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Benedetto Senidega, il Papa rossanese e il confronto con l’Impero bizantino

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Diverso e più spigoloso, viceversa, si rivelò il confronto con Costanti­nopoli, capitale dell’Impero bizantino, alla cui guida era l’imperatore Giu­stiniano II che nel 705 aveva nuovamente conquistato l’autorità perduta, punendo aspramente i suoi oppositori, tra i quali figurava anche Callini­co, patriarca di Costantinopoli, che fu estromesso, reso cieco e trasferito a Roma, quasi certamente a scopo dimostrativo, per far comprendere cosa sa­rebbe successo a coloro che avrebbero ostacolato le sue decisioni. La missiva era indirizzata oltre che a Giovanni VII anche all’esercito bizantino di stanza in Italia che in altre circostanze aveva contrastato militarmente coloro che erano stati mandati dall’imperatore.

Dopo Callinico, a Roma, giunsero due vescovi inviati da Giustiniano II con la richiesta a Giovanni VII di convocare un nuovo Concilio per rag­giungere un consenso intorno alla pubblicazione di una serie di canoni che accoglievano consuetudini orientali della cristianità, previste dal precedente Concilio convocato dall’Imperatore, noto come Quinisesto4 o “in Trullo”5, tenutosi a Costantinopoli nel 692, e valevoli per tutti i cristiani, al quale, però, si era decisamente opposto Papa Sergio perché non informato e perché i canoni sui quali si ricercava il consenso furono allora firmati senza alcuna autorità conferita. All’opposizione di papa Sergio ovviamente non manca­rono reazioni imperiali tendenti a perseguire il suo operato, ma caddero nel vuoto a seguito della ribellione dei soldati di stanza a Ravenna, ed anche a seguito della sua destituzione. Innegabilmente, la richiesta imperiale era ben precisa. Giustiniano II voleva sapere da Giovanni VII su quali canoni previ­sti dal precedente Concilio del Quinisesto la Chiesa di Roma era d’accordo e quali erano quelli, invece, che rifiutava. Giovanni VII, nascondendo pro­babilmente le sue incertezze, restituì a Giustiniano II gli atti del precedente Concilio senza alcuna modifica: una soluzione fin troppo chiara e in linea con le pretese di Giustiniano II.

Una reazione che emerge, anche da certa storiografia che fa sapere come, secondo il biografo, Giovanni VII fu turbato e intimorito dalla richiesta a causa della sua fragilità umana. E questo, forse, fu il punto di maggiore leggerezza del Papa rossanese, che ha spinto secondo quanto scrive Andrea Berto «molti storici ad annoverare Giovanni VII tra i papi che non seppero resistere alle richieste degli imperatori in materia di religione”6, quindi in­fluenzabile, anche se al momento non esiste documentazione in merito da cui si possono reperire le conclusioni del Concilio ecclesiastico. Ed è ancora lo stesso Berto che ancora scrive: «L’atteggiamento remissivo del papa ha fatto sospettare che alcuni affreschi della chiesa di S. Maria Antiqua, da lui commissionati, rappresentassero un ulteriore adeguamento di Giovanni VII alla politica religiosa dell’imperatore Giustiniano II. La grande composizio­ne posta nella parte superiore del muro absidale raffigura una grandissima crocifissione ai cui lati c’è una folla di persone, un’iscrizione con delle frasi bibliche, nonché angeli e serafini. È stato ipotizzato che ciò raffigurerebbe una trasposizione dell’Adorazione dell’Agnello in ossequio al canone 82 del concilio Quinisesto, che vietava la rappresentazione di Cristo sotto la forma di agnello. Un’altra rivendicazione delle posizioni di Roma sembra essere at­testata dai mosaici che decoravano la cappella dedicata a Maria che Giovanni VII ordinò di costruire in S. Pietro, e dove fece porre la sua tomba»7.

Anche in questo caso, il farsi tumulare in S. Pietro seguendo le tracce di altri papi che lo avevano preceduto, non vi è dubbio che fu un gesto di continuità. Quello che invece lascia qualche perplessità sono le modalità della sua tumulazione. Infatti, mentre i suoi predecessori si fecero sotter­rare in umili tombe, Giovanni VII, fu il primo papa che si fece preparare il sepolcro dalle caratteristiche certamente pompose; elemento che ci fa capire la sua volontà di mettere in risalto, per certi versi, la sua supremazia papale, richiamandosi a quello che fu per lui l’esempio di Leone I in fatto di “continuità apostolica e primato papale”.

A scrivere di Giovanni VII furono in molti e tra questi come già in pre­cedenza accennato Luigi Accattatis che in relazione nella sua opera così riporta: «Giovanni VII governò la Chiesa per due anni, sette mesi e di­ciassette giorni». - «Edificò un Oratorio ad onore di nostra Signora, rifece la Chiesa di Sant’Eugenia, che era tutta rovinata dal tempo, e risarcì molti altri luoghi sacri, e di varie statue e pitture gli ornò, le quali ai riguardanti sembravano l’istesso Pontefice, perché gli statuarii e i pittori alla presenza sua avean preso l’esemplare di gravità e dignità. Così il Ciccarelli»8.

Condotta, che secondo fonti storiche accreditate, fu anche soggetta ad alcune osservazioni un po’ ironiche del suo stesso biografo, che ci fa sapere come di frequente era raffigurata anche la sua figura. Ma l’Accattatis con­tinua richiamandosi ad altri autori e ci dice quanto, «il Muratori soggiun­ge: “Per opera di questo Pontefice, come si ha nelle Cronache Monastiche, l’insigne Monastero di Subbiaco nella campagna di Roma, già abitato da San Benedetto, rimasto deserto per più di cento anni, cominciò a risorge­re, avendo quivi esso Papa posto l’abate Stefano, che rifece la Basilica e il Chiostro, e lasciovvi altre memorie della sua attenzione e pietà»9.

Giovanni VII, appena due anni dopo il suo papato, venne a mancare il 17 ottobre 707 e fu tumulato presso l’altare della Beata Vergine, dove sul passaggio di ingresso campeggiava l’iscrizione (titulus): “di Giovanni servo di santa Maria”.

BIBLIOGRAFIA

4 Approfondimento delle decisioni del V e VI concilio ecumenico: per questo il nome di “Concilio Quinisesto” (quinto e sesto).

5 Chiamato anche “in trullo” o “trullano” dal nome del luogo. Si tenne nel palazzo imperiale ed il “trullo” era la cupola della sala dove si svolgevano gli affari di Stato.

6 A. Berto, Enciclopedia dei Papi 2000, cit. p. 127.

7 Ibidem.

8 L. Accattatis, Le Biografie…, Vol. I, p. 53, cit. p. 12.

9 Ibidem, Vol. I, p. 53.

 

Per leggere la prima parte della biografia, intitolata “La vera storia di Benedetto Senidega, il Papa rossanese con il nome di Giovanni VII” clicca qui

Franco Emilio Carlino
Autore: Franco Emilio Carlino

Nasce nel 1950 a Mandatoriccio. Storico e documentarista è componente dell’Università Popolare di Rossano, socio della Deputazione di Storia Patria per la Calabria e socio corrispondente Accademia Cosentina. Numerosi i saggi dedicati a Mandatoriccio e a Rossano. Docente di Ed. Tecnica nella Scuola Media si impegna negli OO. CC. della Scuola ricoprendo la carica di Presidente del Distretto Scolastico n° 26 di Rossano e di componente nella Giunta Esecutiva. del Cons. Scol. Provinciale di Cosenza. Iscritto all’UCIIM svolge la funzione di Presidente della Sez. di Mirto-Rossano e di Presidente Provinciale di Cosenza, fondando le Sezioni di: Cassano, S.Marco Argentano e Lungro. Collabora con numerose testate, locali e nazionali occupandosi di temi legati alla scuola. Oggi in quiescenza coltiva la passione della ricerca storica e genealogica e si dedica allo studio delle tradizioni facendo ricorso anche alla terminologia dialettale, ulteriore fonte per la ricerca demologica e linguistica