell’altitudine, ma sempre abbastanza per assicurare al resto del territorio le risorse di cui è ricca. Sono ancora una cinquantina i comuni al di sopra dei 750 m s.l.m. e una diecina quelli oltre i 1000 metri, ma frazioni ed aree di montagna ricadono anche in comuni costieri.

Si tratta per lo più di insediamenti antichissimi, alcuni dei quali risalgono ad epoca greca e romana, la maggior parte all’età bizantina e medioevale per il fenomeno dell’incastellamento, altri ancora ad epoca moderna per l’arrivo di cospicui gruppi di Albanesi. Di tutte queste fasi insediative e dei relativi tratti culturali sono rimasti quasi intatti i segni anche monumentali nelle nostre montagne, dalle laure e dai monasteri basiliani, cistercensi, florensi,ai centri urbani sorti intorno ad essi, alle architetture di chiese e palazzi, al patrimonio artistico e all’artigianato tipico di alcune zone, ad un patrimonio di memorie, di tradizioni, di letteratura specifica che ne preservano il fascino.

Di tutto ciò offre una precisa documentazione e un articolato racconto il volume La Montagna Calabrese, curato dalla scrivente e da Tonino Ceravolo, edito da Rubbettino nel 2020. Un volume nato con l’ambizione di offrire uno strumento di conoscenza sui diversi aspetti per i quali la Montagna calabrese merita di essere «guardata da vicino», e che offre al lettore la possibilità di «invertire lo sguardo» mettendo la Montagna al centro. Una summa, non esaustiva ma ricca di dati essenziali, illustrati nei vari aspetti dai testi dei quindici autori, specialisti della materia, che confutano stereotipi radicati e prospettano una conoscenza globale della Montagna Calabrese. La lettura si è rivelata per molti una piacevole sorpresa, tanto che il volume ha ricevuto nel settembre del 2020 il premio dell’Associazione Alle falde della Majella e il 20 novembre scorso a Treviso il Premio Gambrinus “Giuseppe Mazzotta” per la sezione “Montagna: cultura e civiltà”.

Una presa di coscienza del valore intrinseco e delle potenzialità delle nostre montagne sta alla base dell’assunzione di responsabilità da parte di comunità e associazioni di elaborare strategie, progetti, percorsi perché torni ad essere un habitat non ostile, che garantisca ai residenti l’accesso ai servizi essenziali (trasporto pubblico locale, istruzione, servizi socio-sanitari, ecc.), in cui anche i giovani possano avere la prospettiva di restare per costruire in essa il loro futuro. Si tratta di creare nuove possibilità di reddito, reinventando in termini moderni l’economia tradizionale, che ha tanti prodotti pregiati e inimitabili da offrire alla collettività; sviluppare un turismo montano “di nicchia”, paesaggistico-naturale, cui è naturalmente vocata coi suoi tre parchi naturali nazionali e otto riserve naturali; proporre ai turisti alla ricerca di paesaggi culturali autentici i suoi borghi più antichi e meglio preservati, con chiese, monasteri, castelli, centri storici, musei, legandoli in percorsi immersivi di spiritualità, di storia, di eno-gastronomia, che per il solo fatto di essere organizzati e proposti agli altri contribuiscono a rafforzare nelle comunità coinvolte la memoria dei luoghi e degli uomini del passato, la cura del paesaggio, il senso di appartenenza, la consapevolezza del lascito di esperienze, di saperi antichi, di modi di vita peculiari da riconoscere come valori e da tramandare come tali.


Il Corsivo è curato dalla reggenza dell'Eco dello Jonio con la preziosa collaborazione della prof.ssa Alessandra Mazzei che ogni settimana offre agli utenti la lettura in forma esclusiva di contributi autentici, attuali e originali firmati da personalità del mondo della cultura, della politica e della società civile di fama nazionale e internazionale

Giovanna De Sensi Sestito
Autore: Giovanna De Sensi Sestito

già Professore ordinario di Storia Greca nell’Università della Calabria, si occupa soprattutto di Storia della Sicilia e della Magna Grecia con particolare interesse alla storia della Calabria antica nel suo complesso. Per la sua attività scientifica, confluita in oltre un centinaio di saggi, libri e volumi a sua firma o a curatela condivisa con altri studiosi, ha ricevuto numerosi premi. Presso Rubbettino Editore dirige la collana Società antiche. Storia, culture, territori, e fa parte del Comitato scientifico di altre collane e riviste e dei Convegni internazionali dell'Istituto per la Storia e l’Archeologia della Magna Grecia di Taranto. Ha diretto l’IRACEB (Istituto Regionale per le Antichità calabresi Classiche e Bizantine) con sede a Rossano dal 1989 al 2009, e il Centro Herakles per il turismo culturale, creato e diretto nell’Università della Calabria fino al pensionamento. A Lamezia Terme è stata, per alcuni anni, Assessore ai Beni e alle Istituzioni Culturali