Caos in Pronto soccorso, aggrediti due infermieri: servono soluzioni drastiche e coraggiose
Solo l'intervento tempestivo dei carabinieri ieri al "Giannettasio" ha scongiurato il peggio. Non c'è personale e questa è un'emergenza generale ma perché attendere ancora sulla riorganizzazione dei due presidi di Corigliano-Rossano?

CORIGLIANO-ROSSANO - Un altro pomeriggio di vera e propria follia tra le mura del pronto soccorso dell'ospedale spoke Giannettasio di Corigliano-Rossano: ennesima testimonianza di una situazione al collasso che affligge la sanità territoriale e che molto spesso - chi di dovere - finge di non vedere. La cronica carenza di personale continua a soffocare il presidio di primo intervento di Rossano, rendendo sempre più difficile far fronte al flusso incessante di pazienti. E quando l'affluenza raggiunge picchi insostenibili, come accaduto nella giornata di ieri, la tensione sale alle stelle, sfociando purtroppo anche in episodi di violenza.
Solo il tempestivo intervento dei Carabinieri del NORM del Reparto di Corigliano-Rossano ha evitato che la situazione degenerasse ulteriormente. Un uomo, accompagnatore di un familiare in attesa di essere visitato, probabilmente stremato dalla lunga attesa, ha perso la pazienza e ha aggredito fisicamente due infermieri in servizio.
Fortunatamente, le conseguenze fisiche per i sanitari, grazie proprio all'intervento dei militari, non sono state gravi, ma il bilancio immediato è che oggi quei due professionisti, già sottoposti a turni massacranti, sono a casa in convalescenza. E a rendere ancora più drammatica questa situazione è la cronica mancanza di un adeguato ricambio di personale.
I reparti, soprattutto quelli nevralgici come il pronto soccorso, operano con un numero di unità insufficiente, e chi resta in trincea compie sforzi eroici per garantire l'assistenza.
L'immagine emblematica di ieri è stata il "recupero" di barelle per poter sistemare i pazienti in astanteria, in attesa di una visita che, per molti, resta un miraggio. Questa è l'unica soluzione che si riesce a fornire in questo momento, proprio come nelle più concitate fasi di un'emergenza.
Non si possono mettere in dubbio gli sforzi titanici profusi dalla Direzione Sanitaria dello spoke, dalla Direzione Generale dell'ASP di Cosenza e dal Commissario ad Acta per la sanità in Calabria, ma il problema persiste, è reale e genera criticità impressionanti. Forse perché ancora non si va al cuore del problema. In questo contesto di palese e innegabile sofferenza e in attesa che al più presto - si spera - apra il nuovo ospedale della Sibaritide, ritorna come un boomerang la stessa e discussa soluzione: la riorganizzazione dei due presidi ospedalieri cittadini, quello di Corigliano e quello di Rossano.
L'ipotesi, che rimane nel limbo da quasi 15 anni e che nessuno evidentemente ha il coraggio di affrontare, suggerisce una scelta drastica ma forse necessaria: chiudere uno dei due pronto soccorso, a Corigliano o a Rossano, e concentrare tutto il personale su uno. Una decisione, dicevamo, che ha bisogno di coraggio per essere attuata perché implicherebbe la consapevolezza di dover rinunciare a un presidio di emergenza. Ma oggi appare più che mai necessaria. Dal momento che potrebbe rappresentare l'unica via per garantire un servizio più efficiente e rapido all'utenza, concentrando le risorse umane in un'unica struttura.
Però anche in questo non manca tanto l'intraprendenza degli uffici quanto quella della politica che a livello locale ostacola da sempre l'ipotesi di una riorganizzazione credendo che lasciare in bilico due presidi tra il vivere e il sopravvivere, sia la soluzione migliore che salva solo i campanilismi.
L'episodio di violenza di ieri è un campanello d'allarme assordante, un grido disperato che arriva da un sistema sanitario al limite del collasso e che non può più permettersi di ignorare soluzioni drastiche per garantire la dignità del lavoro degli operatori sanitari e il diritto alla cura dei pazienti. Sia chiaro a tutti. Politici in primis.