di DAMIANO MONTESANTO Con l’estate alle porte dovremmo già conoscere il
cartellone delle manifestazioni estive. E, invece, nel comune di
Cariati si è ancora in fase di discussione. Non potendo contare sulle casse comunali che sono al verde, il Comune ha pensato bene di responsabilizzare tutti, associazioni, commercianti, privati per mettere su un minimo di programmazione da offrire, a quanti verranno a passare l’estate nel nostro territorio. Ma il
turismo, in quanto attività economica, non può essere lasciato al caso o all’improvvisazione di alcuni, pur volenterosi. Ha bisogno di investimenti, non necessariamente economici, nel tempo e pertanto di pianificazione, che non si limiti alle due o tre settimane agostane quando l’indice di invivibilità raggiunge livelli massimi. La verità è che è fallita una concezione del turismo fondata sulla presenza esclusiva del mare, non sostenuta da servizi adeguati e diffusi sul territorio. In una zona, la nostra, che ha problemi di smaltimento quotidiano dei rifiuti e di erogazione continuativa dell’acqua, la stagione estiva rappresenta un periodo di passione che cade sull’intera comunità, oltre che su quanti verranno da altri posti o da altre regioni. Le spiagge e le attrezzature balneari in continua precarietà, un lungomare trascurato e poco accogliente, un sistema di viabilità interna ai limiti della utilizzazione, non costituiscono certamente il migliore richiamo per il turismo. Anche i comuni che da questo punto di vista si presentano meglio, come
Mandatoriccio, Pietrapaola, Calopezzati, Mirto o, per altri versi,
Longobucco e
Bocchigliero non hanno maggiori chance perché identico è il modo di vedere e concepire l’attività turistica. Gli amministratori lamentano di non potere apprestare una vera programmazione, per mancanza di risorse, dimenticando che i fiumi di denaro pubblico spesi dagli anni ottanta al duemila, non hanno lasciato alcuna traccia. E ciò vale per tutti i comuni, nessuno escluso. La questione economica non è, o non è mai stata, la vera discriminante di una seria
programmazione turistica, perché nel passato, dagli anni ottanta al duemila, sono state spese ingenti cifre, nell’ordine di centinaia di milioni delle vecchie lire, per mettere in scena qualche spettacolo locale o qualche concerto di musica leggera, spacciandoli come attività turistiche. In realtà non c’è stato comune del
Basso Jonio che non sia caduto in questo equivoco spinto dall’emulazione a superare il vicino in tema di spettacoli e concerti. Ma tutto questo non ha lasciato alcuna traccia, perché il turismo è altra cosa. Se non si parte dalla consapevolezza che è tramontata per sempre l’epoca delle spese per concerti e cantanti, non si va da nessuna parte. Le proposte naturali di cui è ricco il territorio del Basso Jonio, capaci di attrarre segmenti turistici per tutto l’anno, senza la necessità che si prevedano e sprechino, come è accaduto negli anni passati, ingenti risorse pubbliche, sono ancora in attesa di essere valorizzate e presentate al turista. I centri storici, i parchi archeologici, i percorsi paesaggistici e naturalistici, i boschi e le montagne, ma anche i porti turistici, il mare, le spiagge sono ancora in attesa di diventare vera economia del turismo, senza richiedere le somme spropositate del passato che non hanno prodotto alcunché. Non c’è dubbio che la crisi spinga ad aguzzare l’ingegno e forse a preparare l’esplosione di una vera rivoluzione culturale, immaginando che si possa stravolgere una vecchia concezione del turismo, fondata sullo spreco di denaro, in favore di una fondata sulla valorizzazione dei propri beni naturali, storici, archeologici con meno risorse economiche. E inoltre: non l’azione isolata di un Comune, ma lo sforzo collettivo di un territorio che può vantare, dalla costa alla montagna, una tale presenza di elementi, su cui costruire una vera attività turistica, duratura e destagionalizzata, da fare invidia anche a realtà già bene affermate. Questo si chiede agli amministratori del Basso Jonio. Il coraggio di cambiare registro e indirizzi; di trasformare gli appelli all’unità, per evitare la parcellizzazione dei servizi, in comportamenti concreti, a partire dal turismo, è l’unica strada che può consentire la rinascita del Basso Jonio.