Mentre la Basilicata decolla, la Sibaritide resta a terra: così perdiamo il futuro
A Pisticci si avvia oggi la procedura per trasformare l’aviosuperficie “Mattei” in uno scalo civile con una piastra logistica del freddo. Nel frattempo il Nord-Est calabrese continua a dividersi e rischia di essere inglobato nel nuovo hub lucano
CORIGLIANO-ROSSANO - Nel mentre nella Calabria del nord-est continuiamo a barricarci, a dividerci, a rovesciarci addosso contrapposizioni e a soffocare ogni slancio di visione con la miopia del campanilismo e della supponenza che la propria idea debba essere per forza migliore alle altre, a pochissimi chilometri da noi – nel Metapontino – si sta scrivendo una pagina di storia che dovrebbe farci svegliare di colpo.
Proprio nel mentre scriviamo, nella Sala Verrastro della Regione Basilicata, si sta presentando l’avvio della procedura per individuare gli operatori economici interessati a gestire in concessione l’aviosuperficie “Enrico Mattei” di Pisticci.
Non è un incontro qualunque, ma il passaggio che apre formalmente alla trasformazione della struttura in uno scalo pienamente operativo anche per i voli civili. La Basilicata, senza clamori, ma con una lucidità che noi dovremmo invidiare, sta costruendo il proprio futuro aeroportuale e logistico, mettendo insieme istituzioni, consorzi industriali e amministratori con un unico obiettivo: far decollare un’infrastruttura per loro strategica.
E mentre l’aviosuperficie si prepara a fare un salto di qualità, accanto sorgerà una piastra logistica del freddo, già finanziata e approvata, che completerà un ecosistema produttivo e di trasporto che potrebbe diventare il nuovo baricentro del Mediterraneo agroalimentare. Insomma, una regione piccola, poco popolata, che però ha deciso di alzare lo sguardo, unirsi e correre. Tutto il contrario di ciò che, da questa parte dello Jonio, continuiamo a non fare.
Il punto è semplice: se Pisticci parte prima, ingloberà anche la Sibaritide-Pollino. Questo è pacifico. È la logica del mercato, della logistica – appunto -, dei corridoi delle merci. Le produzioni della Calabria nord-orientale, senza una propria piattaforma e senza un proprio aeroporto, diventerebbero naturalmente traffico in transito verso la Basilicata. La Piana di Sibari, che oggi è un distretto agroalimentare tra i più importanti del Paese (ma solo sulla carta per effetto della legge regionale che istituì il DAS nel 2006 lasciandolo però privo di ogni strumento o infrastruttura operativa), rischia di trasformarsi in un semplice luogo di passaggio, un imbuto di prodotti che altri valorizzeranno, stoccheranno ed esportano. Insomma, una periferia produttiva al servizio di hub altrui.
Il mondo intorno a noi si muove con decisione mentre qui si continua a fingere che bastino discorsi, timidezze istituzionali e qualche slogan. La Puglia ha rilanciato lo scalo della Capitanata come aeroporto di servizio per merci e turismo; la Sicilia ha fatto lo stesso, trasformando Comiso in perno delle rotte mediterranee; la Basilicata sta varando un bando per far decollare l’aviosuperficie Mattei e sta realizzando la sua piastra logistica. Sono regioni che hanno capito che la partita dell’agroalimentare, oggi, si vince sulla velocità dei collegamenti, sulla capacità di raffreddare, conservare, trasformare ed esportare le merci. È una partita industriale, non folkloristica.
E noi? Noi che viviamo e lavoriamo nell’unico vero istmo infrastrutturale del Mezzogiorno – perché qui confluiscono l’A2 e l’A14, le due dorsali longitudinali d’Italia – continuiamo a non dire a noi stessi la cosa più semplice: che a Sibari servono subito una piattaforma logistica agroalimentare e un’infrastruttura aeroportuale di servizio. Servono ora. Perché questo territorio produce, e produce tanto, ma senza una casa logistica resta sempre un satellite di qualcun altro. Non lo facciamo perché c’è la paura di entrare in competizione (inesistente) con Crotone e di fare un torto marcio allo scalo pitagorico, senza considerare che per la Piana di Sibari da Crotone dista (in tempo) quanto distano Napoli o Bari. Non lo facciamo perché “in Calabria l’aeroporto è Lamezia”, quando lo scalo di Sant’Eufemia non solo è distante e mal collegato ma - a differenza di uno scalo a Sibari - può vivere solo dell’utenza calabrese, non potendo captare nessun altra utenza extraregionale. È qui la miopia gigantesca.
La domanda che dovremmo porci è brutale ma necessaria: vogliamo essere protagonisti o retrovia? Perché la Basilicata, nel silenzio generale, sta costruendo le condizioni per diventare il nuovo polo di riferimento tra Adriatico, Tirreno e Ionio. Noi invece continuiamo a disperdere forze, a dividerci, a raccontarci che “non è possibile”, a perdere tempo prezioso mentre gli altri completano infrastrutture e progettualità.
La verità è che la Piana di Sibari non può più permettersi di restare alla finestra. Il mondo corre, le regioni attorno a noi pure. E chi si ferma non solo perde opportunità: viene inglobato.