Contestate le prescrizioni mediche, siamo dinanzi «a una vera e propria “guerra ai poveri”»
Decine di medici sono stati multati per aver prescritto farmaci non ritenuti necessari. «Mi rammarica constatare come il ruolo del medico venga oggi svilito da logiche che nulla hanno a che vedere con la cura del paziente e il buon esercizio della professione»

CORIGLIANO-ROSSANO - «Noi medici agiamo in scienza e coscienza. Questa vicenda ha profondamente minato la mia serenità. Mi rammarica constatare come il ruolo del medico venga oggi svilito da logiche che nulla hanno a che vedere con la cura del paziente e il buon esercizio della professione». C'è amarezza nelle parole di questo medico di famiglia di Corigliano-Rossano, al quale sono state contestate prescrizioni di farmaci per un ammontare che supera i 1000 euro. Ma non si tratta di un caso isolato, anzi. Potremmo dire che una vera e propria pioggia di sanzioni sta raggiungendo, negli ultimi sei mesi, i medici di base di tutto il territorio «punendo ingiustamente chi tenta di curare».
Avevamo già parlato nel mese di giugno della protesta dei medici di famiglia calabresi contro il "taglio" alle prescrizioni mediche imposto dalla Regione e alle consequenziali sanzioni scattate contro tutti quei professionisti "disobbedienti". Ricordiamo che le proposte di addebito avanzate dalle "Commissioni di appropriatezza prescrittiva" riguardano diversi tipi di medicinali prescritti (come antinfiammatori, gastroprotettori, Omega 3 e antibiotici), ma anche eventuali sovradosaggi degli stessi.
«Viene messo in dubbio il nostro giudizio clinico, perchè - ci spiega un secondo medico - ad esempio nel caso di alcuni inibitori di pompa, questi andrebbero somministrati in seguito ad esami strumentali come la gastroscopia, ma possono essere prescritti anche se il medico lo ritiene opportuno. Perchè non si tiene conto del nostro giudizio clinico? Bisogna valutare anche il contesto nel quale operiamo. Nel Distretto Jonio Sud, ad esempio, non è operativo un reparto di gastroenterolgia. Inoltre non c'è ancora la telemedicina; manca un collegamento tra i medici del territorio e gli specialisti; non abbiamo accesso alle cartelle cliniche dei nostri pazienti; le regole da seguire sono chiare... ma sottovalutano la carenza della medicina territoriale».
Dopo il caso sollevato ieri, dei farmaci “di marca” non più mutuabili, oggi si torna a evidenziare scelte in ambito sanitario che rischiano di discriminare proprio i più fragili. Chi più del medico di base può sapere quali farmaci e quale dosaggio sia corretto assumere? Specifichiamo che le Commissioni di appropriatezza prescrittiva (chiamate a valutare le scelte dei medici di base) esistono in tutte le regioni d’Italia. Queste fanno capo ai Distretti sanitari, sono presiedute dal direttore distrettuale o da un suo delegato che ne assume la presidenza, da due rappresentanti dei medici di Medicina generale, dal direttore del Servizio farmaceutico dell’Azienda sanitaria o da un suo delegato, nonché da un medico di medicina generale membro di diritto dell’ufficio di coordinamento delle attività. Ci sono dei piccoli nei, però, che non andrebbero mai dimenticati. Queste commissioni analizzano la documentazione, ma non si relazionano con il paziente e, soprattutto, non tengono conto del contesto (ricordiamo che il sistema sanitario è regionale... e ogni regione offre servizi diversi). Questo vi sembra solo un piccolo dettaglio? Per i medici, questo fa la differenza.
«Noi medici - spiega - operiamo quotidianamente in un contesto di carente integrazione con la rete specialistica e in assenza di strumenti operativi (come telemedicina e telerefertazione), previsti dal PNRR ma non ancora implementati». C'è poi un punto da chiarire: «una prescrizione farmacologica è considerata appropriata se effettuata all’interno delle indicazioni cliniche per le quali il farmaco si è dimostrato efficace. La durata del trattamento deve essere stabilita da chi opera e non da chi controlla (che poco sa delle condizioni cliniche e delle terapie dei pazienti). Qualsiasi monitoraggio del consumo di medicinali non può prescindere dalla realtà in cui si opera». «La spesa farmaceutica - aggiunge - è inevitabilmente ed indirettamente proporzionale ai servizi dati. Perché non si valuta quanto costa alla regione Calabria l’esportazione sanitaria? Quanti posti letti per 1000 abitanti ci sono in Calabria e quanti in Lombardia? La strategia vincente è quella del colloquio. Non guadagniamo in base alle prescrizioni, ma grazie alla nostra professionalità e dedizione al lavoro».
I medici di base sono il primo baluardo del sistema sanitario pubblico. Hanno un ruolo fondamentale, agendo come la prima linea di difesa e il primo punto di contatto per i cittadini per le cure mediche. Sono la figura chiave per l'assistenza medica di base e l'orientamento verso i servizi specialistici, svolgendo quindi un ruolo cruciale nella protezione della salute pubblica e nella gestione delle patologie. E qui si trova un ulteriore inghippo: nel caso in cui la terapia venga richiesta da uno specialista, perchè a risponderne dev'essere il medico di base chiamato a prescrivere i farmaci? Si tratta di prescrizioni indotte, che spesso vengono fatte "al buio" perchè, ricordiamolo, in assenza di uno scambio di dati tra specialista e medico di famiglia, come può quest'ultimo essere certo che quel determinato farmaco sia necessario o meno per il proprio paziente? Anche in questo caso il nodo essenziale è la mancanza di un Fascicolo Sanitario Elettronico (FSE) attivo e accessibile. «Tale mancanza - spiega il medico - rappresenta un grave limite strutturale, che rende ancora più inadeguata e non fondata clinicamente ogni valutazione di inappropriatezza basata su dati solo amministrativi e non clinici».
Una situazione difficile nella quale dei professionisti sono chiamati a operare quotidianamente. «Il mio obiettivo - ribadisce il medico - resta quello di garantire una presa in carico clinicamente sostenibile e responsabile dei pazienti fragili e cronici, tutelandone la loro salute secondo scienza e coscienza, nel pieno rispetto del diritto-dovere di esercitare l’autonomia clinico-terapeutica che compete al medico, sancita dalla legge e dal Codice Deontologico».
Chiudiamo con le parole cariche di amarezza, che riassumono la situazione nella quale ci troviamo: «Ciò che più mi ha colpito, trovandomi dinanzi alla relazione della presunta inappropriatezza nella prescrizione dei farmaci, non è tanto l’eventuale addebito economico, quanto la sensazione di trovarmi di fronte a una vera e propria “guerra ai poveri”, condotta a scapito della parte più fragile della popolazione e a danno di chi, come il medico di medicina generale, continua a svolgere il proprio lavoro con dedizione, malgrado le ormai croniche criticità del sistema».