Demolizione ciminiere ferma. «C’è più amianto di quanto previsto»
Lo smantellamento delle torri camino della centrale Enel di Corigliano-Rossano non sarebbe mai iniziato. La conferma arriva dalla Cgil, Ferrone: «Lavoratori in Cassa integrazione»; poi attacca Occhiuto: «Dopo progetto idrogeno, il nulla!»

CORIGLIANO-ROSSANO – L’ultima volta in località Cutura-Sant’Irene, lo scorso 25 ottobre, ci eravamo lasciati con il varo tecnico del grande anello di acciaio che avrebbe dovuto accompagnare la demolizione “top-down” (dall’alto verso il basso) delle due grandi torri camino della centrale Enel (rivedi qui il servizio). Un’opera che si sarebbe dovuta concludere entro i successivi 14 mesi: «Il primo intervento sulla prima ciminiera - ci aveva detto all’epoca il project manager Carlo Ballerini – verrà completato entro aprile/maggio 2025, il secondo intervento, invece, verrà completato entro gennaio 2026». Da allora, il buio. Abbiamo visto il piazzamento della grande struttura, innalzata dalla DeSpe, società bergamasca specializzata proprio in questa demolizioni, e da allora, da ottobre scorso, quell’anello metallico è immobile, lì sospeso in aria a più di 200 metri d’altezza.
Perché i lavori di abbattimento delle due ciminiere, allora, sono fermi; anzi, sarebbe meglio dire, perché non sono mai partiti?
«C'è più amianto di quanto si immaginasse»
Ce lo siamo chiesti molte volte, soprattutto nelle ultime settimane. E se ancora da Enel non arrivano notizie ufficiali, chi ha segnato un punto fermo sulla questione sono stati, ancora una volta, i sindacati. E la notizia che, solo oggi, viene fuori dalle parole del segretario comprensoriale della Cgil Tirreno-Sibaritide-Pollino, Andrea Ferrone, è di quelle rilevanti. «I lavori di smantellamento delle ciminiere – dice Ferrone – sono fermi perché dalle ulteriori verifiche fatte sul posto è stata rilevata più presenza di amianto di quanto se ne prevedeva». Una notizia che sarebbe venuta fuori nel corso dell'ultimo tavolo avuto con l'azienda a seguito del quale è stata attivata la Cassa integrazione per i lavoratori impegnati nelle attività di smantellamento delle due torri camino.
Ora questo potrebbe far gridare allo scandalo; tutto, però, dev'essere inquadrato nella logica delle cose.
L’amianto – è doveroso ricordarlo – all’epoca della costruzione della centrale, a metà degli anni ’70, era un materiale largamente e legittimamente utilizzato perché non se ne conoscevano ancora i risvolti drammatici per ambiente e salute. Oggi, le normative in materia impongono procedure stringenti per il suo smaltimento. Procedure che hanno costi molto elevati.
Quando la centrale era in funzione, i rappresentanti sindacali per la sicurezza avevano chiesto e ottenuto dall’azienda il piano della sicurezza per la presenza di amianto in ogni zona dove si trovava e, quando si doveva intervenire in quelle zone, la procedura di intervento era molto rigida e controllata. E proprio uno dei rappresentanti della sicurezza, ora in pensione, ci spiegava che le ciminiere presentano una camicia di amianto proprio alla base delle torri, che serviva a raffreddare i fumi della combustione; altri sistemi servivano invece ad abbatterli per lasciare uscire solo pochissimi inquinanti.
Soffermandoci solo alla presenza di amianto, quindi, era risaputa e calcolata la sua presenza; possibile che ai progettisti per la demolizione sia sfuggita una cosa del genere?
I dubbi su Piombino
Ad ogni modo, nel peggiore dei casi, per quanto riguarda le ciminiere della centrale di Sant’Irene-Cutura, bisognerà rimodulare la spesa e prevedere un capitolo superiore proprio per la bonifica dell’amianto; tra l’altro, bisognerà capire – a questo punto – quanto sia sostenibile e fattibile uno stoccaggio dei materiali di risulta in loco. La domanda, però, è un’altra: se a Piombino le ciminiere sono state abbattute con le esplosioni controllate, ed essendo le stesse ciminiere gemelle di quelle rossanesi, lì l’amianto che fine ha fatto?
«Occhiuto si è totalmente disinteressato del futuro della centrale di Corigliano-Rossano»
Ed è proprio la gestione praticata dall’attuale management di Enel sui siti dismessi che meriterebbe un’attenzione particolare. Soprattutto dalle istituzioni territoriali. Ed è quello che lamenta il segretario della Cgil, Andrea Ferrone. «Abbiamo espresso – ha ribadito il sindacalista – grande disappunto per come è andata a finire la vicenda del progetto idrogeno. Ma oggi – ha aggiunto – siamo molto più adirati per l’atteggiamento di totale disinteresse che il presidente della Regione, Roberto Occhiuto, sta riservando nei confronti di questo sito. A parte che il governatore non ha espresso una sola parola, dopo la rinuncia di Enel ad investire su Corigliano-Rossano nonostante fosse aggiudicataria proprio un bando idrogeno di 15 milioni di euro, oggi vorremo tutti capire se quest’area industriale rientra in un piano strategico di sviluppo della Regione. Ed è su questo – ha concluso Andrea Ferrone – che vorremmo una risposta oltre che una posizione chiara da parte di Occhiuto»
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