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Giovanni Filagato, l’antipapa rossanese che salì sulla Cattedra di San Pietro

7 minuti di lettura

Avviare una qualunque disser­tazione su Giovanni Filaga­to, antipapa rossanese col nome di Giovanni XVI, dal 997 al 998, significa anche non ignorare la grande figura del santo rossanese S. Nilo, un gigante dell’austerità della vita, eminente rappresen­tante dell’ordine monastico di S. Basilio. Un santo sempre attento alla condizione sociale soprattutto dei perseguitati, degli oppressi, dei deboli e che per il suo status ebbe credito presso ogni corte. Colui che si occupò oltremodo a prote­zione dei suoi compaesani sovente sconfitti dalla contesa di potenze discordanti. Ad esempio, di quanto ora detto, nonostante la sua vene­randa età (90), impegnativa fu la sua trasferta a Roma rivolta a sottrarre alla morte proprio Giovanni Fi­lagato l’antipapa rossanese acclamato dalla gente, senza tuttavia spuntarla, poiché la sua istanza di grazia venne, sciaguratamente, rifiutata.

Ma chi era davvero Giovanni Filagato, questo rossanese salito agli onori della cattedra di S. Pietro come antipapa, in precedenza Abate di Nonantola, poi Vescovo di Piacenza, segnalato da numerosi scrittori tra cui anche Elia D’Amato1, che in una breve descrizione della Città di Rossano lo elenca tra i suoi uo­mini illustri? Cercherò per quanto possibile di dare sinteticamente qualche risposta.

Il Filagato era di modeste origini greco-bizantine e proveniente da una famiglia la cui condizione sociale era molto probabilmente alquanto umi­le. Nacque a Rossano, in Calabria, all’incirca nella metà del X secolo. Sin dalla sua tenera età si avvicinò alla rigorosa vita del cenobio in uno dei numerosi monasteri presenti allora a Rossano. Si accostò, con la propria vocazione religiosa, agli insegnamenti e all’esempio dell’abate Nilo, fonda­tore, in seguito, del monastero di Grottaferrata.

Durante i primi anni ’70 del X secolo, aggregandosi al gruppo niliano, ebbe modo di frequentare con una certa intensità l’ambiente spirituale e culturale dell’epoca costitui­to principalmente dai monaci e seminaristi arrivati insieme alla principes­sa bizantina Teofano da Costantinopoli, nipote del regnante dell’Impero Romano d’Oriente, che divenuta moglie di Ottone II di Sassonia, impe­ratore del Sacro Romano Impero, il 14 aprile del 972, in seguito, fu inco­ronata imperatrice, consentendo così alla casa reale teutonica di acquisire anche frammenti del patrimonio di conoscenze greco-bizantino.

Secondo gli storici, il Filagato era uomo mosso dal desiderio legittimo di migliorare la propria posizione sociale e quindi di affermarsi e distin­guersi; Giovanni così non perse l’occasione di stabilire ottime relazioni basate sulla reciproca stima e la profonda interazione con Teofano della quale fu cappellano e Ottone II, tanto da dover subire anche alcune allu­sioni circa una sua possibile relazione con la stessa imperatrice. Fatto sta che tutto ciò gli permise un veloce successo e di ricoprire importanti ruoli sia di natura burocratico-amministrativa, con funzioni di cancelliere im­periale, sia in campo ecclesiale quale vescovo di Piacenza.

Conferma di tale successo, offrendoci contestualmente un quadro esauriente sul personaggio di G. Filagato, si riscontra nelle note di L. Ca­netti, che in proposito scrive: «Scalò pertanto assai rapidamente i gradi­ni della carriera ai vertici del sistema italo-germanico della Reichskirche: dopo averlo nominato all’alto ufficio di cancelliere per l’Italia (/enciclo­pedia/italia/) (l’incarico è documentato tra il 12 febbr. 980 e il 30 sett. 982, e poi, nuovamente, tra il 18 apr. 991 e il giugno 992), Ottone II, a ricompensa dei servigi prestati nell’amministrazione imperiale, gli con­ferì nel 982 il prestigioso titolo abbaziale di S. Silvestro di Nonantola (/ enciclopedia/nonantola/), allora uno dei più importanti e potenti monasteri dell’Italia centrosettentrionale, che in quei decenni conosceva una grande fioritura intellettuale e letteraria, essendo attivi nel suo scriptorium, fra gli altri, forse per l’influsso dello stesso Filagato e di un più vasto ascenden­te riconducibile al milieu ellenofilo promosso in quegli anni dalla casa di Sassonia, personaggi di estrazione greca» 2.

Ed inoltre, – continua ancora Canetti – «Nel 987, morto ormai da quattro anni l’imperatore Ottone II, il Filagato fu richiamato a corte da Teofano con l’incarico di presiedere alla formazione del giovanissimo figlio ed erede, il futuro imperatore Ottone III, di cui il Filagato era stato anche padrino di battesimo. L’anno dopo, a ulteriore coronamento di una fortunosa scalata ai vertici dell’appara­to della Chiesa di Stato ottoniana, fu elevato, grazie al decisivo sostegno dell’imperatrice e alla prevedibile condiscendenza del debole papa Giovan­ni XV (/enciclopedia/giovanni-xv-papa/), all’importante soglio vescovile di Piacenza, sede che da quel momento, a dispetto dei canoni, venne dietro sua pressione arbitrariamente promossa ad arcidiocesi e sottratta così alla tradizionale giurisdizione della metropoli ravennate»3.    

Relativamente al suo incarico di presule di Piacenza (come molti so­stengono, abusivo), giova ricordare che il Filagato vi arrivò su proposta della stessa Teofano. Più tardi venne invitato a recarsi a Costantinopoli, capitale dell’Impero bizantino, come accompagnatore di una principes­sa bizantina per il figlioccio Ottone. Secondo le diverse fonti storiogra­fiche, morto Ottone II, nel 996, il figlio Ottone III si mosse in soccorso di papa Giovanni XV, per soffocare l’insurrezione pilotata da Giovanni di Crescenzi, un patrizio romano figlio di Crescenzio II, soprannominato ‘il Nomentano’. Dopo essere stato acclamato Re d’Italia a Pavia, Ottone III, essendo morto il papa Giovanni XV, si recò a Roma per pianificare la futura elezione a papa di suo cugino Brunone di Carinzia, che prese il nome di Gregorio V divenendo il 138° pontefice della Chiesa cattolica e il primo papa tedesco. Gregorio V non perse tempo e così il 21 maggio del 996 investì dell’autorità assoluta, come imperatore, Ottone III, che quindi ritornò in Germania. Intanto, in sua assenza, a Roma, Giovanni Crescenzi, forte del sostegno di Basilio II, imperatore bizantino appellato Bulgaroctono, cioè (Massacratore di Bulgari), si mosse per spodestare Gre­gorio V, cosa che attuò con la forza nel 997 facendo così contestualmente acclamare dalla folla come capo della Chiesa Giovanni Filagato che in­sediatosi col nome di Giovanni XVI esercitò il suo potere per circa dieci mesi. Tra i suoi primi atti di governo vi fu l’abbandono volontario del suo potere temporale, ossia la sua rinuncia ad essere oltre che Pontefice della Chiesa cattolica anche sovrano dello Stato Pontificio: una decisione che molti non gradirono.

Nello stesso anno, però, a Pavia, allora capitale imperiale d’Italia, fu in­detto un sinodo dei vescovi che negò a Giovanni XVI di esercitare le fun­zioni papali riconoscendo, invece, come papa legittimo il deposto Gregorio V. La circostanza e certamente il tradimento di Filagato nei confronti della casa imperiale, per avere assecondato il progetto di Giovanni Crescenzi, consigliò Ottone III a fare speditamente ritorno a Roma per reprimere il nuovo episodio di ribellione incoraggiato dal Crescenzi. L’insurrezione venne soffocata e lo stesso Crescenzi fatto uccidere presso Castel Sant’An­gelo al quale fu tagliata la testa. A Giovanni XVI non rimase quindi che scappare, ma rincorso e arrestato dalle milizie dell’imperatore fu destituito dal suo incarico al cospetto dello stesso imperatore e di Gregorio V, su­bendo al contempo la rottura delle dita e la privazione della vista. Dovette, inoltre, soffrire ancora molto per il taglio della lingua e la recisione sia del naso, sia delle orecchie. A nulla, inoltre, servì, come ho avuto modo di dire all’inizio di questa mia breve dissertazione, l’intervento di S. Nilo in favore di Filagato per il quale era stata chiesta la grazia; pertanto, Giovanni Fila­gato, oltre alle tante mutilazioni, dovette affrontare anche l’isolamento in un monastero nelle vicinanze di Roma e successivamente la sua definitiva segregazione in Germania presso l’abbazia di Fulda, dove, sotto il papato di Silvestro II, 139° della chiesa cattolica e primo papa francese, il Nostro terminò la sua vita terrena il 26 agosto 1001.

Da quanto in precedenza articolato si evince come Giovanni XVI, pur rimanendo in carica come vicario di Cristo dal 997 a febbraio del 998 viene ricordato soprattutto come antipapa perché fu eletto non canoni­camente, ma in opposizione al Papa legittimo, e perciò non riconosciuto dalla Chiesa.

Concludendo, mi preme fare due considerazioni. La prima riguarda l’elezione di Giovanni XVI a capo della Chiesa cattolica, sulla quale credo vada precisato che il consenso offerto dal Filagato alla sua elezione come antipapa di Gregorio V, non può che essere letto e considerato come uno dei ricorrenti raggiri che il patriziato romano, in quell’epoca, conduceva politicamente in opposizione all’Impero, tentando in ogni modo il coin­volgimento bizantino pur di fermare quello che era ritenuto, a giusta ra­gione, un ampliamento dell’autorità imperiale su Roma, per via anche del­la elezione a pontefice di Brunone di Carinzia (Gregorio V) che, come già segnalato era tedesco e cugino di Ottone III.

La seconda, invece, riguarda il metodo utilizzato circa il sistema numerico nella cronologia assegnata ai papi, dove il Nostro è conosciuto come Giovanni XVI. Tale numerazio­ne è stata sempre oggetto di discussione, per la illegittimità di Giovanni XVI, tanto che il successivo papa col nome di Giovanni, che praticamente avrebbe dovuto essere il XVII si fece chiamare anch’egli Giovanni XVI. Tuttavia, oggi, non sono pochi i registri e gli inventari che considerano Filagato come legittimo col nome di Giovanni XVI e che per tale motivo modificarono la numerazione dei successivi papi in Giovanni XVII, XVIII e XIX, così come oggi sono individuati.

 

Bibliografia

*Giovanni Filagato vescovo della Chiesa Cattolica, Antipapa Giovanni XVI in https://it.wikipe­dia.org/wiki/Antipapa_Giovanni_XVI.

1 Cfr. E. D’Amato, Pantopologia Calabra in qua celebriorum ejusdem provinciae locorum, virorumque, armis, pietate, titulis, doctrina, sanguine illustrium, monimenta expenduntur, pp. 346-350, Ex Thypo­graphia Felicis Mosca, Napoli, 1725, in F. E. Carlino (a cura), Rossano Tra Storia e Bio-Bibliografia, Imago Artis edizioni, Rossano 2014, p. 271.

2 L. Canetti, Giovanni XVI, antipapa, Dizionario Biografico degli Italiani Treccani, Vol, 55 (2001).  

3 Ibidem.

4 Franco Emilio Carlino, Biografia e Storia di alcuni Rossanesi Illustri, Consenso Iure Loquitur, Rossano 2020, pp. 67-71.

5 Franco Emilio Carlino, Giovanni Filagato antipapa rossanese, La Voce Anno XXI | N° 11-12| p. 3 -4| Novembre-Dicembre 2017.

 

Franco Emilio Carlino
Autore: Franco Emilio Carlino

Nasce nel 1950 a Mandatoriccio. Storico e documentarista è componente dell’Università Popolare di Rossano, socio della Deputazione di Storia Patria per la Calabria e socio corrispondente Accademia Cosentina. Numerosi i saggi dedicati a Mandatoriccio e a Rossano. Docente di Ed. Tecnica nella Scuola Media si impegna negli OO. CC. della Scuola ricoprendo la carica di Presidente del Distretto Scolastico n° 26 di Rossano e di componente nella Giunta Esecutiva. del Cons. Scol. Provinciale di Cosenza. Iscritto all’UCIIM svolge la funzione di Presidente della Sez. di Mirto-Rossano e di Presidente Provinciale di Cosenza, fondando le Sezioni di: Cassano, S.Marco Argentano e Lungro. Collabora con numerose testate, locali e nazionali occupandosi di temi legati alla scuola. Oggi in quiescenza coltiva la passione della ricerca storica e genealogica e si dedica allo studio delle tradizioni facendo ricorso anche alla terminologia dialettale, ulteriore fonte per la ricerca demologica e linguistica