Aeroporto della Sibaritide, Mazza frena: «Solo visioni distorte potrebbero concepirlo»
Il presidente del Comitato Magna Grecia critica la proposta di riaprire la vertenza per lo scalo di Sibari. Ma il dibattito resta aperto: nessuno vuole chiudere Crotone. Il vero nodo è l’equilibrio territoriale e la logistica del Nord-Est calabrese

CORIGLIANO-ROSSANO - «Nel deserto infrastrutturale che pervade la Calabria, frange politiche pensano a un quarto aeroporto. Una percezione del territorio regionale pari a quella del giardino di casa». Con queste parole, Domenico Mazza, presidente del Comitato Magna Grecia, interviene nel dibattito accesosi negli ultimi giorni attorno alla proposta di rilanciare la vertenza per la realizzazione dell’aeroporto della Sibaritide, sostenuta da ultimo anche dal sindaco di Trebisacce, Francesco Mundo, e da alcuni amministratori del Nord-Est calabrese.
Nel suo lungo e articolato intervento, Mazza definisce «paradossale» che, in una Regione ancora carente di collegamenti stradali e ferroviari moderni, si torni a parlare di un quarto scalo aeroportuale.
«La Calabria – scrive – è priva di una rete intermodale e con una demografia in costante calo: oggi 1,8 milioni di abitanti, con una previsione di perdita di altri 100mila nei prossimi dieci anni. Un sistema così – aggiunge – non giustifica nemmeno i tre aeroporti attuali».
Secondo Mazza, la discussione sull’aeroporto di Sibari, quindi, si fonderebbe su basi irrealistiche: «L’Enac stabilisce che per sostenere un aeroporto servono almeno 400mila abitanti di bacino. La provincia di Cosenza è scesa a 670mila residenti, e l’area Sibaritide–Pollino ne raccoglie circa 250mila. Numeri troppo bassi per sostenere un nuovo scalo».
Da qui l’invito a spostare l’attenzione su altre priorità: «La Calabria dovrebbe investire su ferrovie, bretelle di collegamento, varianti alla galleria di Cutro e treni shuttle tra Sibari, Crotone e Sant’Anna, anziché immaginare la duplicazione di infrastrutture già esistenti».
Il contesto del dibattito: nessuno ha chiesto di chiudere Crotone
Le considerazioni di Mazza si inseriscono in un confronto acceso ma spesso mal interpretato, a causa di posizioni consolidate e visioni differenti. Va ribadito, infatti, che ad onor del vero nessuno – né il sindaco Mundo né altri amministratori o rappresentanti politici del territorio che hanno riaperto la questione – hanno mai chiesto di chiudere l’aeroporto di Crotone.
La riflessione nasce, semmai, da una constatazione logistica e infrastrutturale: con la nuova Statale 106 Crotone–Catanzaro a quattro corsie, lo scalo pitagorico sarà raggiungibile da Lamezia in meno di 50 minuti e anche con l'auspicabile e urgente ammodernamento della Statale 106 a sud di Corigliano-Rossano la Sibaritide sarebbe comunque lontana da tutti e tre gli aeroporti calabresi, in alcuni casi (Reggio Calabria) lontanissima!
E lo stesso presidente della Regione, Roberto Occhiuto, ospite qualche settimana fa a L’Eco in Diretta, nel mezzo della campagna elettorale, lo ha detto chiaramente: «Se si fa la Crotone–Catanzaro, e si connette più facilmente Crotone, forse nel centro della regione avrebbe senso, fra qualche anno, fare un mega hub aeroportuale (a Lamezia, ndr). Allora si potrebbe discutere della possibilità di localizzare un investimento diverso nel Nord della Calabria».
Parole che aprono una prospettiva tutt’altro che campanilistica: se Lamezia dovesse diventare l’unico hub regionale, il Nord-Est calabrese – oggi totalmente privo di collegamenti aerei – avrebbe diritto a una sua infrastruttura di riferimento, per non restare tagliato fuori dai flussi economici, turistici e commerciali.
Il tema (rimosso) dello scalo merci e della piastra del freddo
Nel dibattito, però, c’è un aspetto che continua a sfuggire a molti e che, invece, rappresenta la chiave strategica di qualsiasi discorso sull’aeroporto della Sibaritide: la funzione commerciale e logistica.
L’idea di Sibari come scalo non nasce solo per il trasporto passeggeri - che probabilmente diventa l'aspetto marginale - ma per diventare un hub merci e agroalimentare, con una piastra del freddo a servizio dell’intera Calabria e delle regioni limitrofe. Un'idea che sta portando avanti da tempo Salvatore Veltri, imprenditore dei cieli e amministratore di Jonica Airways, che - guarda caso - non è un cittadino della Sibaritide ma di Crotone!
Quindi, in un territorio che produce eccellenze agricole e alimentari ma non dispone di un’infrastruttura efficiente per la distribuzione, un aeroporto cargo nella Piana di Sibari non sarebbe uno sfizio elettorale, bensì una scelta strategica di sistema.
Serve una “dottrina Gromyko” per la Sibaritide
In questa polemica a più voci, che riteniamo salvifica per il dibattito di un territorio che molto spesso invece di parlare a più voci è incline a seguire l'istinto dell'uomo solo al comando, il rischio è quello di perdere di vista la sostanza: nessuno è contro Crotone e nessuno pensa di voler “duplicare” inutilmente infrastrutture.
Ma è anche vero che la Sibaritide – da trent’anni buggerata e illusa – ha diritto di rivendicare. Ha diritto di chiedere, con forza e metodo, ciò che serve per crescere: infrastrutture, connessioni, investimenti. Serve, insomma, una dottrina Gromyko in salsa Sibarita: paziente, determinata e incrollabile, capace di chiedere tutto ciò che serve senza arretrare mai di un passo.
Perché il vero tema non è se “fare o non fare” l’aeroporto di Sibari. Il vero tema è se la Calabria vuole, una volta per tutte, ricucire sé stessa e smettere di contrapporre territori che, invece, dovrebbero volare insieme.