Social ed emergenza pedagogica: se ne parlerà stasera al Paolella con Renzo e Abate
La pedagogista: «Ci troviamo di fronte a un degrado e declino che la comunità educativa è chiamata a recuperare. La povertà educativa non è solo mancanza di offerte dal territorio; è assenza di partecipazione attiva e consapevole dei genitori»

CORIGLIANO – ROSSANO – «L'utilizzo sempre più diffuso e spesso inappropriato dei social media e della tecnologia da parte dei bambini, specialmente nella fascia d'età prescolare, rappresenta un'emergenza educativa che richiede un intervento immediato e consapevole. Il problema non riguarda solo l'adolescenza, quando i danni sono già conclamati, ma affonda le radici in una povertà educativa che si manifesta fin dai primi anni di vita, evidenziando una profonda carenza nella guida e nel monitoraggio da parte degli adulti». Ne è convinta la pedagogista Teresa Pia Renzo che oggi, venerdì 20 giugno sarà tra i protagonisti del talk ospitato alle ore 18 al teatro Paolella, nel centro storico di Rossano, dal titolo Violenze a casa, a scuola, di genere. Governare l'emergenza pedagogica
«Quando parliamo di povertà educativa legata alla tecnologia – sottolinea Renzo - ci riferiamo alla condizione in cui i bambini vengono privati di opportunità fondamentali per il loro sviluppo cognitivo, emotivo e sociale, sostituite da un'esposizione incontrollata al mondo digitale. La situazione attuale è spesso frutto della comodità degli adulti. Dopo una giornata di lavoro intenso, i genitori tendono a delegare la custodia e l'intrattenimento dei figli ai dispositivi elettronici. Questo utilizzo degenerativo e distruttivo del tempo li rende schiavi della tecnologia, anziché padroni del loro ruolo educativo. Un bambino di 3, 4 o 5 anni, lasciato solo con un cellulare e libero accesso a internet, può accidentalmente imbattersi in contenuti violenti o inappropriati, sia immagini che parole. Un bambino che assiste a scene di violenza, come due persone che si picchiano, può emulare quel gesto considerandolo sano, non avendo ancora gli strumenti per distinguere il bene dal male. È compito dell'adulto, dell'educatore, far comprendere questa differenza fondamentale».
«Non sono contraria - dice - all'utilizzo dei social e della tecnologia in sé. Al contrario, essi possono rappresentare un ottimo approccio multisensoriale per l'apprendimento e lo sviluppo cognitivo. L'immagine, ad esempio, è un veicolo primario di comunicazione: un bambino impara e cresce emulando ciò che vede. Nella scuola dell'infanzia si lavora intensamente sull'immagine per costruire processi educativi e di apprendimento, associando il giusto vocabolario a ciò che viene mostrato, come un elefante».
«Tuttavia – avverte la pedagogista Renzo – quando il bambino viene lasciato da solo sui social, senza la guida del genitore, l'uso inappropriato della tecnologia va a sostituire attività ben più importanti per la crescita psicoeducativa, come il gioco attivo tra genitore e figlio. L'esposizione incontrollata può portare all'emulazione di comportamenti negativi, come l'aggressività o l'incapacità di gestire le proprie emozioni. I bambini, influenzati da cartoni animati o contenuti di TikTok che esasperano la violenza, imparano a reagire con i pugni invece che con il dialogo. Questo comportamento, appreso fin da piccoli e non corretto, si manifesta poi nell'adolescenza».
«Un fattore che aggrava ulteriormente questa dinamica è la giustificazione dei genitori rispetto ai comportamenti negativi dei figli. Quando un bambino picchia un altro, la reazione tipica è un frettoloso "chiedi scusa", che in realtà risolve il problema solo in superficie. Questa giustificazione nasce spesso dall'incapacità dei genitori di educare adeguatamente il proprio figlio, lasciandolo "solo nella crescita". Molti adulti non comprendono che i bambini, non essendo guidati o monitorati, emulano ciò che vedono fare dagli altri o attraverso i social. Spesso, anche i genitori stessi guardano la TV o usano i cellulari senza filtrare i contenuti in presenza dei bambini piccoli».
«Il pedagogista Bruno Munari sosteneva che l'utilizzo inappropriato dei social non può essere considerato una pedagogia attiva. Al contrario, strumenti come la Lavagna Interattiva Multimediale (LIM) nelle scuole, se usati con cognizione, diventano strumenti di pedagogia attiva, veicolando immagini e contenuti appropriati. Non si mostrano certo scene di violenza o bambini che rispondono male ai genitori. Questo accade perché i genitori talvolta trattano i figli come amici, perdendo il ruolo di guida».
«È inutile concentrarsi sui bambini di 14 anni, perché a quell'età il danno è già stato creato. Bisogna iniziare dalla prima infanzia, dai tre anni in su. Libri delle favole multimediali che associano immagini, suoni e interazione guidata sono esempi di un utilizzo positivo della tecnologia. Non bisogna confondere l'accesso all'intelligenza artificiale tramite cellulare con un suo uso consapevole; spesso è solo una scusa per la comodità, la scelta della strada più semplice. Anche l'intelligenza artificiale a scuola, pur benvenuta, deve essere sempre supportata e monitorata da un educatore, non lasciata in mano nemmeno a un ragazzo di 17 anni. Per questo, la norma che limita l'uso dei cellulari a scuola è un passo positivo, costringendo i ragazzi a interagire con il personale educativo e con i libri, riscoprendo il profumo della carta».
«Ci troviamo di fronte a un degrado e un declino che la comunità educativa è chiamata a recuperare. La povertà educativa non è solo la mancanza di offerte dal territorio; essa è l'assenza di una partecipazione attiva e consapevole dei genitori. Non serve chissà quale attività: bastano 10-20 minuti al giorno, dedicati al gioco attivo, a leggere un libro insieme, a colorare con una matita, anziché dare in mano un cellulare. Troppo spesso, al ristorante o a casa, il cellulare diventa lo strumento sostitutivo del richiamo alle responsabilità genitoriali».
«Questo declino è un richiamo alla responsabilità di creare bambini educati e civili, che acquisiscano una responsabilità civica fin dalla prima infanzia. La lotta alla povertà educativa – conclude Teresa Pia Renzo – inizia dai primi sorrisi e dalle prime scoperte dei nostri bambini, attraverso la guida, l'interazione e la consapevolezza degli adulti».
L’evento. Nel salotto che sarà allestito sul palco dello storico Teatro Paolella, la Renzo avrà il piacere di confrontarsi con il Tenente Colonnello Gianluca Marco Filippi, Comandante del Reparto Territoriale Carabinieri di Corigliano-Rossano; con la giornalista professionista, autrice e conduttrice Rai Vittoriana Abate e con l'avvocato, docente universitario di Diritto dell'Informazione e giornalista Cataldo Calabretta. Il dibattito sarà coordinato e sollecitato dal comunicatore strategico Lenin Montesanto e dalla giornalista di LaC News 24 Francesca Lagoteta.