Genitori zerbini e figli tiranni: «Basta case e cinque stelle, la vita è una guerra»
Teresa Pia Renzo: «Psicologo scolastico? Arma potente se usata con intelligenza»

CORIGLIANO-ROSSANO – Genitori zerbini che implorano i figli di restare in un hotel di lusso chiamato casa, fabbricando una generazione di bamboccioni molli e senza spina dorsale! L'affondo senza mezzi termini della pedagogista Teresa Pia Renzo è un pugno allo stomaco ad una società che vorrebbe i suoi figli ovattati nel benessere. Si tratta di una provocazione che raccoglie il monito al vetriolo dello psichiatra Paolo Crepet e che intercetta la sacrosanta battaglia legislativa del senatore Mario Occhiuto per l’introduzione della figura dello psicologo scolastico. Il grido d'allarme è chiaro ed inequivocabile: stiamo crescendo una nidiata di figli tiranni incapaci di affrontare la minima frustrazione, prigionieri dorati di comfort zones mortificanti.
«L'autonomia non è un interruttore che si accende a comando a 18 anni – sottolinea la direttrice del Polo Infanzia Magnolia di Corigliano–Rossano, della sezione Primavera di Bisignano coordinata dalla cooperativa Maya e dell'asilo nido comunale Il Cucciolo di Mandatoriccio. Si costruisce mattone dopo mattone, lasciando che i bambini si scontrino con i piccoli problemi della loro età e trovino da soli la soluzione. Invece, noi genitori onnipotenti ci sostituiamo, castrando sul nascere ogni barlume di iniziativa e resilienza. Allacciamo le scarpe fino all'adolescenza, risolviamo i litigi al loro posto, spianiamo ogni ostacolo: il risultato? Adulti fragili, dipendenti e incapaci di affrontare la vera battaglia della vita».
Secondo la pedagogista è un rapporto che uccide la crescita: «Amiamo i nostri figli – aggiunge la pedagogista – come fossero divinità intoccabili, pronti a prostrarci ai loro capricci. E non ci accorgiamo che dietro a questo amore malato, troppo spesso, si cela l'incapacità di educare, la pigrizia di imporre regole, la scusa patetica dell’io non ho avuto, quindi tu devi avere tutto. Ma così non si crescono individui forti, si allevano piccoli despoti viziati e infelici».
La direttrice del Polo dell’Infanzia Magnolia, quindi, demolisce il mantra dell'educazione emotiva senza fondamenta solide: come pensiamo di insegnare ai nostri figli a gestire le emozioni – si chiede – se noi per primi non abbiamo avuto regole chiare e paletti invalicabili?
«La capacità di discernere, di rispettare l'altro, nasce dalla disciplina, non dalle chiacchiere. La generazione degli adulti – precisa ancora – non ha avuto bisogno, da piccola, di essere educata alle emozioni perché gli allora genitori, oggi nonni, dando regole e disciplina, ci hanno permesso di sviluppare naturalmente il rispetto per l'altro e per sé stessi. Ecco – scandisce - se c'è questo c'è tutto. Oggi, invece, i bambini spesso non hanno questa capacità di rispettare l'altro perché sono gli stessi genitori a non farsi rispettare per primi».
«Gli sportelli d'ascolto sono spesso scatole vuote se non c'è il coraggio di chi si accorge dei segnali di disagio a intervenire con fermezza. Ho perso clienti – ricorda – per aver osato dire a una madre che suo figlio aveva bisogno di aiuto. Questo perché la priorità, su tutto nell’educazione familiare, non deve essere l'apparenza, ma il benessere dei nostri ragazzi».
Renzo dice la sua sullo psicologo scolastico: «Bene la proposta del senatore Mario Occhiuto sull'introduzione dello psicologo scolastico. Ma avverte: Non deve essere un parcheggio per precari, ma un professionista che entra nelle dinamiche della classe, su segnalazione degli insegnanti, senza il filtro opprimente dei genitori iperprotettivi. Solo così potremo intercettare il disagio prima che sia troppo tardi».
L’inclusione poi, una parola svuotata di significato: «Parliamo tanto di inclusione, ma la realtà è ben diversa. Un ragazzo con difficoltà – va avanti la pedagogista – viene spesso emarginato perché non rientra nei canoni estetici e superficiali imposti dalla nostra società malata di apparenze. L'inclusione vera è far sentire parte, non tollerare passivamente. Basta con questi alberghi a cinque stelle dove i nostri figli vegetano nell'ozio e nell'indifferenza! Dobbiamo smetterla di crescere bonsai deboli e insicuri. È ora di tornare a educare alla fatica, alla frustrazione, al rispetto, all'autonomia. Solo così – questo l’appello – potremo forgiare guerrieri della vita, capaci di affrontare le sfide del futuro a testa alta, e non eterni Peter Pan intrappolati in un'isola che non esiste. Il cambiamento radicale parte da un NO deciso a questa deriva educativa suicida, un NO urlato con la forza di chi ha a cuore il vero bene dei propri figli».