Gole del Raganello, sette anni di divieti ma c'è una possibilità per l'imminente riapertura
Potrebbe aprirsi uno spiraglio per tornare nel canyon del Pollino, almeno nel tratto di San Lorenzo Bellizzi. Un tour operator ha avviato un’azione legale per verificare la legittimità del divieto assoluto in vigore dal 2018

SAN LORENZO BELLIZZI - Nel cuore del Parco Nazionale del Pollino, le Gole del Raganello restano un paradiso nascosto. Ma da anni — in alcuni tratti per ragioni giudiziarie, in altri per vincoli ambientali — questo spettacolare canyon è inaccessibile ad escurisionisti e visitatori.
A Civita, l’accesso è ancora interdetto dal 2018, quando una piena improvvisa travolse un gruppo di escursionisti, causando dieci vittime. Quel tratto è tuttora sotto sequestro nell’ambito dell’inchiesta della Procura della Repubblica di Castrovillari.
Diversa la situazione, invece, per i percorsi che si sviluppano nei comuni di San Lorenzo Bellizzi e Cerchiara di Calabria. Qui il blocco non dipende dalla tragedia, ma dall’applicazione delle norme che regolano la Riserva Naturale Orientata “Gole del Raganello”, istituita nel 1987 per proteggere un habitat unico di pini loricati, faggete e specie avifaunistiche rare. Secondo le indicazioni ufficiali, l’area rientra in una Zona di Protezione Speciale (ZPS) e l’accesso sarebbe disciplinato dal Decreto Ministeriale del 15 dicembre 1984.
È proprio su questo punto che si concentra l’azione di un tour operator locale assistita dagli avvocati Luca D’Alba e Giuseppe Urbano. Lo scorso 6 agosto i legali hanno depositato un’istanza di accesso agli atti presso il Ministero dell’Ambiente, l’Ente Parco e il Comune di San Lorenzo Bellizzi, chiedendo di acquisire ogni documento che giustifichi il divieto di accesso totale in vigore.
Secondo la lettura degli avvocati, il decreto del 1984 prevede che «l’accesso alle riserve naturali dello Stato è libero per i residenti nel comune interessato, nonché per visitatori singoli o in piccoli gruppi», con eventuali restrizioni solo in «determinate zone o periodi» e sempre per «motivi di tutela naturalistica» ben circostanziati. In assenza di un regolamento di gestione specifico — che il decreto istitutivo del 1987 pure prevedeva — il divieto generalizzato rischierebbe di andare oltre il dettato normativo.
La questione è delicata. Le autorità di vigilanza, in primis il Raggruppamento Carabinieri Biodiversità, operano con la finalità primaria di proteggere habitat e specie a rischio. Ma dall’altra parte, per le comunità di montagna il turismo naturalistico non è solo un’opportunità: è una delle poche leve per generare economia e, quindi, contrastare lo spopolamento.
Oggi, a sette anni dalla tragedia di Civita, si apre dunque un capitolo inedito: quello della verifica puntuale delle basi giuridiche dei divieti. C’è una comunità che attende la risposta delle amministrazioni interessate per decidere se ricorrere anche per via giudiziaria, con l’obiettivo — dichiarano — di arrivare a una fruizione «equilibrata e sostenibile» delle Gole, capace di tutelare la biodiversità senza rinunciare alla valorizzazione del territorio.
In questo equilibrio sottile tra salvaguardia ambientale e sviluppo locale si gioca una partita cruciale per il futuro delle comunità del Pollino.